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VOCABOLARIO POPOLARE BRONTESE

Parliamo brontese, archeologia lessicale

a cura di Nino Liuzzo
 

AFORISMI, PROVERBI, MASSIME, MODI DI DIRE

 

C

Cca' bbanda e lla' bbanda me nora
Spostarsi da una parte all'altra (A. C.). Critica alla nuora fannullona, secondo la suocera esigente. Anche perchè i loro rapporti sono come 'a nivi mazzarora... (aL)

Cacciari muschi
In genere si dice di qualche buticaru senza clienti né vendite che passa il tempo cacciando le mosche dal suo negozio.

Cacòcciri a pinnari e fìmmini a basari non ti stàncanu mai
Il lapallissiano elogio delle cose buone e della bella vita. C’è una anche un variante a questo aforisma con al centro sempre ‘a fìmmina: Babbalùci a sucàri e fìmmini a basari non si po’ saziari.

 

Ccà mi lluci 'a fera
Quello che vedi, questo solo ho di prezioso o di importante, non ho altro nè puoi cercarmi altro.

Cani ’i matina e lèpuru ri sira
buono e corretto alla vista e ladro e birbante quando non è visto, le apparenze a volte ingannano .

Cani e scupetta… u cunìgghiu i spetta
Se il coniglio si sa nascondere o corre velocissimo sfugge al cacciatore. Riferito all’uomo che deve essere prudente e diffidente verso chi ha armi pericolose o migliori delle sue. Ricordate il film Il buono il brutto e il cattivo? Se un uomo con la pistola incontra un uomo col fucile, l’uomo con la pistola è un uomo morto. (LC)

Ccappillazzu paga pi tutti
non sappiamo chi è ma dev’essere molto ricco. Si sente sempre dire che paga tutto lui (o è il capro espiatoio?)

Capilli longhi e sintimentu cuttu
E’ detto di alcune donne che hanno tanta bellezza ma poco senno (LC).

Carà carù carammu!?
Allora ragazzi scendiamo! (A. Cam.). Più che un aforisma un bel gioco di parole, un modo di dire nell’invitare gli amici a farsi una passeggiata lungo il Corso (a Bronte ’a chiazza). Fino “all’albero” però; l’altro pezzo “cci ù lassammu o sìndacu!”

Caràrisi 'u capùccio
Letteralmente significa abbassarsi il cappuccio ma col significato di isolarsi dal contesto e fare quello che si desidera senza badare minimamente agli altri | Si carà u capùcciu e si mangià tutt'i coszi.

Càrati juncu chi passa la china
Piegati giunco finchè non passa la piena dell'acqua. Il motto della povera gente che preferisce subire finchè non trova l'occasione per riscattarsi. Tempo fa ho letto da qualche parte che questo aforisma sarebbe stato coniato dalla mafia: io non credo a questa tesi, ma penso che la mafia lo abbia semplicemente adottato per indicare ai suoi adepti la condotta da tenere in caso di turbolenze e in attesa di tempi migliori (nl) | L'aforismo invita ad essere flessibili nelle avversità per riprendere le proprie posizioni non appena i momenti critici sono passati (L. M.).

Casca anellu ma no ‘u jritèllu
Il nobile perde i beni ma non il titolo (LC). La dignità (se uno ce l’ha) rimane sempre anche se cambia lo stato sociale.

Cascari 'a facci 'n terra
Vergognarsi di fronte agli altri, del sentire comune, di ciò che dice la gente.

Cascari 'u poccu 'nda saia
Una tragedia, una grande sventura per il povero contadino ed infatti dalla sua faccia si legge e si capisce tutto senza necessità di chiedergli: “Ma chi ccià? ti cascà ‘u poccu ‘nda saia?

Ca scusa ra figghja 'a mamma si ripigghja
E’ quasi il motto della brutta politica: fare qualcosa a proprio vantaggio facendo credere di voler favorire gli altri.

Casza lodda genti aspetta
Le cose a volte accadono quando meno te lo aspetti e nei momenti meno opportuni. Quando la casa è sporca arriva sempre qualche visita inaspettata.

