TRA CASE E CHIESE DI LAVA (…) Siamo partiti dalla stazione centrale di Catania con una metropolitana che
odora di mare e abbiamo preso la Circumetnea alla stazione di Catania Borgo.
I
primi chilometri sono fitti di case, il trenino sfiora un cimitero,
balconi con panni appesi, mura dove campeggia, ripetuta, la scritta:
«Io e te tre metri sopra il cielo».
Federico Moccia colpisce anche qui, tra palazzetti
settecenteschi in vendita e chiese dalla facciata grigia, in pietra lavica, che
ci ricordano come sia necessario convivere col gigante etneo.
AGRUMI, OLIVE E POMODORI Il primo grosso centro che incontriamo è Paternò, famosa per la produzione di
agrumi, olive, pomodori. Belle piazze, urbanistica di nobile impianto, la
cittadina è fiera della sua acropoli di basalto sulla quale troneggia il
Castello Normanno fatto costruire da Ruggero nel 1072. Accanto c'è il cimitero
monumentale, pieno di busti marmorei, scritte forbite: una Spoon river di
sentimenti all'ennesima potenza, le stimmate della sicilianità. Dopo pochi
chilometri incontriamo Adrano, la vecchia Adernò, solare, con la bella villa
comunale e un pullulare di circoli ricreativi: uomini vestiti di scuro stanno
seduti a far salotto sui larghi marciapiedi, pronti a rispondere con calore a
chi chiede informazioni. È bello passeggiare, visitare il Castello, costruito su
un'antica torre d'avvistamento saracena, arcigno scrigno di reperti
archeologici, spingersi fino alla chiesa di Santa Lucia, ornata di lampadari
fantastici: fontane di centinaia e centinaia di cristalli. Se si riesce a predisporre una piccola gita (la Circumetnea offre pacchetti
turistici e percorsi integrati di treno e pullman) val la pena di arrivare al
Ponte dei Saraceni e all'Oasi naturalistica del fiume Simeto, un eden con acque
cristalline, gole di lava, agrumeti, uno spicchio di mondo separato che ti fa
venire in mente il Grand Tour, i viaggi di Goethe. «Dopo Adrano comincia il mistero del pistacchio», ci preavvisa Maria Monsè.
E in
effetti le distese a perdita d'occhio di alberi di pistacchio, che strappano la
vita alla lava, sono un rebus.
«Perché i frutti si colgono solo negli anni
dispari, mentre rimangono sui rami in quelli pari», spiega la nostra amica. «Durante il ventennio Mussolini inviò suoi biologi di fiducia per indagare il
fenomeno, ma non conclusero nulla. Probabilmente il raccolto alternato evita che
la pianta sia corrosa da parassiti». Bronte è la capitale del pistacchio e dell'intellighenzia: nel suo antico
Collegio Capizzi sono state educate generazioni di siciliani di rango, come lo
scrittore Luigi Capuana. Basta fare una capatina nella
biblioteca che
apparteneva ai padri gesuiti per avere un'idea di quale fosse lo spessore
dell'insegnamento tra le antiche mura. Più avanti, dopo l’altopiano e Maletto,
capitale delle fragole, ecco Randazzo.
Ha un cuore medievale, stradine come la
via Degli Archi e fortezze come il severo Castello Svevo, con tanto di cupe
prigioni, ci raccontano di una Sicilia arcaica, arroccata nella paura.
ARRIVA QUASI A MILLE METRI Il treno ha cominciato la sua dolce discesa verso il lido di Fiumefreddo (il
punto più alto della ferrovia è Rocca Calanna, 976 metri sul livello del mare). Perdiamo quota lentamente, tra un trionfo di ginestre dal profumo prepotente.
Ci
lasciamo alle spalle le vigne di Nerello mascalese, i bei casali primo
Novecento, spesso riattati ad aziende agrituristiche. Linguaglossa ci saluta con
il suo drappello di sportivi in partenza per le escursioni sull’Etna e le
teatrali sculture di Francesco Messina di fronte alla Chiesa dell'Annunziata. A fine corsa, in un sospiro, Davide incontra il mare blu: il premio per il
piccolo guerriero che ogni giorno, nel suo giro, fa il solletico al mostro.
[Antonella Amendola].
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