Note
[1] Dalla ricostruzione genealogica elaborata dal professore Nunzio Longhitano, sui dati dei registri della Chiesa Madre di Bronte, i figli di Gioacchino risultano 8 e registrati come Spitaleri (si consulti: www.ilgenealogista.it/it/genealogia-bronte/ricerca-battesimi/); a questi, però, bisogna aggiungerne 5 (con cognome Spedalieri) nati a Napoli fra il 1824 e il 1833 (si veda: www.antenati.san.beniculturali.it). Secondo il professore Longhitano, il nonno paterno del Barone, don Nicolò, ebbe due mogli: Francesca Stancanelli e Felicia Rosalia Radice; Gioacchino (7° di diciassette, nato il 18 agosto 1786) gli risulta figlio della prima (che ne diede alla luce 12), in seconde nozze, invece, figli ne ebbe 5. Nell’atto di battesimo del Barone sono indicati quali padrini: don Luigi Spitaleri e donna Felicia sua madre; che sarebbero, rispettivamente, il primo figlio di secondo letto e la seconda moglie del nonno. [2] Il dato si evince dall’atto di morte rilasciato dal comune di Marsiglia, dov’è scritto che lo Spedalieri era vedovo in prime nozze di Marie Elisabeth Claire Viau; dallo stesso documento si apprende che, al momento della morte, era residente al 36, boulevard de la Madeleine, oggi 36 (?), boulevard de la Liberation. La data di matrimonio, invece, si trova pubblicata al seguente indirizzo internet: http://actes.geneprovence.com/chercher.php. Il baron Joseph Spedalieri dal 1864 compare nell’Indicateur Marseillais, Guide de commerce, Annuaire des Bouches-du-Rhone (volume con le liste dei funzionari, negozianti, commercianti, industriali e proprietari di Marsiglia), con il titolo nobiliare, domiciliato in boulevard Longchamp 29 (dal 1866 al 1870 al numero 82 e dal 1871 al 1874 al numero 52); nel 1873 è presente quale agente generale di assicurazione marittima (in rue Vacon, 53). Dal 1875 è domiciliato in rue Consolat, 118, dove dal 1876 al 1893 (in quasi tutti gli anni) è indicato quale proprietario. Dal 1894 risulta domiciliato in boulevard de la Magdeleine, 36, non più come proprietario ma quale rentier (beneficiario di una rendita). Gli Indicateur sono consultabili sul sito internet della Biblioteca nazionale di Francia all’indirizzo internet www.bnf.fr, sezione Gallica. [3] La tomba si trova nel cimitero di Saint Pierre, in una zona (la diciassette) dove sono presenti altri monumenti simili per tipologia. Sul sarcofago si erige una croce, nel cui piedistallo sono scolpite tre lettere dell’alfabeto ebraico: aleph, mem e tav (da destra verso sinistra). E «così si forma la parola Ameth, che è in testa a questa lettera e che significa: pace, giustizia e verità». Cfr. LEVI E., Lettere al Barone Spedalieri, I dioscuri, Genova, 1988, pagg. 11-12. Ancora più sotto, una citazione in latino tratta dalle Confessioni di Sant’Agostino: «Fecisti nos ad Te Deus. Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te» «Tu ci hai fatti per te, o Signore, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te»). Sulla lastra di copertura, infine, l’epigrafe, in latino, in memoria della moglie, e in francese, in ricordo del Barone: «A.D. MDCCCLXXI - HIC JACET BARONISSA ANTONINA SPEDALIERI NON MORTUA SED IN DOMINO REQUIESCENS EXPECTANS SPONSUM SUUM BARONEM J. SPEDALIERI QUI SECUTUS EST EAM A.D. MDCCC… – LE BARON JOSEPH SPEDALIERI DECEDE LE 16 NOVEMBRE 1898 A L’AGE DE 86 ANS» (Anno del Signore 1871. Qui giace la baronessa Antonina Spedalieri, non morta, ma che riposa nel Signore, aspettando il suo sposo Barone G. Spedalieri, che l’ha seguita l’anno del Signore 1800 - Il barone Giuseppe