Ccatta quandu si pprittatu e vindi quandu si ciccatu
Compra quando qualcosa ti viene insistentemente offerta e vendi quando ti viene richiesto. Approfitta insomma delle occasioni che la vita ti offre (LC) | E’ la solita legge economica della domanda e dell’offerta.

Ccàtta un riàvuru cent'ùnzi e nnò un bàbbu trì tarì
Serviti di lavoratori (ommi) svegli ed energici, anche se costano di più e non di buoni a nulla nonostante costino meno (M.G.P.).

Cazzu rritatu non guadda parentatu (A. F.)
La prepotenza della passione incontrollata.

Cchiù scuru 'i menzanotti non ppò fari
O, nella variante, sempri scuru non ppo fari! In qualche modo sono l'esaltazione della rassegnazione ed insieme dell'ottimismo.

Cecca l'àgghiu ppi rutari
Trovar in ogni modo la scusa per litigare. (A. M.)

Celu picurino si non chiovi a sira chiov'o matinu
Le previsioni del tempo dei contadini di una volta. E, forse, ci azzeccavano più del Col. Bernacca.

Chiàmmara babba!
Si dice di persona all'apparenza ingenua e bonacciona ma in realtà svelta e approfittatrice, la classica finta tonta.

Cchianàri mura lisci
Il dover affrontare difficoltà della vita (muri) senza appigli: “Ora sindi dduna, havi vogghja a cchianari mura lisci!”. Ed anche il classico arrampicarsi sugli specchi.

Chianu chianu ‘u maratu potta ‘u sanu
Un proverbio comune a tutt'Italia ma differente nel significato che se ne dà. Certo è vero che, messaggio di altruismo, a volte è il più debole che riesce ad aiutare il più forte ma l'altro aspetto è il simbolo dell'egoismo più assoluto, di chi approfitta del lavoro e della debolezza degli altri.

Chilli sunu curu e cammìsa
Indica amici intimi, ma perlopiù complici in affari poco puliti.

Chillu chi fa pi me renti, non fa pi me parenti
Sulla stessa falsariga di altri numerosi aforismi consiglia il più becero egoismo e non fa guardare al di là del proprio naso. Altri aforismi che denunciano e bollano questo diffuso individualismo sono quelli di «Mastru Peppi piricùllu…» o di colui che «Quandu llesti ri mangiàri...».

Chi nnicchi e nnacchi!
Ma che c’entra! Che ci azzecca? Per quale motivo?! | La frase deriva probabilmente dal latino “Quid nam ho est in hac re!” (F. C.), oppure “Quid in hic et in hac (re)?” (aL)

Chjnu comm'un ovu
Completamente pieno, stipato, occupato al massimo, "non ci traszi cchiù mancu na musca".

Chi ritàgghj non si fanu vistiti
Come a dire che dal poco, dalle cose inutili non si può ricavare granchè. Veru è! Però caccùnu a pensa i natra manera, picchì - rici - chi "ogni ficatell'i musca è sustanza". (aL)

Chista è a zzita!
Nessuna alternativa o possibilità di manovra, così è e non c'è nulla da fare, prendere o lasciare.

Chistu è picca ma sicuru
Questo è poco ma almeno è certo. Accontentiamoci altrimenti si rischia di perdere qualcosa di sicuro per inseguire ciò che non lo è.

Chistu passa ‘u cunventu!
Oggi bisogna accontentarsi e, d'altra parte, non sono ammesse ne repliche ne lamentele.

Ccià livanu a cciappa o funnu
Hanno tolto il coperchio di chiusura del forno, come a dire che il sole picchia forte e fa un caldo atroce oppure che, ormai, è tutto finito, non si può più intervenire per modificare qualcosa.

Ciàngiri c'un òcchiu
Limitare in qualche modo le perdite o il danno.

Ciangi e riri commu a gatta ‘i San Basìri
Prende in giro lo sciocco che cambia umore come un animale. Di questa “gatta di S. Basilio” nessuno però ha saputo dirci qualcosa, ne ci ha fornito la benchè minima informazione. Chi sa parli!

Ciàngiri ‘u mottu su làcrimi persi
E’ inutile disperarsi per gli eventi definitivi (anche se qualcun altro dice che  “’u mottu insìgna a ciàngiri”).

