3. Mastri d’ascia ed ebanisti Le immagini della pagina precedente del
portone di casa De Luca ci ricordano i “mastri
d’ascia”, falegnami di porte e infissi, e i rifiniti ebanisti di cui si riporta
un metodo di lavorazione (foto 16): assemblavano i cassetti con le cosiddette
“code di rondine”, un sistema d’incastro con colla a caldo, che nel 1885 erano
rette mentre nel 1900 troviamo nella forma trapezoidale.
Era un perfezionamento,
la modifica di un particolare nascosto con cui un artigiano si distingueva da un
altro.
L’anno 1885 è ricavato dall’osservazione di mobili ancora esistenti descritti
in un atto dotale redatto dal notaio Luigi Pace (foto 17) in cui si legge che
oltre il corredo e la casa dati in dote alla futura sposa, c’è la “dote” del
futuro sposo che insieme al pistacchieto comprendeva i mobili.
Per il materiale gli artigiani si rifornivano generalmente a Catania dove mastro
Nicola Lupo, falegname, incontrò lo scultore
Simone Ronsisvalle di Adrano il
quale realizzò le parti scultoree del catafalco (foto 18, 19) della
Confraternita Maria Ss. della Misericordia della chiesa di S. Silvestro (‘a
Batia), a incastro e smontabile per essere montato solo in occasione della
celebrazione del funerale di un “fratello” della confraternita.
Emerge l’insegnamento del Capizzi: l’umiltà di mastro Nicola Lupo nel chiedere
la collaborazione di Ronsisvalle il quale, a Bronte, aprì una scuola privata di
disegno dove Nunzio Sciavarrello, figlio di barbiere, andò a imparare l’arte.
Ronsisvalle collaborò con altri ebanisti brontesi, fra cui Nunzio Di Bella,
realizzando nella sua bottega dei portoni di
straordinaria bellezza (nella foto
20 due esempi) per gli inserti
scultorei in essi presenti (foto 21a-d, 23, 24).
Di Bella fu anche il primo inventore della macchina in legno per smallare i
pistacchi (nella foto 25 con un prototipo).
4.
Fabbri
I fabbri ci hanno lasciato tanti manufatti e alcuni ci stimolano ad andare oltre
la superficiale osservazione, come la ringhiera della foto 26 che qualcuno
ricorda sia stata realizzata dai Politi: è un misto di floreale e geometrico.
L’evoluzione verso la modernità.
I due catenacci della foto 27 appartengono a due famiglie diverse.
Sono comuni
nella fattura ma un particolare, i chiodi di rame, fa dedurre che siano stati
realizzati dallo stesso fabbro che ha voluto unire alla sicurezza l’estetica.
Un piccolo lucchetto (foto 28) che chiudeva il cancelletto dei cani da caccia,
ha in rilievo un cane ed è stato realizzato dal fabbro Luigi Mavica che ha
voluto distinguersi dai comuni esecutori di catenacci
per essere autore e chissà forse anche artista.
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