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L'economia brontese

Il Pistacchio verde di Bronte

Bronte, capitale italiana del pistacchio

Le foto dell'«oro di Bronte»

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Il "Pistacchio verde di Bronte"

la Raccolta

La raccolta del pistacchio brontese è biennale e viene fatta negli anni dispari, tra la fine di agosto e gli inizi di settembre. Ogni pianta produce da 5 a 15 Kg di tignosella (così è chiamato il frutto smallato ed asciugato) con punte massime di 20-30 Kg.. Negli anni di non raccolta, quelli pari, "di scarica" per i coltivatori, si procede alla cosiddetta potatura verde (le gemme in fase di crescita vengono tolte a mano).

La potatura verde è una tradizione che si perde nella notte dei tempi, probabilmente risalente alla dominazione araba.
Si tramanda da padre in figlio senza soluzione di continuità. Testimonianza di una cultura, quella contadina, secondo cui, grazie al "riposo", la pianta assorbe dal terreno lavico le sostanze necessarie per produrre un frutto più ricco di aromi e pieno sapori inconfondibili.

In questi ultimi anni, andando controtendenza, qualche coltiva­tore ha rotto con il passato: negli anni pari non ha tolto le gem­me dalle piante, lasciandole fruttificare. Gli esiti però non hanno convinto del tutto e la bontà del tentativo è molto discus­sa anche perchè, si sostiene, aumenta il rischio di incenti­vare particolari malattie delle piante o di non interrompere il ciclo biologico di insetti particolarmente dannosi nella coltivazione.

Ogni due anni (quelli dispari) si raccolgono a Bronte oltre 30 mila quintali di pistacchi che rappresentano appena l’1% della produzione mondiale ma, per Bronte, l'elemento economico più significativo sia per la superficie a coltura interessata che per il rilevante valore della produzione.

Anche a causa dell’ambiente impervio e scosceso nel quale è coltivata la pianta, del pericolo di dispersione del frutto fra le "sciarelle" dei "lochi", la raccolta comporta un notevole impiego di costosa manodopera.

E' ancora fatta in modo totalmente manuale direttamente dagli alberi facendo cadere i frutti dentro un contenitore portato a spalla o scuotendo i rami per raccogliere i frutti su teli stesi ai piedi delle piante o, in alcuni casi, anche con l’uso di un ombrello capovolto.
Un gioco veloce di mani pazienti e macchiate dall'abbondante resina dei rami, una festa e una fatica tanto attese, alle quali con diversi compiti partecipa tutta la famiglia, donne, nonni e bambini compresi.

Dopo la raccolta il frutto mediante sfregamento meccanico viene "sgrollato" (sepa­rato dal mallo, l’involucro color bianco avorio, coriaceo che lo ricopre) ed asciugato per 3-4 giorni al sole in larghi spiazzi davanti alle case agricole.

Smallatura del pistacchio appena raccolto

Si ottiene così il pistacchio in guscio, localmente chiamato Tignosella, conservato dai produttori, in attesa di venderlo, in ambienti bui ed asciutti.

Dopo due anni di lavoro e di spese, la fatica del produttore è così finita. Per il prezzo trop­po basso, la costosa manodopera o un raccolto scarso spesso non si riesce a recuperare il grande impiego di energie fisiche e finanziarie. Nel 2000, ad esempio, per le avversità atmosferiche è andato perso il 60 per cento del prodotto.

La sgusciatura (la rimozione del guscio legnoso che racchiude il seme di pistacchio dal­l'endocarpo viola rossastro) è il passaggio successivo.

E' effettuata mediante lavorazione meccanica dalle cooperative o dai commercianti locali ai quali è conferito o venduto il prodotto."u sciffu"

Fino ad alcuni decenni fà la sgusciatura era ancora fatta ma­nual­mente nelle abitazioni dei produttori: con una pazienza infinita ed una rudimentale tecnica che utilizzava un grosso blocco di pietra lavica, vuoto all'interno ("u sciffu"), sul bordo del quale i pistacchi (ad uno ad uno) erano spezzati con rudimentali martelletti (pietre od altro).