Spedalieri morto il 16 novembre 1898, all’età di 86 anni»). Traduzioni a cura di Bruno Spedalieri. [4] «Il primo sindaco di Bronte, nel 1818, fu don Gioacchino Spedalieri (genero dei Graeffer, il cui cognome ricorre talvolta nella forma Spitaleri). Gli altri due candidati a sindaco (“non trovando persone più idonee a poter esercitare le sopradette cariche”, recitava la proposta ufficiale) erano il fratello minore, don Luigi, e il padre, il settantaquattrenne don Nicolò». Cfr. RIALL L., La rivolta – Bronte 1860, Editori Laterza, Bari, 2012, pag. 113. [5] CARASTRO M., E dopo Graefer? Gli amministratori della Ducea sino al 1873, § Antonio Forcella, www.bronteinsieme.it/2st/nelson_graefer1.htm. [6] Che sia stato anche sindaco di Bronte lo si deduce da una lapide, posta all’interno della Chiesa Madre, in cui si legge: «Α - Ω / A Nicola Spedalieri, 1741-1831 / uomo di solida virtù, di ingegno straordinario, perseverante ed esemplare nella pratica della fede. Visse 90 anni, 3 mesi e 4 giorni. Assai benemerito di Dio e della Patria, avendo ricoperto, in modo integerrimo, tutti i pubblici uffici. Pio verso Dio, generoso coi bisognosi, ospitale con tutti. Morì con gran dolore dei suoi cari l’11 dicembre 1831. I figli Gioacchino, Giuseppe, Luigi, Carmelo, Gaetano, e la figlia Maria, fecero per amore al padre dolcissimo di beata memoria questo monumento» (da notare che rispetto ai 17 figli, qui ne compaiono solo 6, tra i quali il padre del Barone). Ricorda, altresì, l’Associazione Bronte insieme che: «Questo Nicola Spedalieri (nato nel 1741 e morto nel 1831), fu grande beneficiario della Chiesa Madre ed era cugino di terzo grado, tangente il quarto, con il più noto omonimo filosofo Nicola Spedalieri». Si veda la nota n° 3 riportata su: www.bronteinsieme.it/1mo/ch_2c.html#note. Anche il professore Pietro Spitaleri Perdicaro, di Adrano, dalla consultazione dei registri della Chiesa Madre di Bronte, ha constatato si una parentela, ma piuttosto lontana, escludendo, rispetto a qualcuno, che fosse nipote del Filosofo. [7] In occasione dei moti del 1820, furono incendiate «le case di parecchi cittadini ligi al Governo e la casa del sindaco non amico certo delle novità, il quale, temendo peggio, si rifugiò a Randazzo»; sindaco, come detto, era Gioacchino Spedalieri, il padre Nicolò, invece, era nella deputazione di pubblica sicurezza. Cfr. RADICE B., Memorie storiche di Bronte, pag. 361, (pag. 301 della versione digitalizzata dall’Associazione Bronte Insieme). [8] CARASTRO M., «Chi era Graefer?», articolo pubblicato su: www.bronteinsieme.it/2st/nelson_graefer.htm. [9] Il 14 giugno 2017, raggiunti telefonicamente, a Roseto degli Abruzzi (TE), Giovanni Graefer e il padre Gustavo, discendenti diretti di John Andrew Graefer, mi riferivano che, quando giunse a Caserta, il loro avo era vedovo e con tre figli: Giovanni, Carlo e Giorgio; da quest’ultimo discende la famiglia del signor Gustavo. [10] RIALL L., op. cit., pag. 69. [11] CARASTRO M., op. cit., § «La vita a Caserta». [12] Il matrimonio fu celebrato a Bronte il 31 agosto 1806. I coniugi Spitaleri-Graefer diedero alla loro primogenita (nata a Bronte l’8 aprile 1808) come primo nome Emma (per il forte legame con lady Emma Hamilton) e, come secondo nome, Elisabetta (quello della nonna materna). Per la ricostruzione genealogica, si rinvia alla nota 1. [13] «Con decreto ministeriale del 10 febbraio 1899 il signor Antonino Spitaleri (di Felice, di Antonio), ottenne riconoscimento dei titoli di barone di Muglia, signore di Solicchiara, signore di