E poichè tutti i salmi finiscono in gloria, ed i vostri salmi non son diversi da quelli che s'usavano prima del 1943, la conseguenza è unica del pari, e noi lo sappiamo e tutti lo sanno: mai potremo sperare un bene qualsiasi dai nostri uomini che promettono dalla piazza e non mantengono dalla sede del loro governo, che si dimostrano commossi e fieri del popolo che li acclama, ma si preoccupano di più dei coperti che li attendono alla fine della loro escursione politica. Avv. Alessi, avreste meglio meritato della fiducia del popolo brontese, se invece di dire delle vane parole per calmare le apprensivo degli acclamanti illusi, aveste detto: So che a voi Brontesi, in estate, anzi in ogni tempo, manca l'acqua potabile. So che fino ad ora uomini politici ed amministratori vi hanno preso in giro. Io invece, compenetrandomi della vostra situazione, sono andato a spulciare gli atti delle più recenti promesse fattevi e ho disposto che le somme da tanto tempo stanziate per l'acquisto dei motori, vi siano subito concesse. Avv. Alessi, meglio avreste fatto a dire: So che in Bronte si discute di un progetto pazzo, perchè si vuole costruire la casa Comunale sfrattando quaranta famiglie; io dispongo invece che prima siano costruite le nuove case da dare agli sfrattandi e poi la casa Comunale. Avv. Alessi, meglio avreste fatto a dire: E’ vero che io viaggio in macchina, ma lo sciopero dei ferrovieri della Circum che tanto danno sta apportando alla economia e al commercio, mi ha preoccupato oltre misura e mi sono interessato per far cessare detto sciopero. Tante e tante altre cose avreste potuto dire, avv. Alessi, cosi alla buona, occhi negli occhi, ma non le avete dette! Ma chi ha il coraggio di far capire tanta elementare verità a S. Ecc. Alessi?» E' arrivato Sua Eccellenza
Quando scoppiò il primo mortaretto, la gente pensò che c'era qualche santo in festa e continuò a badare ai fatti suoi. Poi ne scoppiarono altri e cominciarono ad apparire le prime bandiere di carta con i colori a rovescio e una certa aria di festa si diffuse. Qualcuno domandò: perché? qualche altro rispose: mah! Finalmente i più evoluti spiegarono che doveva arrivar il Presidente. I guai cominciarono quando fu ora di far suonare la banda; il trombone aveva fatto sapere che lui i soldi li voleva prima, altrimenti niente trombone; la cosa minacciava di diventare grave, ma la faccenda si accomodò; si misero persone influenti per lo mezzo e la banda fece la sua prima discesa suonando la marcia di S. Biagio. Intanto l’ora si avanzava: il Presidente doveva essere vicino ed allora cominciarono a radunarsi le prime bandiere e le prime bottiglie per il rinfresco; ad onor del vero si radunarono prima le bottiglie. Verso le undici erano tutti pronti: le bandiere, una discreta folla, le bottiglie ed i cartelli di protesta. Poiché non mancavano nemmeno i cartelli di protesta che sotto l’abile guida di un regista, dovevano dare il giusto tono. Quando l'attesa cominciava a farsi lunga s'alzò una voce: arriva, arriva! La banda attaccò, le bandiere ondeggiarono, i cartelli si misero a danzare, la folla gridò; era invece il camioncino del pesce, e don Vincenzo «u catanisi» a scanso di equivoci gridò ben forte che il merluzzo era a quattrocento lire. L'entusiasmo si ammosciò ben presto e la gente se la cominciò a squagliare. Finalmente con staffette, portaordini, seguito e ancora seguito arrivò il Presidente. Aveva una fretta del diavolo e non volle nemmeno sentir parlare di rinfresco; disse due parole così alla buona e se ne partì preceduto da staffette, portaordini, trascinandosi appresso il seguito che frattanto aumentava. Infatti lo seguimmo anche noi alla volta di Randazzo. La mezza era già passata da un pezzo e il Presidente, a giudicare dalla velocità della sua macchina, doveva avere appetito e così in poco più di mezz'ora arrivammo a Randazzo. Qui v'era meno gente ad aspettarlo, ma in compenso lo trattarono con più familiarità. Anzitutto i manifesti con cui gli si dava il benvenuto lo chiamavano fraternamente Peppino, e poi non c'era la banda, e poi non spararono nemmeno un mortaretto. Anche il Sindaco doveva star sulle spine perchè aveva fatto preparare il cioccolatto e si era raffreddato. Nel salone dove il Presidente; teneva il convegno, gran confusione: consiglieri, preti, guardie municipali, invitati si assiepavano, si davano gomitate, facevano un baccano del diavolo; dall'alto di una poltrona una guardia sì sbracciava a far gesti per sapere se poteva far rimettere al caldo il cioccolatto: il sindaco lo frenò con un gesto e con un'occhiataccia. Frattanto si faceva sempre più tardi e l'appetito e gli sbadigli del Presidente aumentavano e quelli di Randazzo non si mettevano mai d'accordo; quando sembrava che si fosse arrivato alla conclusione sul problema dell'acquedotto saltava fuori un altro con un altra proposta. Il Presidente guardava l’orologio e cercava di riassumere, ma non c'era niente da fare; alle due e mezza la discussione continuava ancora e il cioccolatto non veniva. Gli sbadigli erano generali. Passò ancora un'altra mezz'oretta e, come Dio volle, una certa intesa si raggiunse e il cioccolatto arrivò. In due minuti le tazze furono vuote e le macchine saettavano verso Acireale... verso il pranzo Sulla via del ritorno, lo stomaco vuoto, il pensiero alle bottiglie rimaste a Bronte, il dottor Malgioglio era malinconico. [Il Ciclope, numero 10 (29), Domenica 26 Ottobre 1947, direttore Giuseppe Bonina]
