Aspetti storici e culturali del territorio

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Il patrimonio culturale ed ambientale nel versante Nord-ovest dell'Etna

Aspetti storici e culturali del territorio

di Giorgio M. Luca



Il patrimonio archeologico

Medioevo

Abbazia di Maniace

ABBAZI DI SANTA MARIA DI MANIACEIl comprensorio però non è solamente ricco di siti archeologici, esistono ancora resti, più o meno conservati, di castelli, chiese, torri e monumenti che si riferiscono al medio evo, durante il quale le contrade sono state testimoni di fatti anche importanti sia dal punto di vista politico che militare.

Primeggia su tutti ovviamente la ben conosciuta Abbazia Benedettina di Santa Maria di Maniace, oggi Castello Nelson, con l’annesso parco; sicuramente il monumento più importante e visitato del comprensorio. Di essa hanno scritto in tanti: storici e cronisti medioevali, i sacri visitatori dal 1500 al 1700, Fazello, Pirri, Amico, De Luca, Radice, il 5° Duca di Bronte, il sac. Virzì, Salvo Nibali, il sac. Galati e tanti altri, oltre alle numerose guide turistiche scritte per i visitatori.

Si trova a 13 Km. da Bronte e in prossimità di Maniace, sulla riva sinistra del torrente Saraceno. Comprende i resti dell’Abbazia, con la Chiesa, costruita intorno al 1173 e l’ala residenziale fatta costruire e/o ristrutturare dai Duchi Nelson nel corso del 1800, sulla quale sono stati di recente eseguiti lavori di restauro, che hanno portato alla luce la cripta delle absidi della chiesa, crollate nel terremoto del 1693.

Prezioso il portale del 1200 e i dipinti, tra i quali uno di recente attribuito alla scuola di Leonardo Da Vinci, nonché l’icona di Santa Maria, attribuita dalla tradizione a S. Luca portata, e portata nel 1040 dal protospatario Giorgio Maniace, seppure quella esistente forse è una copia.

La storia dell’Abbazia è ricchissima di avvenimenti. Sorta su un precedente cenobio brasiliano, divenne Abbazia Benedettina nel 1173 per opera della Regina Margherita di Navarra, moglie di Guglielmo I il Malo e madre di Guglielmo II il Buono che la dotò di feudi, possedimenti e decine di chiese suffraganee, costituendo nel medio evo un ricco polo. Gli abati che erano di diritto membri del Parlamento del regno, furono personaggi famosi, fra i quali: Guglielmo di Blois, Guglielmo Scammacca, Nicola Tedeschi,, Rodrigo Borgia il futuro Papa Alessandro VI etc..

Luogo di avvenimenti importanti, quali la congiura antiaragonese del 1285, divenne alla fine del XV secolo proprietà dell’Ospedale Grande e Nuovo di Palermo.

Gravemente danneggiata dal terremoto del 1693, fu abbandonata dai monaci che andarono alla Chiesa di S. Blandano di Bronte e quindi donata da Ferdinando III, nel 1799, all’Ammiraglio Orazio Nelson, creato Duca di Bronte, in uno al vastissimo feudo di circa 16.000 Ha., in premio per la repressione della repubblica partenopea.

I Nelson – Bridport la trasformarono in un’elegante dimora inglese, con annesso giardino, tutt’ora visitabile. Nel 1981 è stata acquistata dal Comune di Bronte; ristrutturata è oggi sede di museo, centro congressi ed esposizioni.


Bolo, Torremuzza e Maletto

Meno conosciuti, sono altre strutture che hanno avuto un ruolo importante per il governo feudale e regio delle contrade..

Pregevoli i resti del Castello di Torremuzza, nell'ex feudo del Cattaino, in territorio di Bronte, sia per la sua ubicazione, su di un alto sperone roccioso a strapiombo sull'ansa del fiume di Troina o Serravalle, al centro di un paesaggio particolarmente impervio e brullo, sotto le balze di Cesarò, sia per lo stato di conservazione ancora intatto nella sue strutture murarie, nelle fortificazioni e nel sistema di difesa che così potrebbe rappresentare un modello di studio per altre simili strutture. Torremuzza, peraltro, è stato accuratamente studiato dalla Società dei Castelli.

