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Il Real Collegio Capizzi

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Real Collegio Capizzi

StoriaStruttura architettonica | Cappella internaBiblioteca | Pinacoteca | Chiesa del Sacro Cuore | Ignazio Capizzi


La biblioteca

Il «Fondo antico» della biblioteca del Real Collegio Capizzi, organizzata come Tem­pio del Sapere, rac­coglie quasi tutte le opere che costituivano la cultura umanistica del secolo XVIII. Rimasta chiusa per oltre quarant’anni, è stata riaperta al pub­blico da alcuni decenni.

Anche questo prezioso patrimonio è opera di Ignazio Capizzi, fondatore del Collegio.

Quando nel 1767, per ordine di Ferdi­nando III, i Gesuiti ven­nero cacciati dalla Sicilia, mentre tutti facevano a gara per impossessarsi dei loro beni demaniali, il Capizzi otten­ne in dono numerosi volumi confiscati nelle biblio­teche palermitane della Com­pagnia, preziosissimo patrimonio librario, parte del quale è oggi custodito nella biblioteca del suo Collegio.

Col passare degli anni gli scaffali della biblioteca si sono arric­chiti con libri, in particolare, dell'800, fra cui nel 1847 un tomo del Cantù e, nel 1850, la Storia eccle­siastica in 12 volumi legati in 4°, comprata a Napoli.

Nel 1864, il catalogo composto dal bibliotecario, sac. Gaetano Meli, numera 7.622 volumi, posti in due stanze in scaffali di legno, tuttora esistenti.

Nel 1879 il sindaco di Bronte, Guglielmo Leotta, dona 61 volumi provenienti dai soppressi conventi dei padri Cap­puccini, dei Minori Osservanti e dei Basiliani di S. Blandano.

Oggi gli scaffali, colmi di oltre 21 mila volumi, tra testi scien­tifici, letterari, filosofici e teologici, offrono prezio­se edizioni di grandissimo interesse rendendo una evidente testimonianza del grado di cultura raggiunto nella vita del Collegio.
Fra le opere di inestimabile valore giova citare un Aristotele del 1561, cinque grossi volumi su Aristotile pubblicati dal Didot, un raro dizionario del Calepino uscito nel 1571 dalla tipografia dei Manuzio, uno splendidola divina commedia del 1536 atlante geografico del 1692, un trat­tato di astronomia del 1877, una Divi­na Commedia arricchita di raffi­na­te incisioni stampata a Venezia nel 1536 ("in Vineggia per M. Bernar­dino Stagnino") con commento di Cristoforo Landino (l'insigne umanista maestro di Angelo Poliziano).

Vi si trovano anche un numero cospi­cuo di classici, latini e greci, che vanno dai Dodici Cesari di Svetonio (Lugduni, apud Joannem Frellonium, 1548), alle opere di  Senofonte (seconda edizione curata da Enrico Stefano, 1581), da quelle di Tacito e di Velleio Patercolo (edizione parigina del 1608) alle Ipotiposi Pirroniane di Sesto Empirico (edizione ginevrina del 1621, "typis ac sumptibus Petri ed Jacobi Chouet").

E ancora un Plutarco in traduzione latina del sec. XVI, un Valerio Massimo dei Venetii excudebant exemplorum libri (edizione veneziana del 1557), la Storia naturale di Plinio (Parigi, 1741) il poema di Lucrezio (edizione di 70 esem­plari del 1807), Ovidio (1806), Sallustio (edizione di 50 esemplari del 1813).

Nelle foto a destra abbiamo riportato alcune immagini delle preziose edizioni di grandissimo interesse:

lo splendido atlante geografico del 1692 ("La guida del Mercurio ouero Guida Geografica in tutte le parti del mondo", dalle stampe di Domenico de Rossi in Roma alla Pace), con incisioni a bulino di Antonio Barbey colorate a mano),

«La Historia d'Italia di M. Francesco Guicciardini Gentil'huomo fiorentino», stam­pata a Venezia nel 1587

Un antichissimo volume in lingua orientale un'immagine della Sicilia ripresa dall'Atlante,

un volume del 1511 ("De Liberta­te ecclesiastica", di Joannis Lupi)

un antichissimo volume in lingua orientale.

