Oramai possiamo dire che la collettività internazionale ha riconosciuto le funzioni che le foreste sono chiamate a svolgere per la protezione dell’ambiente globale e locale ed ha assegnato loro un ruolo chiave nelle strategie di politica ambientale, che tende al controllo dell’attenuazione dei cambiamenti climatici, quindi alla lotta alla desertificazione, alla conservazione della biodiversità, al risanamento ambientale ed al rispetto dei beni panoramici-paesaggistici. Inoltre, le foreste, attraverso la fotosintesi catturano una grande massa di anidride carbonica dall’atmosfera e rilasciano ossigeno. Oltre 10.000 anni fa, il pianeta era prevalentemente coperto di foreste e da allora sino ai giorni nostri, abbiamo perso almeno il 70% di queste superfici boscate. Le grandi foreste che ci rimangono, concentrate in Amazzonia, Canada, Sud-est Asiatico, Africa centrale e Federazione Russa, tendono sempre ad assottigliarsi a causa del continuo degrado e deforestazione. Infatti, negli ultimi dieci anni, il disboscamento ha assunto un ritmo insostenibile e senza precedenti. Sono oltre 161 milioni di ettari le foreste naturali e semi-naturali sottratte al patrimonio boschivo mondiale, come dire che ogni anno va distrutta un’area forestale pari a circa la metà della superficie territoriale italiana. Oltre il 90% di questa deforestazione si consuma a danno delle foreste tropicali come l’Amazzonia, il Congo e l’Indonesia. Le cause primarie che sono alla base della deforestazione sono molteplici e tra loro connessi: la povertà, la crescita demografica ed economica nei paesi in via di sviluppo, l’urbanizzazione e lo sviluppo turistico, spesso incontrollato, la necessità di disporre di suoli per l’agricoltura e la sostituzione di foreste naturali o semi-naturali con nuove piantagioni forestali per la produzione di legname a rapido accrescimento. Un’altra causa che possiamo definire principale, va ricercata nella mancanza di un idoneo controllo, quindi disboscamento per lo più illegale e non sostenibile, per prelevare legname per scopi industriali dalle foreste tropicali che riguardano un terzo della deforestazione globale. Sappiamo oggi che la sopravvivenza dell’umanità dipende dall’equilibrato funzionamento degli ecosistemi naturali del nostro pianeta e le foreste sono parte integrante di tali meccanismi perché svolgono numerose funzioni essenziali ed indispensabili per la vita stessa dell’uomo. Le emissioni di sostanze dannose nell’atmosfera da parte delle industrie sono state drasticamente ridotte del 70-80%, ciò ha determinato un sensibile miglioramento delle condizioni di tutti gli ecosistemi planetari. Sono stati combattuti e neutralizzati gli effetti delle famigerate “piogge acide”, che da vent´anni a questa parte hanno contribuito a deteriorare seriamente la salute delle foreste soprattutto in Europa Centrale dove maggiore è la concentrazione industriale, ma anche in gran parte dei Paesi dell’Europa Occidentale. Ovviamente, nuove minacce si presentano per i nostri precari ecosistemi forestali. Le massicce utilizzazioni per profitto a cui sono sottoposte le nostre foreste, determinano un grave depauperamento della rete ecologica, con gravi perdite di biodiversità e di risorse fauno-floristiche. Molto rilevanti possiamo considerare i danni causati all’ambiente dai gas nocivi presenti nell’atmosfera a causa della progressiva ed inarrestabile espansione del settore del trasporto su gomma. La deforestazione e la degradazione delle foreste, fortunatamente si attenua nei paesi sviluppati, anzi possiamo dire che in alcuni di questi paesi, come l’Europa, a partire dagli anni sessanta, si registra un aumento del 10% delle superfici boscate. Questi buoni risultasti si sono ottenuti grazie ad ottimi programmi di investimento a carattere continentale. Tuttavia, i dati di cui siamo in possesso, esprimono luci ed ombre e se da un lato aumentano le foreste, è vero anche che le stesse non godono di ottima salute, in particolare in molti Paesi dell’emisfero Nord, dalle zone boreali a quelle mediterranee, dove è presente una situazione di potenziale pericolo per il degrado, di depauperamento della diversità biologica e di perdita di produttività, a causa di una serie di impatti di origine prevalentemente antropica, quali incendi, acidificazione dei suoli, deposizione di composti azotati, danni legati all’inquinamento da ozono e ai cambiamenti climatici in corso, desertificazione. Il fenomeno preoccupante del cambiamento climatico che si sta definendo in questi ultimi anni in tutto il continente europeo, ma soprattutto nella sua parte meridionale, è una seria minaccia per i nostri ecosistemi. A causa del rapido surriscaldamento della Terra, è opinione di illustri studiosi che nei prossimi cent´anni è prevista una progressiva disgregazione degli ecosistemi forestali. Il cambiamento climatico è considerato un pericolo grave per la conservazione della biodiversità e la società contemporanea, invece di attivarsi per limitare i danni, ha proceduto irresponsabilmente ad aumentare massicciamente l’emissione nell’atmosfera di Co2. Mentre le specie mediterranee ed infestanti subiranno un’espansione considerevole, si ridurrà considerevolmente l’areale delle specie mesofite come il faggio che in alcune aree a livello locale, potranno addirittura scomparire. Solo poche specie potranno adattarsi alle condizioni climatiche avverse e poche componenti potranno trasmigrare in territori più appropriati ai mutati scenari climatici o sposteranno il loro areale alle quote più elevate. L’uomo, sin dalla sua prima comparsa sul pianeta, ha modificato a suo vantaggio gli ambienti naturali per cacciare, coltivare, spostarsi, costruire.
La sua capacità di incidere sull’ambiente non era mai stata tale da rischiare di comprometterne l’esistenza stessa. Tra l’uomo e le foreste nel corso dei millenni si è stabilita una connessione molto stretta che si è prolungata nel corso del tempo fino ai giorni nostri. |