Ciccàri commu 'na gugghja persa
Quando una cosa o persona non si trova in nessun modo.

Ciccu, populu e Sicilia
Non ci cuntati nenti a chillu, picchi orrora u veni e sapi Ciccu, populu e Sicilia! Se raccontiamo un segreto a qualcuno poco riservato, in breve tempo lo scopriranno una moltitudine di persone (M.G.P.).

Cìciri chi non si còciunu (da A. F.)
Questo modo di dire indica la difficoltà nel trovare soluzioni possibili a noiosi problemi di vita difficili da superare, guai seri insomma. (V. anche Peculiarità del dialetto brontese)

Cci finì commu a zzita ‘i Troina
"Puvirellu, mischinu!, gli è finita come la fidanzata di Troina". Questa povera zzita è ricordata e portata come esempio di affari andati a male o di rovinosi incolpevoli disastri. Sappiamo solo che questa fidanzatina era di Troina ma non deve essere stato un fatto molto piacevole ciò che le è successo, lasciata in asso dal fidanzato sul più bello, davanti all'altare.

Ci lassu u furrìzzu a ccu mi viu o capìzzu
E’ l’eterno (quanto l’uomo) tema dell’eredità e dei soldi, della roba. Così gli anziani avvertono gli eredi che coloro che avranno cura di loro saranno i prediletti: "Lascio le mie cose ('u furrìzzu è la sedia contadina) a chi mi assiste (a chi vedo al mio capezzale)". E gli eredi facciano anche attenzione al fatto che ’a gallina si pinna motta.

Cci po scrìviri canni i poccu!
Una cosa prestata, si sa!, "si chiamma tonna" e qualche volta viene anche restituita ma quando si tratta di soddi o di rrobba "cci pò scrìviri canni i poccu! (non riavrai più nulla); l'affermazione è categorica e non lascia alcuna speranza | Nel caso di prestito di soldi si dice (ridendo sotto i baffi) anche una frase consimile: "scrìviri ndò muru e cancèllari cu curu!", insomma dimentica, non ti verrà mai restituito, i soddi puoi scordarteli definitivamente.

Ci vori futtuna a frìiri l'ova
Nella vita un pizzico di fortuna non guasta mai, ci vuole sempre anche nelle piccole cose. Di questo detto esiste anche una variante: "Ci vori sorti macari pi frijri l’ovu (ci vuol fortuna persino a friggere le uova).

Commu fìciru l'antichi
E' la risposta scherzosa ma saggia alla domanda "Ma commu si fa?", quando la vera risposta non si sa o, per sdegno o tedio, non si vuole dire.

Commu finisci si cunta (o commu finisci finisci)
O la va o la spacca.

Commu mi viri mi scrivi
Posseggo solo quello che vedi, quello che ho addosso, non ho altro.

Commu veni 'ndà pigghjammu
Espressione di malcelata rassegnazione.

Cosza fatta cu 'i peri
Cosa o modo di agire mal fatti.

Coszi ccu mìcciu
Avvenimenti eccezionali, unici o cose fatte veramente bene, che luccicano e si fanno ammirare.

Coszi nìvuri
Cose nere. Come a dire mari frìscuri, c'è aria di tempesta, cattivi presagi, si prevedono guai e tacchi r'ògghju all'orizzonte!

Crapi e lapi, lassa fari a ccu ‘ndi sapi
Per avere ottimi risultati ognuno faccia quel che sa fare, il proprio mestiere e, come si dice, e villani 'a zzappa ndè mani.

Criccu e croccu e mànicu ‘i fhiascu
i due compari (accompagnati dall’amico comune) inseparabili nelle sregolatezze e nei bagordi, sempre assieme per vicissitudini e avventure folli e stravaganti. Le persone con gli stessi difetti sembrano cercarsi e attrarsi a vicenda, come si dice sempre Dio li fa e poi l'accoppia.