Pietrabianca». Cfr. MANGO DI CASALGERARDO A., Nobiliario di Sicilia (ww.regione.sicilia.it/beniculturali/bibliotecacentrale/mango/speciale) [14] www.comune.adrano.ct.it/Info_Turismo/castello_solicchiata.aspx [15] L’importante intellettuale brontese dell’800, qui trattato, in ogni caso è passato alla storia come Barone Spedalieri. [16] Nel repertorio del 1837, del medesimo Ripartimento di Polizia, conservato nello stesso Archivio di Stato, alla data del 18 ottobre 1837 è citato un «rescritto con cui alla Vedova di Don Gioacchino Spedalieri si conceda per una sola volta un sussidio di ducati 300 ed al figlio Giuseppe un posto gratuito». Potrebbe trattarsi del padre e della madre del Barone, ma non avendo trovato riscontri rimane una mera ipotesi. [17] FAGIOLO M., Architettura e massoneria: l’esoterismo della costruzione, ROMA, 2012 Gangemi editore, pag. 227. [18] FRANZ F., recensione al libro Nel Giardino Inglese della Reggia di Caserta di Sergio Fiorenza, su: www.alcolibrianonimi.it/2016/10/misteri-botanici-massonici-nella-reggia-caserta/. [19] L’articolo integrale è consultabile all’indirizzo internet https://www.bronteinsieme.it/6bro/brontesi_13.html. [20] Si veda: https://www.loggiaaletheia.it/, pag. 21. [21] Si veda: www.renatus.it/files/brunelli_francesco_nebo_il_martinismo_e_lordin.pdf, pagg. 92-94. [22] Si veda la rivista Sophia Arcanorum, 1-2011, all’indirizzo internet: sophia-arcanorum.it/onewebmedia/Sophia Arcanorum n.1 - 1° trim. 2011.pdf, pag. 24. [23] Si veda: www.loggiadeguaita.com/altigradi/Storia_illustrata_dei_Riti%20Egizi_e_della_Tradizione_Italica.pdf, pag. 14. [24] Si veda: iniziazioneantica.altervista.org/1800-1900/lebano/pdf/Biografia_Lebano_Ilkar.pdf. [25] RADICE B., op. cit., pag. 362 (pagina 299 della versione digitalizzata dall’Associazione Bronte Insieme). A pagina 359 (pagina 302 e-book), invece, parlando dei moti del 1820, il Radice, entusiasta, riferendosi al ruolo della Carboneria scrive delle rinnovate «antiche speranze dei Carbonari, che colle numerose vendite tenevano vivo il sentimento di libertà e di indipendenza nei popoli, cui puzzava l’assoluto dominio». [26] DE LUCA G., Storia della Città di Bronte, pag. 110, dove il De Luca afferma: «Apertamente e con pubblici cartelli si bandiva pena di morte a chiunque osasse alzate in Bronte loggia di Carbonerìa. Se vi giungevano occulti emissari, erano costretti fuggirsene di notte, pria che fossero scoperti. Se compatrioti, caduti nelle panìe della setta in paesi stranieri, ritornavano ai patri focolari con qualche esterno massonico, erano all’istante ammoniti, e forzati a deporlo. In questo modo in Bronte non si videro ne Altaluce, ne’ Gran maestri, ne’ adepti massonici». [27] «La storia ha il dovere di guardare al di là della facciata, al di là della scena; lo storico ha il compito non sempre agevole di andare a cogliere le motivazioni che sono alla base dei piccoli episodi, come dei grandi rivolgimenti che in definitiva sono poi la somma di piccoli episodi». Cfr. SAITTA B. Bronte. Bixio. L’Inghilterra, in LO VERSO G. – FEDERICO T., Attraverso il cerchio – Lavorare con gruppi nel servizio pubblico, Roma, BORLA, 1993, pagg. 192. «Gli oppressi di Bronte tentarono di opporsi agli oppressori; persero la loro battaglia in una calda mattina d’agosto, dinnanzi alla Chiesa di S. Vito. Ma il sangue innocente versato per le superiori ragioni che l’uomo della strada non poteva e non può ancora comprendere, reclama tuttavia una parola chiarificatrice che faccia giustizia e richiami dall’oblio». Ivi, pag. 199. |