Oltre ad un archivio storico di inestimabile valore unico a Bronte, la biblioteca contiene oltre 21 mila volumi, tra libri scientifici, letterari, filosofici e teologici, con testo in greco e latino, oltre che in italiano, inglese, spagnolo, tedesco e francese.

Rende evidente l'altissimo grado di cultura raggiunto nei secoli dal Collegio fondato dal ven. Ignazio Capizzi ed il livello di formazione scolastica che vi si impartiva.

 
Il tomo primo del Mercurio Geografico (1692)
La Historia d'Italia di M. Francesco Guicciardini, Venezia 1587
De Libertate ecclesiastica, di Joannis Lupi, 1511
Biblioteca del Collegio Capizzi, il «Fondo antico»

La scaffalatura del «Fondo antico» della Biblioteca fu costruita nel 1830 su disegno di don Car­melo Luca. I busti visibili nella foto al centro sono di due illustri brontesi: Enrico Cimbali e Benedetto Radice.
 

LA DIVINA COMMEDIA (1536)UNA PAGINA DE LA DIVINA COMMEDIA (1536)UNA PAGINA DE LA DIVINA COMMEDIA (1536)

«CANTO PRIMO DEL LA PRIMA CANTICA O VERO COMEDIA DEL DIVINO POETA FIO­REN­TINO DANTHE ALEGHIERI» - La Divina Commedia con incisioni stampata a Venezia nel 1536 ("in Vineggia per M. Bernandino Stagnino") con commento di Cri­stoforo Landino.  

Un’edizione ben conservata del Canzoniere del Petrarca, datata 1563, fra le opere più antiche della collezione:

Canzoniere di Francesco Petrarca (1588)Una pagina del Canzoniere di Francesco Petrarca (1588)

«IL PETRARCA con l'espositione di di M. Alessandro Velutello, di nuovo ristampato con le Fi­gu­re a i Trionfi, con le apostille, e con più cose utili aggiunte. IN VENETIA ap­pres­so Nicolò Bevilacqua MDLXVIII»  

MERCURIO GEOGRAFICO (1692)MERCURIO GEOGRAFICO (1692)MERCURIO GEOGRAFICO / LA SICILIA  (1692)

«MERCURIO GEOGRAFICO overo guida geografica in tutte le parti del Mondo, confor­me le Ta­vole di Giacomo Cantelli da Vignola, Geografo del Sereniss. Signor Duca di Modana, intagliate al bulino dà Antonio Barbey, dato in luca con direttione e cura di Domenico De Rossi Erede di Gio Giacomo De Rossi nella sua Stamperia in Roma alla Pace con Privilegio del Sommo Pon­tefice et Licenza de Superiori l'Anno 1692»

Libri dello SpedalieriLa biblioteca conserva tutte le opere (nelle diverse edizioni) del filosofo brontese Nicola Speda­lieri, ol­tre a molti suoi preziosi mano­scritti e lettere autografe, mano­scritti e carte dei fratelli Cimbali ed una preziosa emero­teca con inte­re annualità di quo­tidiani, gior­nali e periodici di fine ottocento e dei primi anni del '900.
Conserva ancora mano­scrit­ti e lettere del ven. Ignazio Capizzi e del Card. Antonino Saverio De Luca, fra le quali la “Storia religiosa e politica d’Ir­lan­da”, all’epo­ca tanto attesa dall’am­biente reli­gio­so e dagli studiosi d’oltre mani­ca, che non non vide però mai la luce.

Negli scaffali è conservata anche una copia del "Teatro Italiano" di Luigi Capuana (Palermo 1879), con dedica autografa dello scrittore: "alla biblioteca del Collegio di Bronte come piccola espiazione di tutte le mie scapataggini di collegiale. Mineo, 7 Aprile 1872".  Il Capuana aveva studiato nel Collegio Capizzi negli anni 1853-54 avendo, fra gli altri, come professore padre Gesualdo De Luca.

Nel 1949 l'intera biblioteca già appartenuta agli illustri fratelli De Luca (Antonino, il cardinale e Placido, l'eco­nomista) è sta­ta regalata dai discendenti al Collegio. Si sono così preser­va­ti pregiati volumi di arte, lettera­tura, storia, geografia, diritto e discipline varie di valore quasi inestimabile.

La Biblioteca dovrebbe essere aperta tutti i giorni dalle ore nove alle tredici (n. tf. 095.691.008).