Crisci e nnobirìsci
Cresci e nobìlitati! Due parole di augurio dette dai genitori ai figli prendendoli per le orecchie e sollevandoli leggermente da terra nel momento in cui suona il Gloria, nella domenica di Pasqua (aL). | «Quando suonavano le campane di tutte le chiese di Bronte per annunziare la Resurrezione, tutte le mamme di qualunque ceto sociale, sospendevano quello che stavano facendo in quel momento (e c’era tanto da fare in quei giorni di festa) e, presi uno alla volta i propri figli, a cominciare dal più grande, e sollevandolo verso il cielo, gridavano, ripetutamente, di gioia: “Crisci e nubbirisci!” e li baciavano sulla bocca, ed era una commozione ed un augurio generale.» (N. Lupo, La Pasqua)

Crìsciunu l’anni e crìsciunu i malanni
Aumentano gli anni e con essi anche i malanni. Bella prospettiva! Qualcuno altro anzi afferma che si raggiunge il limite dopo i 50: Ddoppu 'a cinquantina, un malannu ogni matina.

Cu ama a Ddiu campa felici (V. S.)
Si può considerare un aforisma morale, con il quale, però, si cerca di mettersi al riparo da ogni responsabilità. In genere è la risposta che si da alla domanda "Chi ddici?" o "Chi si rici?".

Ccu amici e ccu parenti no ccattari e non vìndiri nenti
La più completa sfiducia. Con amici e con parenti meglio non fare affari, non comprare e non vendere niente. Parenti serpenti si dice in Italia ma in quel di Bronte in questo caso anche gli amici non sfigurano. Anche se qualcuno si salva. Infatti è mègghju n’amicu chi un tintu parenti, e poi non ce n’è per nessuno: chillu chi fa pi me renti, non fa pi me parenti.

Cu'avi 'a rrugna s'a gratta
Solidarietà no!? Vero? Un altro motto egoistico che contrasta con la “carità cristiana” o la solidarietà e consiglia il più becero egoismo. Chi è nei guai non si guardi intorno ma cerchi di cavarsela da solo. Fa rima con l'altro detto Arangi, arangi, cu avi guai si ciangi o, per meglio dire, Cu havi figghj mi si nnaca.

Cu'avi cchiù sari consa ‘a minestra
Il più intelligente deve trovare la soluzione del problema in discussione (nl). Chi è prudente e ha cervello aggiusta situazioni difficili (LC).

Cu'avi figghj mi si nnaca
Prenditi le tue responsabilità, muoviti e non cercare aiuto negli altri. Se hai voluto o fatto qualcosa devi pagarne le conseguenze. Un motto egoistico che richiama e ricalca altri due modi di dire: Arangi, arangi, cu avi guai si ciangi o, per spiegarsi meglio, Cu havi 'a rrugna s'a gratta perché, spesse volte, capita di N’aviri figghj e ciàngiri niputi.

Cu’avi mani friddi è ‘nnamuratu, cu’avi mani cavuri è maratu
Un assioma che è difficile contestare, O no!? Il raffreddato o 'u fridduruszu sarà allora perennemente innamorato? E 'u cavurizzanu è sempri maratu?

Cu'avi picca soddi sempri cunta
Chi ha poco lo tiene caro e lo rispetta. Esortazione alla prudenza a saper conservare quel poco che si ha, infatti cu picca havi caru teni. Il modo di dire non è completo. C’è, infatti, una premessa: cu avi ‘a mugghjieri bella sempri canta.

Cu’avi sonnu non cecca capizzu
Chi ha sonno non cerca cuscini. Ci si adatta e si dorme ugualmente. Quando c’è un’urgenza o un’impellente bisogno è meglio improvvisare e andare al sodo per risolvere il problema. Fa rima con un altro aforisma che recita: cu’avi fammi non cecca cumpanaggiu.

Cu'avi u maru vicinu avi u maru matinu
Ogni giornata comincia sempre male se non hai un buon vicinato.

Cu’ bella vori pariri peni e guai havi a patiri
Chi vuole sembrare bella (e non lo è!) per diventarlo deve patire pene e guai. Lo dicevano gli antichi ed, oggi, anche quelle della odierna chirurgia plastica. Ma non è detto! Basta restare come si è! A volte acqua e sapone è meglio.

Cu campa vècchiu si fa!
Bello, pertinente e consolatorio specie per chi ha una certa età, come dire "se vivrai diventerai vecchio anche tu come me". (aL)

Cu cangia 'a vècchia quà nova trìvuri trova (LC)
Non sempre modificare le vecchie abitudini od uscire dal solito tran-tran porta benefici, anzi può invece causare tormento ed angustie (trìvuri).

