A Pernambuco il giovane mozzo tenta la fuga, che si conclude con la scoperta per lui sconvolgente che in questa zona al di là della città c’è il nulla, una foresta senza fine e pericolosa, popolata di serpenti ed enormi lucertole. Catturato, torna sulla nave che per due anni fa cabotaggio tra Buenos Aires e il Rio delle Amazzoni sino a Para – dove tenta una nuova fuga, subito però abortita – fino al ritorno a Genova che ha 16 anni. Dopo un periodo che passa andando a zonzo, facendosi anche cacciare di casa, si imbarca il 1° novembre ’37 nella Marina Militare, col capitano Millelire che gli insegna la disciplina e il giusto rigore militare. In questo periodo viene in contatto con la Giovine Italia, che però non apprezza per lo spirito settario. Rimane in Marina sei anni e otto mesi, congedandosi perciò nell’estate del ’44, per insofferenza all’impossibilità di manifestare liberamente le proprie opinioni liberali. Lui e due amici si imbarcano sulla nave americana Baxter, con un equipaggio quacchero in viaggio verso Sumatra, che impone un’insopportabile stile di vita puritano. In prossimità delle coste di Atchin si danno ad una avventurosa fuga a nuoto, che porta uno dei fuggiaschi ad essere divorato dagli squali e gli altri a trovare rifugio in una isoletta con una sola palma, che sarà probabilmente la stessa isola in cui Bixio verrà sepolto. Dopo il ritorno in Europa, nel 46 incontra Mazzini e nel 47 conoscerà il grande amico Mameli. Nel 48 partecipa alla 1° guerra d’indipendenza, come volontario avendo il battesimo del fuoco nello scontro di Governolo. Nel 49 fa la conoscenza di Garibaldi a Ravenna e combatte per la difesa di Roma. Dopo la sconfitta della Repubblica romana, si apre una parentesi privata con l’amore per la nipote Adelaide e il matrimonio che finalmente arriverà nel 55 a Firenze. Cercando di darsi un mestiere che mantenesse la fidanzata, nel 1851 si imbarca come secondo sulla nave Popolano diretta a Montevideo. Qui la nave viene rottamata e dopo un periodo di cabotaggio nei corsi fluviali della zona incontra alcuni commercianti italiani. Tra questi Giambattista Razzetto che lo fa capitano della sua nave San Giambattista. Con questa il 9 marzo 53 riparte alla volta di Genova, dopo uno scalo a Bahia. Tenta l’avventura commerciale in proprio varando il mercantile Goffredo Mameli, con il quale cerca di aprile vie commerciali in Australia e nelle Filippine; ma si ammala, la nave subisce danni, i creditori lo mollano ed è costretto a vendere. Dopo questo fallimento commerciale, riprende i contatti con gli ambienti liberali si dedica ad una attività giornalistica, dove pone posizioni moderate e filosabaude. Nel 60, in un periodo di condizioni disagiate, partecipa alla spedizione dei Mille. Garibaldi usa le sue doti marinare facendogli prendere e comandare i due traghetti Piemonte e Lombardo. LA SPEDIZIONE DEI MILLE
Come militare, occupa all’inizio ruoli secondari, con gradi intermedi di ufficiale. In realtà sarà proprio in Sicilia che metterà in luce il suo carattere determinato e ardito, costruendo all’interno dei Mille il suo mito. In realtà, possiamo dire che la sua figura diventa emblematica e si presta alla perfezione agli intenti mitologici che gli storiografi garibaldini curarono nella costruzione dell’epopea dei Mille. La brigata di Bixio segue un percorso centrale nell’Isola, passando da Piana dei Greci, Corleone, scendendo a mare a Girgenti, passando da Licata dove seda una rivolta contadina che chiede l’applicazione del decreto del 2 giugno, con la fucilazione il 24 giugno di componenti della Guardia municipale. Bixio si specializza insomma nel contrasto alle rivolte contadine. A Vittoria arriva il 25 luglio e qui dà luogo ad un episodio “leggendario” con il cavalier Spatafora, accusato di aver sottratto una bandiera. L’episodio è comunque testimoniato dal cavalier Paternò. A Vittoria fu ospitato in casa del cavalier Salvatore Cantarella, in una via che allora prese il nome di via Bixio. Il 27 luglio fa il suo ingresso a Catania, accolto come un eroe dalla borghesia locale: Bixio diventa insomma il punto di riferimento della borghesia siciliana in funzione anticontadina. Forse questo ruolo amplifica l’importanza militare via via assunta in momenti cruciali come quello di Bronte. E’ possibile