Fino a qualche anno fa responsabile della Biblioteca è stato Franco Cimbali, che dai suoi illustri antenati (tra i quali amia­mo ricordare i fratelli Enrico, Eduardo, e Giuseppe) ha preso la passione per i libri e la pignoleria e la precisione dello storico nelle sue continue ricerche d'archivio sulla storia del proprio paese. Franco Cimbali, uno dei quattro fondatori della nostra Asso­cia­zione ed anche fra gli autori dei testi di Bronte Insie­me, è andato in pensione agli inizi del 2013.




La Biblioteca delle "Reggie Pubbliche Scuole di Bronte", un pò di storia

Cenni storici della Biblioteca di Bronte ieri, oggi e …

(di Franco Cimbali)

Tra le vecchie, ingiallite carte d’archivio dell’Ente morale-laicale del Real Collegio Capizzi, si conserva l’amanuense libro avente titolo “Reggie Pubbliche Scuole di Bronte” naturalmente scritto in bella grafia, cioè in forma elegante e regolare.

La datazione di quanto sopra è il 6 Ottobre 1811; però il conte­nuto risale al 1778, anno in cui vennero erette, dal Popolo della Città di Bronte e dalla munificenza dell’Augusto Sovrano Ferdi­nando Primo delle Due Sicilie (D. G.) le men­zionate scuole, dotate di once 200 all’anno. A titolo di curiosità: once 10 all’anno vennero destinate per compra e riforma di libri per la Pubblica Libreria in detto Collegio; once 4 all’anno al Bibliotecario, che “faticherà”, ed avrà cura della detta P. L..

Per capire meglio gli avvenimenti storici che permisero detta fondazione, con annessa biblioteca, bisogna però fare, ancora una volta, un passo indietro e partire più o meno dal 1759 al 1767, quest’ultimo, anno cruciale, della soppressione dell’Ordine ignaziano meglio conosciuto col nome di Compagnia di Gesù o più semplicemente come Gesuiti. Esecutore del provvedimento di espulsione, fra Bernardo Tanucci (1698-1783), uomo politico europeo tra i più rappresentativi del giurisdizionalismo settecentesco e sostenitore della ragione dello Stato a deprimento delle ragioni della Chiesa.

Tutti i Collegi e le Case gesuitiche a fine Novembre 1767, due ore dopo mezzanotte, vennero circondate dalle truppe regie borboniche le quali, nel giro di 24 ore, fecero incamminare i gesuiti verso i centri di raccolta da dove subito dopo avrebbero raggiunto i luoghi loro destinati.

Così, confiscati i loro beni mobili e immobili: case, collegi e pro­prietà terriere, oltre 50.000 ha., il Governo borbonico passò alla vendita di essi ottenendo col ricavato un duplice scopo: l’isti­tuzione delle Scuole pubbliche di Stato e la sostituzione del vecchio corpo docente religioso con un nuovo personale laico, insegnante (cosa che di fatto non avvenne).

Bronte, domenica 15 Ottobre 1778, festività di Santa Teresa d’Avila. Lo scampanio a distesa di tutte le chiese richiama il popolo dei fedeli, mentre un caldo sole autunnale illumina il paese festante. Una gran folla scende verso il piano della Matrice, altri restano in attesa lungo lo stradone principale (“a chiazza”) e attorno la Cappelletta di San Rocco.

La processione, dalla Chiesa mag­giore, da poco avviatasi, è preceduta dal quadro di Maria del Fervore. Procede lungo la salita del “passu poccu” (il Radice ci dice che la via prese tale nome perché ivi venne rinvenuto un maiale errante la cui vendita permise al Comune la pavi­mentazione del tratto di strada).
Segue, poco distante, l’Arciprete parroco col SS. Sacra­mento e accanto il rimanente clero, Vicario Foraneo, il Rettore del Monastero di Santa Scolastica e, per l’occasione, tra i primate, l’umile sac. Ignazio Capizzi. Seguono le numerose pie corporazioni, con i tipici costumi, recanti ognuna il vessillo del proprio santo fondatore, i reverendi padri regolari e i novelli convittori, per ultimo il popolo.

Il sacro corteo, tra canti e preci, percorre il breve tratto di strada lasciandosi alle spalle la Chiesetta di San Giovanni Evan­gelista sulla destra e la Chiesa di Santa Maria dell’Abstinentia o Resistenza sulla sinistra. Dalle balconate e finestre, lungo la via, penzolano bianchi lini, coltri di lana e lenzuola di tela mentre petali di fiori piovono al passare della processione. Molti s’inginocchiano e si segnano di croce.