1948
Curiosità elettorali Erano state le prime elezioni politiche dopo la caduta del Fascismo e la campagna elettorale era stata tutta improntata sul pericolo comunista e sull'obbligo di andare a votare (chi non vota compie peccato mortale, ebbe a dire Pio XII). I candidati brontesi furono l'on. Vincenzo Saitta, il dott. Biagio Pecorino e gli avvocati Luigi Castiglione, Antonino Isola e Giovanni Gorgone e il dott. Longhitano. Il Dott. Pecorino e il 21 - «Non c’è più onestità» Via! L'abbiamo passata bella, il 18 e il 19 Aprile, giornate campali e fatidiche, sono passati senza aver provocare quel finimondo che era lecito attendersi, seguendo le parole di certi infuocati oratori, troppo interessati a far spaurire il povero cittadino, e che ciascuno in cuor suo ardentemente scongiurava. Noi Brontesi poi non solo l'abbiamo scampata bella, ma anche ce la siamo un pò spassata, perchè, in certi momenti le votazioni si trasformarono in un vero e proprio spettacolo di varietà, in cui l'ignoranza, troppo diffusa, e il sentimento religioso, troppo sentito, (di questo assai contenti, di quella assai dolenti) giocarono il ruolo di assoluti protagonisti, a tutto vantaggio della Democrazia Cristiana, con la conseguente quasi polverizzazione degli altri partiti in lizza. Non ne sa qualche cosa lei, egregio Dott. Pecorino? Il suo partito, il M.S.I., caro dottore, è cattolico, è dell'ordine, di tutto quel che si vuole, ma non è democratico cristiano. E allora Lei si è preoccupato di trasportare gente malata, impossibilitata a muoversi, con la sua bella automobile, per farsi dare un voto di lista ed uno di preferenza, e invece a chi ha dato la sua fiducia quella gente? Alla Democrazia Cristiana e a Scelba e alla Nicotra Fiorini, o almeno, conciliando l'inconciliabile, il voto di lista allo scudo crociato e quello di preferenza «o ditturi Picurinu», scrivendo il fatidico 21 e giovando così al Sig. Santangelo di Adrano che essendo costui il N. 21 della lista del Bianco Fiore, ha preso tanti voti senza aspettarseli. A sentirla parlare questa gente, malata e no, che così aveva votato, facendo un favore alla Religione e a Pecorino, c’era da ammattire! Una donna, alle obiezioni mossele, così se ne uscì: E alla fin fine, Don Pippinu 'Nterdonatu e u dutturi Picurinu, non sunu amici e non si ponu mittiri r'accordiu? Su spartunu commu du frati, basta chi non venunu i comonisti. Questi benedetti comunisti! Era tanta la paura di essi che tanti e tanti non si fidarono per l’occasione della loro magnifica vista (Lince di certo, non ci vedeva quanto loro) e si fecero fare un certificato medico «per catarratta» per farsi accompagnare da qualcuno o qualcuna che sapesse segnare il cerchietto desiderato! E una donna addirittura divenne, per virtù di certificato medico, paralitica alle mani, ma quando il Presidente del Seggio le chiese allora come e con che cosa mangiasse: «Ma cu chisti» levando le mani verso l'interlocutore) «signù»! Ma a dare un'idea precisa di quali sentimenti fossero piene le menti delle nostre donne e dei nostri contadini, basti citare il caso di una donna che nel mentre che votava, per un caso che riguarda il suo organismo, venne colpita da paralisi in tutto il lato destro compresa naturalmente la mano, e allora tutti o tutte a sussurrare che stava votando per «Garibaldi» e che Gesù Cristo l'aveva per questo punita. E così Garibaldi portando gramo alla lista recante la sua effige, portò gran fortuna allo scudo perché nessuno (esclusi, logicamente i compagni) si azzardò a guardare la faccia dell'eroe dei due mondi. A guardare la faccia dei compagni, smontati dall’atmosfera bianco-rosea (dov'era andato a finire l'80 per cento dei voti per la faccia di Baffone, poveri seguaci del Prode) c'era far ridere Gennaro Talamo, persino, notoriamente restio al riso, chissà perchè! Uno gridava continuamente: «Non c'è onestità più così, sono tutti voti incoscienti (diceva proprio così) quelli che vanno alla democrazia una volta facendosi il segno della croce (aveva lasciata la porta della cabina aperta), un'altra per il Papa, un'altra ancora per Padre Longhitano! non c'è più onestità!» Consolati, compagno, come si consolò quell'altro tuo compagno scrutatore che si vendicava della vittoria della Reazione (in agguato, sempre, vero?) non nominando mai il nome di Scelba e non gridando i suoi voti di preferenza e pensa a sperare sempre, perchè la speranza è l'ultima a morire e se anche non verrà mai il giorno da te sospirato, avrai sempre l’illusione che esso possa prima o dopo arrivare. Che vuoi di più? [emme] [Il Ciclope, anno III - numero 9, Domenica 2 Maggio 1948, direttore Giuseppe Bonina]
1948: L'asfalto dell'epoca: ghiaia e creta
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