Si ottiene così il pistacchio in guscio, localmente chiamato Tignosella, conservato dai produttori, in attesa di venderlo, in ambienti bui ed asciutti. Dopo due anni di lavoro e di spese, la fatica del produttore è così finita. Per il prezzo troppo basso, la costosa manodopera o un raccolto scarso spesso non si riesce a recuperare il grande impiego di energie fisiche e finanziarie. Nel 2000, ad esempio, per le avversità atmosferiche è andato perso il 60 per cento del prodotto. La sgusciatura (la rimozione del guscio legnoso che racchiude il seme di pistacchio dall'endocarpo viola rossastro) è il passaggio successivo. E' effettuata mediante lavorazione meccanica dalle cooperative o dai commercianti locali ai quali è conferito o venduto il prodotto. Fino ad alcuni decenni fà la sgusciatura era ancora fatta manualmente nelle abitazioni dei produttori: con una pazienza infinita ed una rudimentale tecnica che utilizzava un grosso blocco di pietra lavica, vuoto all'interno ("u sciffu"), sul bordo del quale i pistacchi (ad uno ad uno) erano spezzati con rudimentali martelletti (pietre od altro). Oggi la biennale fatica dei produttori termina con la "tignosella" (il pistacchio col guscio): per le operazioni di sgusciatura e di pelatura il frutto è convogliato dai produttori in centri di raccolta o venduto alle aziende esportatrici. Tali lavorazioni sono imposte dai paesi importatori e dalle esigenze delle industrie dolciarie e conserviere. Infatti, proprio in funzione del suo colore verde vivo (un vero e proprio marchio), il pistacchio brontese è oggi commercializzato quasi prevalentemente in condizione di "pelato". La pelatura, cioè la rimozione dell'endocarpo (la sottile pelle di colore viola rossastro) rappresenta la fase più delicata del processo di prima trasformazione. L’impianto utilizzato è costituito da uno “scottatore” dove il seme viene pelato, facendolo sostare per alcuni minuti in acqua calda (circa 90 C°). A seguito di ciò, la pellicola che avvolge il seme si rigonfia e successivamente, passando attraverso cilindri gommati che ruotano per sfregamento, viene lacerata e distaccata. Altra fase è quella della selezione del prodotto: il pelato viene convogliato in apposite macchine a fibre ottiche che riconoscono la differenza tra il seme pelato e quello non pelato. Dalla macchina a fibre ottiche, il seme viene inviato, per caduta, in un banco da lavoro per essere sottoposto ad una selezione successiva da parte di personale specializzato. I verdi pistacchi passano quindi attraverso un complesso circuito di essiccazione a bassa velocità e da questo nella macchina selezionatrice elettronica che scarta gli eventuali acini di colore improprio. Il confezionamento del prodotto ormai asciutto (con una umidità del 4-5%) è fatto in cartoni da 12,5 Kg.. Il ciclo di lavorazione è concluso. In ambiente fresco e secco il prodotto conserva il suo colore per diversi mesi, che invece dopo la prolungata sosta tende a sbiadire. Proprio per questo le Cooperative e gli esportatori pelano soltanto su ordinazione e non tengono scorte di "pistacchio pelato" in quanto il pistacchio sgusciato e non ancora pelato può essere conservato in frigorifero per ben oltre un anno senza perdere alcuna delle sue peculiarità. Sono trascorsi due anni di lavoro e di attesa ma alla fine il risultato è il prezioso pistacchio di Bronte dal particolare colore verde smeraldo e dalle qualità organolettiche inconfondibili. Il colore verde intenso dei cotiledoni, la forma allungata, il sapore aromatico e l'alto contenuto in acidi grassi monoinsaturi dei frutti, sono difficilmente riscontrabili in altre aree di produzione. Fanno riscuotere al pistacchio di Bronte una netta preferenza rispetto al prodotto di provenienza americana o asiatica, in massima parte, dai semi rotondi e di colore giallo, meno uniformemente verdi e spesso giallastri a causa di condizioni climatiche diverse, anche se il suo prezzo è sempre notevolmente inferiore a quello del prodotto brontese.
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