Cuccàrisi commu 'i gallini
Andare a letto presto.

Cu ccià ttacca a ciancianella o gattu?
(lett. Chi lo lega il campanellino al collo del gatto?). Modo di dire in caso di dubbi o eventuali rischi e pericoli nell’intraprendere un’azione. E se poi le cose vanno male? Troppo pericoloso, non mi assumo il rischio e la responsabilità di fare questa cosa.

Cu cci-avi cummirità e non sinni servi mancu 'u cunfissuri 'u pò assòlviri
Chi ha tutte le opportunità e le possibilità per vivere bene e non le sfrutta non può essere perdonato neanche dal confessore. Insomma l'aforisma è un misto di rabbia, gelosia, desiderio di vivere meglio ed invidia per chi ha tutto e nemmeno se ne accorge. Insomma il solito rimpianto che a volte 'u Signuri runa i biscotti a ccu n’avi ganghi.

Cu cci-àvi ‘u maru vicinu ccià-vi ‘u maru matinu
Un buon vicino rende sempre più tranquilla la sveglia ed anche... la giornata. (aL)

Cu cunta ci menti a junta
Aggiungere particolari di propria invenzione. Sarebbe come “la calunnia è un venticello…” e in qualche modo fa il verso a “cu manìa non pinìa”.

Cucuzzi e miruni a tempu e stasgiuni
Ogni cosa a suo tempo o, meglio, c'è un tempo per ogni cosa. (LC)

Cu diszia e cu schifia
(Lett. Chi desia e chi ne ha a nausea). Gli estremi che non si toccano: c'è chi non ha niente e desidera il necessario e chi butta il superfluo.

Cu è fissa sta a so casza
Chi è sciocco meglio che resti a casa sua, il mondo è fatto per i furbi e per chi ci sa fare.

Cu è mollu a mangiari è mollu a travagghiari
Chi è lento nel mangiare è lento anche nel lavorare. Un dubbio sorge spontaneo.

Cu è riccu r'amici è scassu ri guai
Decisamente lapalissiana la sua interpretazione nonché molto significativa. (A. M.)

Cu è riccu ri armenti è riccu ri nenti
Coloro che avevano un gregge o una mandria si sentivano ricchi (massarioti) ma era un'illusione perchè gli animali  potevano ammalarrsi o a causa del cattivo tempo il foraggio poteva essere scarso. Si usa anche per sfottere chi si dà arie mettendoci prima un'esclamazione: oh viri cu è riccu ri armenti... come dire anche chissu undi appoggia sa superbia? (LC)

Cu fa ligna a mara banda 'ncollu si potta
Chi si caccia nei guai o chi fa del male deve aspettarsi la pena. Le cattive azioni si scontano (sempre?).

Cu figghj e cu figghjastri
La disuguaglianza fatta regola, anche se il contesto è simile; si potrebbe anche dire undi viri e undi straviri.

Cu futti futti, Diu pidduna a tutti (da A. F.)
Esempio di cinismo.

Cu granìa (o manìa) non pinìa
Chi maneggia ricchezza, non soffre, in quanto, per dritto o per rovescio, beneficia anch’egli di quella ricchezza. Esempio i massari che diventavano più ricchi dei proprietari. (Vedi anche l’altro detto “Cu manìa non pinìa”)

Cu joca suru, mai s’incagna!
Per non litigare bisognerebbe giocare da soli; ma dove andrebbe a finire la socializzazione e la solidarietà? Il detto fa rima con l'altro proverbio che recita che cu curri suru sempri vinci!

Cu jungi primmu o murinu macina
Una regola di civiltà e del buon vivere. Il proverbio lasciatoci dai nostri avi ci dice anche che il rispetto della "coda" non è cosa di oggi; se vuoi essere primo di altri devi darti da fare.

Cumandari è mègghju ‘i fùttiri!
Questo “detto” è universalmente condiviso, ma c’è qualcuno a cui piace fare l’una cosa e l’altra.