Oggi la biennale fatica dei produttori termina con la "tignosella" (il pistacchio col guscio): per le operazioni di sgusciatura e di pelatura il frutto è convogliato dai produttori in centri di rac­colta o venduto alle aziende esportatrici.

Tali lavorazioni sono imposte dai paesi importatori e dalle esigenze delle industrie dolciarie e conserviere. Infatti, proprio in funzione del suo colore verde vivo (un vero e proprio marchio), il pistacchio brontese è oggi commercializzato quasi prevalen­temente in condizione di "pelato".

La pelatura, cioè la rimozione dell'endocarpo (la sottile pelle di colore viola rossa­stro) rappresenta la fase più delicata del processo di prima trasformazione.

L’impianto utilizzato è costituito da uno “scottatore” dove il seme viene pelato, facendolo sostare per alcuni minuti in acqua calda (circa 90 C°). A seguito di ciò, la pellicola che avvolge il seme si rigonfia e successivamente, passando attraverso cilindri gommati che ruotano per sfregamento, viene lacerata e distaccata.

Altra fase è quella della selezione del prodotto: il pelato viene convogliato in apposite mac­chine a fibre ottiche che riconoscono la differenza tra il seme pelato e quello non pelato.

Dalla macchina a fibre ottiche, il seme viene inviato, per caduta, in un banco da lavoro per essere sottoposto ad una selezione successiva da parte di personale specializzato.

Pistacchio pelato in cartoni da 12,5 Kg pronto per l'esportazioneI verdi pistacchi passano quindi attraverso un complesso circuito di essiccazione a bassa velocità e da questo nella macchina selezionatrice elettronica che scarta gli eventuali acini di colore improprio.

Il confezionamento del prodotto ormai asciutto (con una umidità del 4-5%) è fatto in cartoni da 12,5 Kg..

Il ciclo di lavorazione è concluso.

In ambiente fresco e secco il prodotto conserva il suo colore per diversi mesi, che invece dopo la prolungata sosta tende a sbiadire. Proprio per questo le Cooperative e gli esportatori pelano soltanto su ordinazione e non tengono scorte di "pistacchio pelato" in quanto il pistacchio sgusciato e non ancora pelato può essere conservato in frigorifero per ben oltre un anno senza perdere alcuna delle sue peculiarità.

Sono trascorsi due anni di lavoro e di attesa ma alla fine il risultato è il prezioso pistacchio di Bronte dal particolare colore verde smeraldo e dalle qualità organolettiche inconfondibili.

Il colore verde intenso dei cotiledoni, la forma allungata, il sapore aromatico e l'alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi dei frutti, sono difficilmente riscontrabili in altre aree di produzione.

Fanno riscuotere al pistacchio di Bronte una netta preferenza rispetto al prodotto di pro­venienza americana o asiatica, in massima parte, dai semi rotondi e di colore giallo, meno uniformemente verdi e spesso giallastri a causa di condizioni climatiche diverse, anche se il suo prezzo è sempre notevolmente inferiore a quello del prodotto brontese.

 

Tutta Bronte aspetta con ansia, ogni due anni, il me­se di settembre per racco­gliere i frutto di un lungo e faticoso lavoro.
La raccolta dura circa un mese. E sono trenta giorni durante i quali il corso Um­berto ("a chiazza") diventa lette­ralmente deser­to: tutti, giovani e vecchi, stu­denti ed impie­gati, donne e bam­bini, incu­ranti del cal­do, so­no nei "lochi" a scuo­tere i rami, a racco­gliere il pre­zioso frutto, a "sgrollarlo" ed a farlo amo­re­volmente essiccare.