La torre originaria, del periodo bizantino, venne mozzata da un fulmine, da ciò il nome di Torremuzza, e attorno ad essa, durante il periodo normanno-svevo, furono costruite le prime mura e probabilmente, in questo periodo faceva parte di quella catena di torri e fortificazioni interne alla Sicilia, che servivano per la trasmissione delle notizie mediante segnalazioni ottiche o con fuochi, nonché per la vigilanza della regia trazzera Giardini-Termini che passava nei pressi.

Fu in seguito, sotto gli spagnoli trasformato in masseria fortificata e dal secolo XVII adibito a carcere. Ultimi feudatari sono stati i marchesi delle Favare.

Oggi i resti del Castello,completamente abbandonati a se stessi, sono preda delle intemperie e recinto per le mandrie bovine ed ovine.
In passato SiciliAntica ha proposto al Comune di Bronte un suo possibile recupero e fruizione.

Parimenti e forse più importante, non tanto per i resti, che non sono consistenti come quelli di Torremuzza, quanto per la funzione e posizione, è il Castello di Bolo, posto alla sommità dell'omonima collina e contrada, in comune di Cesarò, a vedetta dell'ampia vallata tra Bronte, Maniace e Placa.

Rilevato fin dal 1139 in un documento di vendita, il Castello di Bolo con l'omonimo casale, ebbe una funzione centrale per la zona, sorvegliando dall'alto la strada consolare sottostante, dominava anche il ponte normanno della Càntera, costruito agli inizi del 1200 da Ruggero II in memoria della madre, punto strategico di attraversamento del Simeto.

Bolo fornì soldati, armi e rifornimenti a Re Pietro D'Aragona, nel 1283,durante la guerra del Vespro contro gli Angioini, come del resto gli altri casali vicini. Nel sito, visitato dal Cavallari e dal Casagrandi nell’800 che lo descrissero, come anche da altri storici e ricercatori, rimangono i resti di un muro perimetrale e la traccia degli altri, una grande cisterna, altri resti, in stato di totale abbandono ed incuria.

Attorno ai resti del Castello, come richiamato nella prima parte della relazione, sono molti visibili, anche gli avanzi di insediamenti del periodo greco e romano, nei quali sono stati trovate monete di quel periodo, come dice B. Radice, già agli inizi di questo secolo e di recente da attrezzatissimi tombaroli che con potenti mezzi meccanici hanno sconvolto e saccheggiato tutta la zona.

MLETTO, ROCCA CASTELLOIl Castello di Maletto, del secolo XIII, già torre del Fano, di avvistamento e di difesa, appartenente alla famiglia Maletta, poi degli Spatafora, di cui si conservano alcuni tratti di mura perimetrali su di una impervia rocca.

Di probabile origine araba, serviva come punto di segnalazione, avvistamento e difesa. Da sempre abbandonato è soggetto all’incuria del tempo e degli elementi, e purtroppo si degrada sempre di più con improvvisi crolli e inevitabili sfaldamenti.

Attorno ad esso, nello stesso periodo, sorse il primo nucleo abitato.

Tradizionalmente l’anno di fondazione è il 1263, come riferisce R. Pirri nell’opera “Sicilia Sacra”; dal Conte Manfredi Maletta, zio materno e camerlengo di Re Manfredi, prende il nome. Passato agli Omodei durante la guerra dei novant’anni, nella seconda metà del 1300 il castello fu donato e il feudo acquisito dagli Spatafora che ne divennero feudatari. Gerotta, alla metà del 1400, ottenne dal Re Alfonso il Magnanimo la licenza di popolarlo, il mero e misto imperio e il bajulato.