Cu màngia assà si ffuca
La prudenza nel comportamento, il senso della misura e l'equilibrio non sono mai troppo | Si dice anche che cu màstica cu ddu ganghi prestu si ffuca.

Cu màngia babbalùci caca conna
Cu màngia sozizza caca spacu
(o nella versione... vegetariana)
Cu màngia carrùbbi caca lignu
La legge della consequenzialità ci dice, inesorabilmente, che si raccoglie ciò che si semina, come dire che ognuno restituisce quello che ha assimilato con l’esperienza, l’educa­zione, l'istruzione, la cultura, la sensibilità e la conoscenza dei suoi simili.

Cu màngia crisci cu non màngia spirisci
Chi mangia cresce e chi non mangia sparisce, diventa magro. Un esempio? ‘U sceccu ru dunniszi! Murì, giustu giustu, quandu 'u patruni ci'àva 'nsignatu a non mangiari.

Cu màngia fa mullichi
Chi rischia o fa qualcosa inevitabilmente commette qualche piccolo errore. Solo cu non fa nenti no sbagghia nenti.

Cu màngia màngia
Non si tira indietro nessuno, arraffano tutti in momenti od epoche di confusione.

Cu màngia pisci a vita ci crisci
Sicuramente questo aforisma l’ha messo in giro ‘u fìgghju ru pisciàru. Mi ricorda l’altro del consumo di birra che fa campàri cent’anni. (LC)

Cu manìa (o granìa) non pinìa (da A. F.)
Su questo aspetto della natura umana di approfittare sempre delle occasioni abbondano gli aforismi. Questo corrisponde infatti agli altri detti “u murinaru si ‘nfarina” o “cu cunta ci menti a junta”.

Cu mmazza cani e ggatti cent'anni cci cumbatti
Esorta al rispetto degli animali, minacciando una pena feroce.

Cu metti ligna a mara banda po' si va ricògghi
(Lett. Chi conserva la legna in brutti posti poi è costretto a ritornarci per riprenderla). Certamente riguarda tempi ormai passati quando per un pò di legna si rischiava anche la vita, ma non saprei dire quale messaggio tramanda. Forse di stare attenti dove si conservano le proprie cose in quanto prima o poi serviranno e bisogna recuperarle (A. L.) | Significa che chi sbaglia paga con la morte (nl) | Chi si comporta male o fa qualcosa di illegale prima o poi ne pagherà le conseguenze (aL).

Cu nasci tundu non pò mòriri quatratu
E' difficile cambiare il proprio temperamento od il proprio destino. (A. L.)

Cu’ nd’appi nd’appi ri cassatelli ‘i Pasqua
Chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato, di dolcini pasquali non ce n’è più. Chi non ha saputo cogliere l’attimo o prendere il treno giusto si rassegni. Il tempo va avanti, i tempi cambiano e le circostanze favorevoli non sempre si ripresentano e si ripetono, non sempre quando si chiuri ‘na potta si grapi un putticatu.

Cu nesci rinesci
Cervelli (e manovali) in fuga. Osservazione sui brontesi che fuori avevano trovato migliore sistemazione o addirittura fortuna.

Cunfòttati cu stu spìcchiu r’àgghju
(lett. “consolati con questo spicchio d’aglio”, dato che non hai altro). Non hai più alcuna possibilità di trovare una benchè minima soluzione positiva o un po di consolazione. Avere una speranza mal riposta, come a dire aspetta e spera.

Cunnuto e bastunato
Cornuto ed anche bastonato. Il danno e le beffe. Ma si sa, i guai sono come le ciliege.

Cu non fa nenti no sbagghia nenti
L’inettitudine non fa commettere alcun errore, chi fa qualcosa è soggetto inevitabilmente anche a sbagliare. Infatti ci dice un altro aforisma che cu màngia fa mullichi.

Cu non av'u cutellu non màngia cadduni
Chi non ha un coltello non può raccogliere e mangiare cardi. Per fare qualsiasi cosa sono necessari mezzi appropriati.

Cu non pò mangiari canni bivi broru
Chi non può avere il meglio delle cose si accontenta di poco. (A. C.)