che questo ruolo fosse affidato da Garibaldi, nella dialettica della parti a lui, proprio perché giudicato l’uomo caratterialmente e politicamente più compatibile per questi compiti. A Bronte arriva il 6 agosto del 1860, orchestrando la repressione celebre della rivolta. Bronte è comunque una realtà particolare, per la presenza della ducea di Orazio Nelson. A Bronte, Bixio racconta di incontrare gente barbara e vigliacca, assassini che disonorano la giustizia dell’Italia, iene che terrorizzano la gente onesta. Viene raccontato l’episodio di un sesto condannato a morte, graziato da Bixio all’immagine della moglie Adelaide. Bixio ammette: può darsi che i giudici abbiano compiuto qualche errore e non si siano astenuti nei casi dubbi. Il 24 ottobre a Maddaloni subisce una ferita alla gamba, che gli lascerà per sempre una leggera zoppia. Dopo la fine della guerra, mentre Garibaldi torna a Caprera, Bixio entra nei quadri regolari dell’esercito. Comincia un periodo borghese, in cui siede al Senato e ottiene comandi nell’esercito. La sua prima seduta è il 28 febbraio 61; siede alla Sinistra ma sarà considerato con sprezzo da chi gli rimprovera il massacro di Bronte. Pronunzia il suo primo discorso il 18 aprile, contestando al Cavour la presentazione governativa della mozione che propone Vittorio Emanuele re d’Italia; tale proclamazione spetta al Parlamento e la proposta da questo deve partire. Comincia presto una disillusione nei confronti della politica italiana, che gli appare incomprensibile. Sembrano disturbarlo i tempi e la dialettica della democrazia. Nel 63 Assume il comando della divisione di Alessandria; nel 66 durante la guerra assume il comando della piazza di Piacenza. La sconfitta di Custoza lo disgusta dell’esercito: dirige una compagnia di assicurazioni utile in caso di inondazioni e di incendi. Comincia a rinascere la passione per il mare. Costruisce a arma la Maddaloni, che salpa da Liverpool il 30 giugno 1873 e attraversa il canale di Suez; a Batavia è colpito da febbre biliare, poi da colera. Il 15 dicembre 1873 muore. Viene deposto in una doppia cassa e seppellito nell’isolotto di Polo Juan, sotto l’unica palma. Una ricognizione condotta il 20 dicembre rileva la scomparsa della bara. Indagini olandesi del febbraio 1876 scoprono che la bara era stata scavata da cinque indigeni che pensavano di trovarvi un tesoro; trovando un uomo bianco avevano razziato gli abiti seppellito il corpo in una spiaggia. La bara viene ritrovata a Limburo, non si sa nulla del corpo. Estorta la testimonianza dell’unico sopravvissuto, alcune ossa vengono scoperte in più round in una vasta area della spiaggia alla foce del Blang kala, e ricomposte in un’urna. Il 2 maggio 1877, l’esercito olandese con gli onori militari rende le spoglie agli ufficiali della nave italiana Cristoforo Colombo. Il 9 maggio a Singapore una cerimonia funebre solenne nei giardini del consolato italiano, alla presenza del console del Belgio e del governatore inglese, dà fuoco alle ossa di Bixio: in Italia rientreranno solo le ceneri. Il 10 maggio una cerimonia religiosa si svolgerà nella chiesa cattolica di Singapore. La nave Batavia il 20 agosto parte alla volta dell’Italia con le spoglie di Bixio. Il 30 settembre la nave entra a Genova. Viene seppellito a Staglieno. SPUNTI DI RIFLESSIONE
1 - Bixio sembra rappresentare l’anima borghese e conservatrice della spedizione dei Mille. Non vi è dubbio che il ruolo sembra essere concordato in una dialettica rivoluzionaria con Garibaldi, che capisce come l’impresa non possa riuscire senza il consenso del ceto borghese e latifondista del Meridione; sta di fatto che Bixio è il personaggio che meglio si presta, non solo per spregiudicatezza militare, ma anche per convincimento politico a rivestire questo ruolo. 2 - Bixio sembra possedere una coscienza borghese assai emancipata e moderna sotto il profilo dello sviluppo economico e commerciale del paese, che in fondo è il portato della sua esperienza di lavoro. Incarna una figura singolare di rivoluzionario dell’epoca: non è un avventuriero, non patriota di professione come Garibaldi, non è un militare di professione, nonostante le tante esperienze in Marina e nell’esercito, non è uno studente romantico. E’ un genovese cresciuto nella tradizione di commerci marittimi della città, prestato per passione alla rivoluzione italiana. Questo gli darà una fisionomia e una coscienza particolare rispetto ai suoi compagni d’arme, una coscienza sociale indiscutibile circa il ruolo che la borghesia e le sue attività giocano nella costruzione di un moderno paese dell’800 industriale e capitalistico. 