Il corteo percorre ancora qualche centinaio di metri e si ferma dinnanzi la di già menzionata quattrocentesca Cappelletta, poco distante dalla novella fabbrica. Indi segue la benedizione di rito, il discorso di circostanza, lo sparo di mortaretti. Il sogno da tempo vagheggiato è realtà visibile agli occhi dei presenti. Una lapide i marmo, di fresco applicata alla parete a futura memoria, per i più distratti, recita: «A Domino factum est istud et est mirabile in oculis nostris».

I primi volumi che entrarono nella di già istituita biblioteca furono 715 libri confiscati ai Gesuiti di Palermo ed ivi pervenuti tramite il fon­datore Sac. Capizzi che nella “felix Palermo” vi esercitava, da anni, l’eccle­siastico ministero sacerdotale.6 Agosto 1778, venne rogato in Palermo presso il notaio Tamaio.

Il fondo iniziale, nel corso di oltre due secoli, è aumentato a seguito ac­quisti, lasciti, donazioni di privati cittadini. Allora l’accesso al prestito era riservato solo a convittori e a pochi pri­vilegiati.

Sulle copertine dei libri, per ovvi motivi, vennero stampate, in tempio diversi, le seguenti frasi: ”Biblioteca del Ginnasio Pareggiato Bronte” e “Biblioteca Real Collegio Capizzi Bronte”. E in terza pagina, a cura della Federazione Italiana delle Biblioteche Popolari, quanto segue: «Lettore, io vengo a te come un amico, per consolarti e per istruirti. Tie­nimi bene, leggimi sollecitamente e non trattenermi presso di te quando ti ho servito, perché il mio destino è di portare luce e gioia a molte anime. Rispettami, non deturparmi con segni, non piegare le mie pagine. Io sono cosa (un bene) di tutti».

Per il suo contenuto moraleggiante, credo che l’intera frase non farebbe una grinza se riportata, anche i nostri giorni, sui libri.

Durante il periodo bellico il Real Collegio Capizzi venne convertito in Ospedale militare di riserva n. 2, quin­di i libri, tolti dagli scaffali, furono prudenzialmente impilati nei sottostanti magazzini. In questa maniera, i volumi, scam­parono ai bombardamenti aerei del Luglio-Agosto 1943 però divennero preda di topi, umidità e muffe.

Biblioteca Real collegio Capizzi, emerotecaA partire dal 1983, cominciando a venir meno il numero dei Collegiali, il Consiglio di Ammini­strazione propose il regolare servizio di biblioteca aprendola all’utenza esterna come pure alle scuole di ogni ordine e grado.
Venne quindi creato il fondo corrente finalizzato al prestito e consul­ta­zione destinando, in bilancio, una somma annua per acquisti, scaffalature e restauri. Nel contempo si aprì il “Fondo antico”, vero e proprio itinerario culturale, a scolaresche, comitive di bibliofili, però solamente per la consultazione “in loco”.

Al presente la biblioteca possiede un fondo corrente di 13.497 volumi (al 31 dicembre 2005), tutti regolarmente inventariati e catalogati.

E’ aperta al pubblico da Lunedì a Sabato ed è punto di riferimento per ri­cerche, tesi di laurea, come pure per presentazione di libri e/o confe­renze.

Possiede libri monotematici, argomenti vari che spaziano dal romanzo alla narrativa; dalla saggistica all’antropologia e storia; dalle religioni a con­fronto, all’economia e politica; dal giallo al poliziesco e di recente di un settore universitario di indirizzo giuridico.

Naturalmente sono presenti i classici italiani dalle origini a tutto il Nove­cento, gli scrittori latini e greci, la letteratura straniera, il pensiero filoso­fico classico e contemporaneo, la psicologia e pedagogia, il teatro etc..

Un settore particolare, infine, è costituito da testi di scrittori brontesi.

Franco Cimbali

5 Maggio 2006
 

Nelle tre foto: la biblioteca del Real Collegio Capizzi in una foto del 1930 (oggi rappresenta il co­sid­detto "Fondo antico");  quella "moderna" (la sede attuale alloggiata in un lungo corridoio in attesa che si adi­bisca come sede della  biblio­teca la Cappella inter­na del Collegio) e il Fondo antico (in primo piano alcune annate de "La Tribuna Illustrata" di inizio 1900).