Cu non vori mi nnobba
Espressione scaramantica e propiziatoria contro chi ci vuole male od è invidioso di ciò che facciamo. Come dire, quando si inizia a progettare qualcosa: e... chi non è d'accordo possa diventar cieco).

Cunta balli
Chi racconta frottole.

Cunzàrisi 'u tabbutu
Andare coscientemente incontro alla rovina.

Cu paga primma màngia pisci fituszu
Una completa sfiducia nel comportamento altrui ma anche un invito a non affrettarti e non anticipare gli eventi; ogni cosa, insomma, a suo tempo.

Cu pècura si fa lupu sa màngia
Ammonisce a non essere troppo remissivi.

Cu picca havi caru teni
Chi ha poco lo tiene caro. Esortazione alla prudenza a saper conservare quanto si ha.

Cu picca sapi sùbitu parra
La presunzione dell'ignoranza e degli sciocchi.

Cu pi figghi e i nipùti si sbrazza sarà pigghiàtu a coppi ri mazza (LC)
Mah! Tolto il significato letterale non saprei proprio quale recondito messaggio voglia trasmettere. Lo sappiamo tutti che la riconoscenza non è di questo mondo.

Cu pizzu e qua cura
Letteralmente si traduce "col becco e con la coda"; significa di buona lena, dedicarsi a qualcosa totalmente | Mintìrisi cu pizzu e qua cura (fare qualcosa con impegno, costanza e ritmo veloce).

Cu pràtica cu zzoppu all’annu tira ‘a coscia (da A. F.)
Aforisma che mette in evidenza la potenza dell’esempio e della emulazione. Altri modi di dire con significato uguale o somigliante recitano che fìgghja ri gatta i suggi pìgghia ed anche figghj ru lupu nàsciunu cu-ì renti o, cu rispettu parrandu, cu si cucca chi piccirìlli ‘a matina si trova cacatu.

Cu rispettu parrandu
Mettere una toppa dopo aver pronunciato una frase che si ritiene sconveniente. La toppa serve proprio a dire la frase con tutta tranquillità e coscienza pulita.

Cu ri vecchi s’innammura si ndi ciangi la vintura (LC)
Chi s’innamora dei vecchi si rovina la sorte. Certo qualche piccolo grattacapo ci potrebbe essere, ma rovinarsi addirittura ‘a vintura… sembra eccessivo. Ma i nostri anziani forse avevano la vista più acuta e così dicevano. | Altra versione dell’aforisma: Cu ri vecchi s’innammura si ndi ciangi la vintura.

Cu ri vènniri riri sabatu ciangi
Richiamando il tradizionale rispetto per la giornata del venerdì sottolinea l’alternanza dei sentimenti umani.

Cu’ rrobba pi mangiari non fa piccatu
Chi ruba per mangiare non fa peccato. Una specie di autoassoluzione ante litteram del povero contadino brontese, privo di terre men che fertili, sfruttato ed angariato da secoli di lotte, di fame e di oppressione.

Cu r'un sceccu fa un pullìtru i primmi caci su i sò
Chi trasforma un asino in un giovane cavallo riceverà i primi suoi calci. La riconoscenza insomma non è di questo mondo e le persone ingrate non mostrano mai un minimo di riconoscenza per quanto hanno ricevuto.

Ccu saruti!
Prosit!

Cu savva ppi rumàni savva ppi cani
(lett. Chi conserva per il domani conserva per i cani). Gli spilorci fanno sacrifici ma accumulano e conservano per chi non merita. Goditi la vita insomma, non pensare al futuro anche se altri più prudenti consigliano di risparmiare “a farina quandu a càscia è chjnae di savvari a pezza pi quando cc’è u pittuszu.

Cu scecchi caccia e fìmmini criri, faccì ri parariszu non di viri!
Credo voglia dire che chi crede o si fida troppo delle donne non vedrà mai il paradiso. Credo che questo parte del proverbio sia legata alla credenza che le donne ne sanno una più del diavolo ed è comunque eredità del peccato originale di Eva. Per quanto riguarda l'azione di "cacciare" gli asini non ho mai capito bene se si riferisse a "cacciare" nel senso di andare a caccia di asini o "cacciare" nel senso di mandare via, es. "cacciari i pecuri", inteso anche come pascolare. (M.G.P.)