Risale ai successivi cinquant’anni la costruzione del centro storico e quindi anche del palazzo baronale dove oggi siamo e dell’annessa Chiesa di S. Michele Arcangelo. Elevato a Principato nel 1619, gli Spatafora lo tennero fino al 1812, anno dell’abolizione del feudalesimo in Sicilia.
A seguito delle riforme amministrative borboniche del 1817, divenne Comune autonomo e seguì le vicende del risorgimento, partecipando ai principali avvenimenti del 1820, 48 e 60, in ciò influenzato dai fatti della vicina Bronte con la quale visse fino a tempi recenti un’accanito campanilismo per motivi di territorio e di predominio.

E’ doveroso ricordare, in proposito le ricerche e gli scritti di Salvo Nibali, che per primo, nei tempi recenti, si interessò allo studio della storia di Maletto, praticamente sconosciuta sino agli inizi degli anni ’80, approfondendo e pubblicizzando anche alcuni importati aspetti dell’archeologia e della storia della zona. In particolare sul Castello Nelson e sulla presenza dei basiliani in tutta l’area N.E. della Sicilia.

Il castello di Maletto viene così descritto nel 1557 da Filoteo degli Omodei da Castiglione: “…..E quindi (da Maniace) tirando verso levante circa tre miglia verso le falde di Mongibello, si ritrova un castello o rocca, fondato sopra un’alta e dirupata rupe cinta di grepposi balzi, chiamato il castello di Maretto, perciocché quivi è una paluda o lago (della Gurrida), che il più del tempo vi sta come un picciolo mare, o vero, secondo alcuni, Maletta, dal conte Manfredi Maletta, cameriere di re Federico II”.

Gravemente danneggiato dal terremoto del 1693, fu successivamente abbandonato.


Altri monumenti

De evidenziare la suggestiva costruzione spagnola denominata Castello di Fernandez in contrada Malaga di Bronte,che incorpora una piccola chiesa con probabile cuba basiliana e chiostro.

Il mulino medioevale della Càntera, vicino al ponte dianzi descritto, già citato in documenti del XIII secolo, che conserva intatto il canale idrico di condotta forzata costituita da enormi blocchi lavici traforati, con la vicina chiesetta e baglio.

I resti del mulino della Gollia, oggetto di contrasto nel 1217 fra i monaci dell’Abbazia Benedettina di Maniace e i monaci basiliani di S. Filippo di Fragalà, per il quale intervenne in tale anno il Gran Giustiziere della Valle di Demenna a nome dell’Imperatore Federico II, del quale si conserva il documento originale in greco.

Le chiese di Bronte del 1500 e 1600.

In particolare

Resti della condotta forzata del mulino della Gollia

 - Il Santuario dell’Annunziata degli inizi del ‘500, con il possente campanile del 1600 e il portale, è ricca di opere d’arte, prima fra tutte il gruppo scultoreo dell’Annunciazione del Gagini del 1543.

 - La Matrice o Chiesa della SS. Trinità, costruita nella prima metà del 1500 dalla fusione di due precedenti chiese delle quali ne sono evidenziati i tratti più importanti. Bel campanile, transetto ed altari barocchi.

 - S. Silvestro della seconda metà del 1500, alla quale era annesso il Monastero di Santa Scolastica del 1610, in Piazza Spedalieri, demolito negli anni ’30 per far posto alle Scuole elementari;

 - S. Blandano del 1695, con annesso il Monastero Basiliano di S. Maria di Maniace, qui trasferitosi dopo il terremoto del 1693. La chiesa di Bronte più ricca di reliquie.

 - S. Giovanni, della metà del 1500, con il massiccio campanile merlato;

 - Le altre: Madonna del Rosario, del Soccorso, della Catena, delle Grazie, S. Sebastiano, S. Vito, Santa Caterina, ricordano la trentina di antiche chiese esistenti a Bronte.

Il centro antico del paese con il “Catoio”. Il Real Collegio Capizzi (1774/78), prestigiosa sede di studi e formazione di personaggi famosi, con la sua ricca antica Biblioteca che conserva pregevoli testi e anche manoscritti dei suoi illustri personaggi.