 

La nostra Biblioteca

di Salvo Stella (1928)Busto del ven. Capizzi (di M. Spina)

(…) Il R. Collegio Capizzi possiede, e non da oggi, accanto a una bibliotechina di amena lettura, una biblioteca di severi libri di studio, che forse più di un istituto simile potrebbe invidiargli: in essa i giovani possono trovare preziosi sussidi per i loro studi, ed impulsi a studi nuovi: trattati scientifici e testi classici, libri di storia ed opere di filosofia, dizionarii di lingue antiche e moderne, non meno che enciclopedie...

Ma, se il lettore di queste righe non ha in odio la «dotta polve», non gli sarà forse dìscaro accompagnarsi con noi in una visita che cerchere­mo di fare il più rapidamente possibile attraverso la nostra biblioteca.

La sala é ampia e luminosa, e, nelle ore migliori, immersa in un’atmo­sfera di silenzio conventuale, cui non vale a rompere a volte lo stridio della carrucola di una cisterna dei vicini cortili. I libri si adergono da ogni parte: tappezzano, di sui tarlati scaffali, tutte le pareti; ingombrano il tavolo che sta nel mezzo della sala; si ammonticchiano nei vani sotto le finestre.

Son libri di paesi diversi, di molteplici scienze, di svariate letterature, di disparate età: vi trovi così l’Iliade come il trattato di astronomia popo­lare, le opere del Goethe e il dizionario della Crusca, il libro di medi­cina accanto al manuale di fisica, le edizioni aldine e quelle del Le Monnier.

La bella edizione, in cinque grossi volumi, delle opere di Aristotele pubblicata dal Didot, non disprezza la vicinanza di un dizionario del Calepino uscito circa tre secoli e mezzo addietro dalla tipografia gloriosa dei Manuzio.

Non lungi da un atlante geografico del 1692 sta un trattato di astro­nomia del 1877; presso la Patrologia del Bardenhewer (Roma, 1903), trovi un Aristotele del 1561.

Ma vale la pena di fermarsi un istante ad esaminare un po’ meno in fretta qualcuno di questi volumi più preziosi per antichità e rarità.

Ho ricordato il Calepino aldino: giova precisare che esso si orna delle cure e di una prefa­zione di Paolo Manuzio, e reca la data del 1571. Nè é questa l’unica edizione aldina della biblioteca brontese: il volumetto intitolato Sancii Joannis Damasceni adversus sanctarum imaginum oppugnatores orationes tres si gloria anch’esso dell’illustre insegna dell’ancora col delfino e il nome Aldus (1534). Veneziana, ma non aldina, è un’edizione del poema dantesco, stampata nel 1336 («in Vineggia per M. Bernardino Stagnino»), sul cui frontespizio si legge: Cantica del divino poeta Danthe (sic) Alighieri fiorentino. Sarebbe interessante esaminarla minutamente; ma, poiché hic non est locus, ci limiteremo a rilevarne le incisioni, sovente di una ingenuità deliziosa, e a notare che il commento che l’accompagna è quello di Cristoforo Landino, l’insigne umanista, maestro di Angelo Poliziano.

Ma il maggior numero di edizioni rare lo troviamo fra i classici greci e latini. Senofonte lo abbiamo nella 2.a edizione curatane da Enrico Stefano, pubblicata nel 1581. L’Aristotele del 1561, cui accennavo dianzi, è in traduzione latina (Aristotelis Stagiritae opera ... Lugduni, apud Antonium Vincentium). Al 1548 risale un’edizione in-4 dei Dodici Cesari di Svetonio (Lug­duni, apud Joannem Frellonium), ricca di note e stampata con eleganza di caratteri. Nelle prime pagine di essa, ci imbattiamo nei due grandi nomi di Angelo Poliziano e di Era­smo da Rotterdam, chè si ristampa dell’uno una praefatio in Caium Suetonium, dell’altro un’epistola ad duces Saxoniae.

L’opera superstite di Sesto Empirico, con l’interpretazione di Enrico Stefano delle Ipotiposi pirroniane, la troviamo in un’edizione ginevrina del 1621 («typis ac sumptibus Petri et Jacobi Chouet»).