Cu si cucca chi piccirìlli ‘a matina si trova cacatu
Sembra ricordarci che chi frequenta persone di poco conto in definitiva perde prestigio o che non è il caso di avere a che fare con chi non è all’altezza della situazione. Insomma chi frequenta cattive compagnie ne acquista i vizi e i difetti. Altri consimili proverbi ci dicono che cu si cucca chi lìndini si suszi chi pirocchi o, ancora, pruci si pìgghia cu dommi chi cani o, per spiegarci meglio, cu pràtica cu zzoppu all’annu tira ‘a coscia.

Cu si guaddà si savvà
Chi è previdente è al sicuro e si salva da cattive sorprese. Fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio.

Cu si marita sta cuntentu un jonnu, cu mmazza u poccu sta cuntentu un annu (LC)
Che dire? Il povero contadino un tempo badava al sodo e non aveva mai dubbi sulle scelte da fare nella vita. Certo è anche che le due cose non si escludono a vicenda. Il non plus ultra: maritàrisi e 'mazzàri 'u poccu!

Cu s’innammura ri capilli e denti s’innammura ri nenti (LC)
L’apparenza inganna, non guardare alla forma ma cerca la sostanza.

Cu' si vesti ra robba r'atri prestu si spogghia
Chi indossa vestiti altrui presto si spoglia. Sintetizza la favola del tacchino che si era vestito delle penne del pavone. (nl)

Cu so pagandu futti cantandu
Anche se in maniera volgare ci ricorda che quando si hanno risorse economiche e si paga si ottiene tutto più facilmente e si può anche dettare legge.

Cu spatti avi a mègghju patti
Fra i due litiganti il terzo gode od anche chi divide si prende il meglio anche perchè "cu manìa non pinìa". (A. C.)

Cu sta allatu a quarara o si tingi o si mmascara (LC)
Consequenziale come una legge di fisica e con un messaggio che ci dice chiaramente di valutare sempre le conseguenze di ciò che si fa. Consimile all'altro che recita che "Cu si cucca cu i piccirìlli 'a matina si trova cacàtu".

Cu strigghia 'u so cavallu, non si chiamma gazzùni
Vuol dire che ogni lavoro è nobile specialmente se è fatto per sé e la sua famiglia.

Custureri chi non fa ‘u gruppu peddi i punti
Il detto ci tramanda l’invito a voler portare a compimento e con precisione le cose da fare, senza lasciare le attività svolte a metà, non completate, pena la perdita del lavoro già fatto.

Cu t'ordinà 'u dutturi?
Breve espressione per contestare che ciò che si sta facendo o si vuol fare non è una cosa importante od obbligatoria (Ma tu acchindèssiri ra rùmpiri? Cu t'ordinà 'u dutturi?).

Cu traszi 'ndo murinu s'infarina
La legge di causa ed effetto ci dice, inesorabilmente, che si raccoglie ciò che si semina; l'impicciarsi in certe cose non limpide e chiare a volte vuol dire rimetterci la propria reputazione.

Cu’ tuvàgghia stendi sapi chillu chi si spendi
Solo chi apparecchia la tavola sa quanto si spende per farlo. La vita non è sempre così facile come sembra, quel che si vede a volte è solo apparenza e finzione.

Cuttu e maru cavàtu
Un piccolo (ma solo di statura) malandrino. L'opposto c'è sempre: "longu e fissa!"

Cu vori a Ddiu su prega
Aiutati che il Ciel ti aiuta, ma anche ognuno per sé e Dio per tutti. Un pò d'egoismo a volte non guasta.

Cu vori anda e ccu non vori manda
Non sperare negli altri, non illuderti. Se vuoi ottenere qualcosa devi farla tu, impegnarti personalmente senza demandare ad altri.

Cu zzappa bivi l'acqua, cu futti bivi a' butti!
Così si esprimevano i nostri contadini dell’800 per dire che ci sono stati sempre gli sfruttati e gli sfruttatori, le ingiustizie della vita! L’aforisma stigmatizza l’ingiusta disuguaglianza sociale e la presa di coscienza e rassegnazione del povero bracciante anche perchè c’è sempre qualcuno che lavorando con meno fatica guadagna di più.

 

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