Il centro storico di Maletto, con i ruderi del Castello del XIII secolo, la Chiesa di S. Michele del 1500, quella di S. Antonio di Padova del 1700, con le artistiche statue lignee di S. Antonio e S. Vincenzo, opera del Bagnasco degli inizi del 1700, occasione della secolare festa che vede grande afflusso di fedeli anche da Bronte, a ricordo del leggendario trafugamento della antica statua, nonché la Chiesa Madre, costruita fortunosamente col concorso popolare nell’arco di 25 anni durante la seconda metà dell’800, sotto l’impulso di Mons. Mariano Palermo, che sarà anche vescovo di Lipari e Piazza Armerina.

RANDAZZO, SANTA MARIAInfine,a completamento di questo grande patrimonio culturale, si deve necessariamente accennare a Randazzo che costituisce la somma ricchezza artistica ed architettonica del comprensorio, la cui storia è stata trattata da numerosi studiosi, storici e scrittori: G. Plumari, P. Vagliasindi nell'800; M. Mandalari, F. De Roberto, ai primi di questo secolo e di recente dal salesiano don S. C. Virzì che per la sua opera di appassionato studioso e ricercatore delle vicende di questa città e dell’intero territorio e per l'attività profusa nella tutela e valorizzazione del patrimonio artistico di Randazzo costituisce un punto fondamentale di riferimento per la materia; dal prof. Salvatore Agati, autore di una pregevole opera storica su Randazzo e i suoi monumenti e di numerosi altri scritti e da ultimo dal prof. D. Ventura, autore di un saggio sull'economia e il territorio di questa città tra medioevo e prima età moderna. Si ricordano le maggiori opere d'arte conosciute, celebrate e descritte,come le tre chiese: S. Maria, S. Nicola e S. Martino, dalle rispettive originarie etnie, latina, greca e lombarda, ricche di opere d’arte scultoree e di pittura; le mura di cinta del XIII secolo, il Castello–carcere del XII secolo, il tessuto urbano di impianto medioevale ancora ben conservato, malgrado i massicci bombardamenti degli alleati del luglio – agosto 1943, che distrussero l’85% dell’antico tessuto urbano che conserva ancora i tratti medioevali, con le sue vie e palazzi trecenteschi e quattrocenteschi (Reale, Lanza, Clarentano etc.), le artistiche bifore e trifore trecentesche, fornici, chiese, conventi, viuzze e l’artistica Via degli Archi di recente restaurata.

Altre opere non minori che tuttavia sono poco conosciute e che per il loro stato di abbandono costituiscono emergenze da tutelare. A solo titolo di esempio si possono citare:l'oratorio della Chiesa di S. Nicola, il refettorio del convento di S. Maria di Gesù, il Monastero di S. Giorgio, le Cube bizantine di S. Anastasia e di Mischi, i palazzetti e le case sparse per le viuzze medioevali, con i loro portalini e finestre in pietra lavica, nonché, con precedenza assoluta, la tutela dei siti archeologici anzi accennati, S. Anastasia-Mischi prima di tutti, per sottrarli al continuo depauperamento cui sono sottoposti.

Vanno citate inoltre le strutture culturali già realizzate, anche se minime rispetto a quello che ancora c'è da fare: il museo etnografico della Masseria Lombardo di Bronte, i restauri del Castello-Carcere di Randazzo oggi sede del museo archeologico Vagliasindi, e anche dell’esposizione dei pupi siciliani, luogo di ricorrenti mostre di pittura, scultura etc.; il museo naturalistico, il restauro del Castello Nelson, che hanno portato alla luce la cripta della parte absidale dell’antica chiesa normanna; i restauri vari di chiese e monumenti in Randazzo, Bronte e Maletto. Il Palmento del Campiere a Maletto perfettamente restaurato, con il recupero delle originali sue componenti, sulle rive del lago stagionale che d’inverno diviene ghiacciato.

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