Solo di qualche anno anteriore ad essa, e precisamente del 1608, è un’edizione parigina del­le opere di Tacito e di Velleio Patercolo, anche questo un bel volume in-4, con note.

Ma con Plutarco e con Valerio Massimo ritorniamo al sec. XVI, chè il primo lo possediamo in una traduzione latina, nelle ultime pagine della quale si legge: Victor a Ratanis et socii Vene­tiis excudebant MDXXXVIII; e del secondo i Moralium Exemplorurn libri, che escon parimenti da una tipografia veneziana, recano la data del 1557.

Naturalmente, non mancano le edizioni «in usum serenissimi Delphini»: ricorderò una Storia naturale di Plinio in 2 tomi e 3 volumi (in-4), la quale « interpretatione et notis illustravit Joan­nes Harduinus e Societate Jesu» e la compagnia di Gesù pubblicò a sue spese in Parigi nel 1741. Più recenti, ma forse non meno rare, sono le eleganti edizioni in - 4 che, con grande lusso di caratteri e di carta, il tipografo Luigi Mussi stampava in ristretto numero di esemplari, per pochi e ricchi - se non eletti – studiosi, prima da Parma e poi da Milano, sul principio del secolo scorso; e che accompagnava sovente con lettere dedicatorie in lingua latina «Eugenio Napoleoni Italiae proregi principi Venetiarum supremo Galliarum imperio cancellario ».
Tali, il poema di Lucrezio in un’edizione di soli 70 esemplari, con data del 1807; tutte le opere di Ovidio, in sei volumi (1806-1809); le opere di Sallustio, in un’edizione di 50 esemplari (1813).

Per altro rispetto notevole è un’edizione fiorentina dell’Iliade del 1837, in 2 voll. (typis V. Ba­tel­li et filiorum): perchè raccoglie insieme, accanto al testo greco, ben sette traduzioni del poema omerico, due delle quali in latino (l’una in versi, di R. Cunich ; l’altra, di C. G. Heyne, in prosa), e le altre, in italiano, tedesco, francese, inglese, spagnolo.

Un altro libro italiano del principio del secolo scorso merita qui infine di essere ricordato: è la prima edizione romana delle lettere di M. Cornelio Frontone e dell’imperatore Marco Aurelio, la quale contiene anche gli avanzi delle lettere di L. Vero, di Antonino Pio, di Appiano (Ro­mae, MDCCCXXIII). Sul frontespizio, il nome glorioso del Cardinale Angelo Mai. (…)

Salvo Stella

(Nova Juventus, bollettino del Real Collegio Capizzi – Bronte, Anno VIII, N. 3, Febbraio 1928)

Nella Biblioteca si trovano in custodia mol­te interessanti raccolte documentarie.

Sono conservate raccolte or­di­nate di gior­nali e di riviste di ec­ce­zio­nale valore, prove­nienti dall'archivio del Card. Antonino De Lu­ca. Intere annate di quoti­diani e periodici di fine ottocento/inizi nove­cento, fine­men­te rile­ga­ti e in perfetto stato di con­serva­zione.

Viene conservata una preziosa raccolta di carte della Vicaria Foranea di Bronte e di una Corte Spirituale operante in città nel cor­so del secolo XVIII; esistono poi raccolte minori di eruditi locali e preziosi manoscritti del filosofo Nicola Spedalieri fra i quali 184 fogli in quarto, fitta­mente stesi dalla mano del filosofo con calligrafia minuta, con un ciclo di ser­mo­ni quaresimali, recentemente pubblicati da Vincenzo Pappalardo.

Di particolare rilievo il lascito del cosiddetto "Fondo De Luca", con le carte e i libri appar­tenenti al colto e facoltoso cardinale Anto­nino-Save­rio, nunzio apostolico a Vienna du­rante l’epo­ca di Pio IX, ed il “fondo Cim­bali”, ricchis­simo di carte manoscritte ap­par­tenute, tra gli al­tri, allo stesso Giuseppe Cimbali.

I registri che segui­vano l’attività ammini­strativa e scolastica del­l’omo­nimo convitto (una raccolta pre­ziosissima di diplomi e vari documenti scolastici) sono stati, inspiega­bil­mente, par­zial­mente ceduti a privati o distrutti alcuni anni addietro. (aL)

Il sito web della Biblioteca


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