PISTACCHI / SUPERFICI E PRODUZIONE
AnniSiciliaItalia
haq.lihag.li
2007
2008
2009
3.508
3.635
3.643
31.070
28.100
27.760
3.515
3.642
3.649
31.088
28.117
27.820

Fonte: elaborazioni su dati Istat

 
IMPORT EXPORT PISTACCHI
(anche sgusciati o decorticati)
AnniImport

euro/Kg

Exporteuro/Kg
QuantitàValore QuantitàValore 
2008
2009
2010*
103.192
104.723
60.064
512.273
620.764
452.496
4,96
5,93
7,53
9.372
7.597
4.129
85.190
75.725
52.624
9,09
9,97
12,74

Quantità in Kg. dati cumulati - Valori in euro - *Gennaio - Luglio

Fonte: elaborazioni su dati Ismea

E le "sciare" di Bronte si popolano, si risvegliano da un lungo letargo, si animano di gente festosa e diven­tano luogo di canti e di imponenti tavolate.


DOP pistacchio verde di Bronte   Disciplinare di produzione


 

La tipologia del terreno lavico impedisce l’intro­du­zione della meccaniz­za­zione: prevale sempre la fatica del contadino. Anche la raccolta è fatta in modo manuale con l’uso di teli o reti stesi ai piedi delle piante e, in alcuni casi, con ombrelli capovolti o con bisacce ap­pese al collo del con­tadino che scrollando il ramo ne fa cadere i frutti dentro.

RACCOLTA DEL PISTACCHIO DI BRONTE

Molta fatica di braccia e tanta, tanta buona volontà. Bi­so­gna poi raccogliere, con pazienza, ad uno ad uno, an­che i piccoli frutti che si sono dispersi sul terreno. Nell'ammirare la raccolta del pistac­chio, ci sembra quasi di ritornare indietro nel tem­po per accorgersi del grande con­trasto, dove dalla nera ed acumi­nata lava sorge «ner­vosa», ma piena di vita, la pianta del pistacchio.

Dopo raccolto, il frutto  deve essere subito sepa­rato ("sgrol­lato") dal mallo (l’involucro coria­ceo che lo rico­pre). La separazione e fatta me­diante sfrega­mento mec­ca­nico con una sem­pli­ce ma inge­gnosa macchina (com­posta da un rullo chiodato ed una rete metallica). Poi è messo ad asciugare sullo "stenditoio".

I pistacchi, ap­pena separati dal mallo, devono es­sic­care per due o tre giorni al sole per esse­re poi insaccati e  conservati in am­biente buio ed asciutto in atte­sa della vendita.

  

Pistacchio, essiccatoio meccanicoA Bronte il ciclo post raccolta è di tipo tradizionale. Dopo la raccolta i frutti vengono smallati e quindi stesi al sole, per 4-5 giorni per essere essiccati. In alcuni casi il processo di “asciugatura” si fa in 2-3 giorni sotto tunnel coperti con materiali plastici.

Recenti indagini condotte su campioni di frutti di “Bianca di Bronte”, hanno consentito di rilevare che è possibile procedere all’es­sic­cazione dei frutti in modo alternativo a quello tradizionale, attraverso l’impiego di essiccatoi “meccanici” in corrente di aria cal­da.

Preme sottolineare che le temperature di essiccazione adottate (40-50 °C) non devono discostarsi eccessiva­mente da quelle che i frut­ti possono raggiungere nelle condizioni di essiccazione naturale, infatti, temperature prossime a 60 o C possono esser causa di altera­zioni della clorofilla, delle proteine, degli acidi grassi, degli steroli e dei tocoferoli. Analisi su frutti di “Bianca” a confronto con “Larnaka” e “Kerman”, essiccati al sole per 5 giorni e conservati (12 e 18 mesi dopo la rac­colta), hanno messo in evidenza, a favore dei frutti di “Bianca di Bronte”, un maggior contenuto di clorofilla totale, il 70% della quale è rappresentato dalla “clorofilla A”.

Tale risultato rappresenta la conferma scientifica ad osservazioni empiriche sulle peculiarità cromatiche dei cotiledoni della cultivar  siciliana. Sembra inoltre opportuno segnalare che la concentrazione di clorofilla rilevata nei pistacchi della “Bianca di Bronte” si è mantenuta pressoché costante anche durante il periodo di conservazione. (Fonte Following Pistachio Footprints, Novembre 2008


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