3 - Questo spiega l’appoggio dato alle borghesie meridionali nel contrasto con le lotte contadine, ma anche il disgusto nei confronti di tutta la società siciliana, assunta nella sua interezza, stigmatizzata per la scarsa propensione all’agire, per la sonnolenza, per le richieste di incarichi pubblici che, egli dice, gli arrivarono così numerose che messe una accanto all’altra sarebbe stato possibile stendere come una coperta l’intera Isola. Bixio insomma mostra contezza dello scarso spessore borghese del notabilato locale, cui mancavano proprio i caratteri di intraprendenza e tenacia delle borghesie europee. A Bronte Bixio rimprovera ai borghesi locali proprio la vigliaccheria e l’incapacità di difendersi da soli. 4 - Questo spiega anche perché Bixio legga con toni patriottici l’abbandono della stucchevole vita parlamentare l’avvio di nuovi rapporti commerciali con la Maddaloni, sicuro che la costruzione della patria ora prosegua nella direzione del suo rafforzamento economico in un mondo che i colonialismi stanno mettendo nelle mani delle nazioni che percorrono le strade dei commerci e del mare. 5 - Queste considerazioni restituiscono allora un Bixio più complesso dell’irruente Attila caro alla storiografia garibaldina e anche del frettoloso assassino, strumento asservito dei giochi più prosaici e politici nelle cui acque limacciose navigava la spedizione garibaldina con il quale è stato spesso liquidato l’artefice della repressione di Bronte. 6 - La stessa immagine del giovane sventato, che le vicende risorgimentali liberarono da un destino votato alla devianza e alla sciagurataggine non regge all’analisi del personaggio. Bixio ebbe senz’altro un’infanzia difficile, del resto comune in un’epoca certo non facile ed agiata come la sua, ma attraverso sempre esperienze di forte valenza formativa e temprò un carattere determinato e lucido. Del resto, anche sulla pretesa ferocia del suo carattere c’è da fare qualche precisazione, non per metterla in dubbio – De Sanctis dice che “…la folla amava Garibaldi e gli si avvicinava, ammirava Bixio ma in lontananza”. Lo stesso Bixio ammette la forza e l’irruenza di un demone che in certe occasioni gli prende il sopravvento. Ma sembra averne paura lui stesso, sembra avere coscienza di un negativo che appartiene alle sue corde più profonde e che non gli procura sentimenti di orgoglio e soddisfazione. Proprio nei giorni di Bronte scrive alla sua amata Adelaide, lamentando come si trovasse dentro una “maledetta missione, che ad un uomo del suo spirito non dovrebbe mai essere affidata”. E quando ad Alessandria, negli anni del comando di quella divisione, vede alcuni ufficiali ammaliati dal suo modello, bruschi e feroci con i sottoposti, lui li rimprovera con asprezza, raccomandando loro di prendere il buono del loro comandante, non il cattivo. Bixio vive insomma il tormento dei demoni che assalgono il suo carattere, senza l’indifferenza marmorea e balorda dell’Attila senza cuore che la storiografia garibaldina costruì su di lui. 7 - Bronte rimase sempre il suo cono d’ombra, la macchia d’infamia da cui non riuscì mai a liberarsi. Già nel parlamento piemontese del ’61, quando viene isolato e disprezzato dai deputati liberali; poi dalle polemiche che seguirono le analisi storiche e giuridiche compiute nel processo di Catania del 63. Per questo i fantasmi di quel fatto lo tormentarono sino al viaggio finale, se sono veri i ricordi del dottore Saluzzo che raccolse dalle sue labbra parole di tormento per quel fatto. E dovettero tormentarlo sino al punto di storpiare la storia, se ha un fondamento l’episodio raccontato dal pronipote Villard che dal memoriale dell’antenato lesse l’inverosimile episodio di un sesto condannato, graziato da Bixio davanti al plotone alla richiesta di abbracciare per l’ultima volta la famiglia. Vincenzo Pappalardo (Conferenza tenuta nel 2010 dal prof. Vincenzo Pappalardo al “Colegio D. Alighieri” di San Paolo del Brasile) |