LE CARTE, I LUOGHI,  LA MEMORIA...

Mario Lupo, chimico e professsore

Personaggi illustri di Bronte, insieme

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Mise in gioco tutta la sua Esistenza al servizio di un'Idea: Migliorare la sua terra

Mario Lupo

Cultura, impegno politico e sociale, laicismo

Mario Lupo, è nato a Bronte nel 1904 in una famiglia artigiana. Dopo aver frequentato il locale ginnasio e il liceo classico di Adrano si è laureto in Chimica Pura presso l’università di Bologna nel 1928, avendo avuto come maestri, tra gli altri, i professori Levi e Padovani.

E' stato professore di scienze naturali a Bronte presso il Liceo Capizzi; pubbli­cista e scrittore, uomo politico (è stato consigliere comunale e vice sindaco di Bronte negli anni di Vincenzo Castiglione ed Antonino Venia) ma, sopratutto, ha lasciato ricordi di persona dalla grande dirittura morale ed umanità.

Chimico molto noto ed affermato, è ricordato come un instancabile promotore dello sviluppo socio-economico di Bronte che lui vedeva soprattutto nello sfrutta­mento dei giacimenti petroliferi del territorio brontese.

Con anticipazione e intuito, nel dopoguerra (1950 -1964) fu il primo a parlare dei giacimenti petroliferi del terri­torio di Bronte e dell’Isola (li definiva la "petroliferità della Sicilia") sviluppando idee e ipotesi che dovevano essere volano di sviluppo economico-sociale.

Fu il primo anche ad intuire e a parlare delle manifestazioni petrolifere della con­trada San Nicola (il "fuoco di San Nicola") e della zona di Gioitto ("Idrocarburi in libertà - Bronte centro petrolifero", Giannotta Editore, Catania, 1962).
"Col nome "giuittu", scriveva, gli Arabi denominarono il bitume nero. Conobbero forse la manifestazione di idrocarburi in contrada Gioitto alla quale diedero il nome?"

Già nel 1929, ricercatore solitario (qualcuno lo definì un "solista"), provava la "petroli­ferità" della Sicilia: spediva per analisi, alla Stazione Sperimentale per i Combustibili di Milano, i primi campioni prelevati nel territorio siciliano che venivano definiti "sicuramente di origine petrolifera".

Nel 1929 aveva 25 anni ed ultimati gli studi universitari nella Regia Università di Bologna (dove si era laureato in Chimica pura nell'anno accademico 1927/28), si trasferisce a Milano in cerca di lavoro nel settore chimico industriale.
I suoi ex illustri professori, Mario G. Levi e Carlo Padovani, che lasciata l'univer­sità diri­ge­vano l'Istituto di Chimica Industriale del Politecnico di Milano (a quel tempo il più importante centro italiano di studi e di ricerche nel campo della chimica applicata), lo inserirono, giovane neolaureato, come assistente nel gruppo di ricerca sulla benzina sintetica.

La scuola era un centro fervente di studi e di ricerche nei campi più svariati della chi­mica applicata: in questo ambiente Mario Lupo intravide la possibilità di provare un suo pensiero fisso: l’esistenza del petrolio a Bronte dove in alcune contrade (particolar­mente nei pressi di “S. Nicola”), era possibile spesso assistere allo sprigionarsi dal suolo di fiamme.
La credenza popolare parlava di fiamme provenienti dall'inferno o di fuoco dell'Etna, ma il giovane chimico si rese conto che si trattava di fenomeni dovuti all’emissione di gas combustibili. Ne parlò con i suoi professori che gli fornirono le apparecchiature per il prelievo.

Nell'estate del 1929 si mette al lavoro: preleva campioni di gas in contrada S. Nico­la e in contrada Gioitto e li spedisce all'Istituto di Chimica Industriale del Politecnico di Mila­no. Pochi mesi dopo il prof. Padovani, con lettera del 28 novembre 1929, nel congratu­larsi per l’intuito, comunicava i risultati delle analisi dei gas prelevati, definendoli “bel­lis­simi” e di indubbia origine petrolifera.

Il suo "primo amore di tecnico”, il metano di Bronte, aveva avuto il giusto riconosci­mento. Nutriva una grande speranza: che il metano di Bronte costituisse la molla per il grande decollo del nostro paese verso un migliore sviluppo sociale ed econo­mico. La sua azione divulgativa ed il suo interessamento diretto avevano, infatti, contribuito a richia­mare l'interesse di tecnici e politici sul metano di Bronte.

Dovevano passare, però, dieci anni da quella prima «piccola ricerca di super­ficie» per­chè l'AGIP nel 1939 desse inizio alla prima vera ricerca in profondità.
A «Gioitto» e «Serravalle» vengono trovate modeste quantità di gas e di petrolio.

Fu il primo petrolio di Sicilia estratto con metodi razionali e figurò in tutte le mostre minerarie del tempo con la scritta «Petrolio di Gioitto (Bronte)».

Le indi­cazioni del dott. Mario Lupo erano state positive, il suo impegno aveva contri­buito ad attivare la grande speranza, anche se, in effetti, i risultati erano stati modesti.

Intanto era scoppiata la guerra: «Gioitto» e «Serravalle» divennero obiettivi militari; nell'agosto del 1941 furono bombardati, ma gli impianti non subiscono danni.

Cessata la guerra, cessò anche la prima grande avventura petrolifera di Bronte.

Intanto Mario Lupo aveva iniziato un periodo intenso di viaggi di studio e di lavoro: si reca prima in Africa, poi a Ferrara. Ritornato a Milano lavora come ricercatore presso l'industria chimica Le Petit. Succes­sivamente, nominato Vice-Direttore di una fabbrica della Montecatini che produce concimi chimici, si trasferisce ad Aviglione. Durante il periodo bellico la fabbrica passa alla produzione di esplosivi: ritorna a Milano alla «Le Petit».

Nel 1947, dopo le drammatiche vicende della guerra, che gli aveva raso al suolo la casa di famiglia, Mario Lupo fece definitivamente rientro a Bronte, dove divenne professore di scienze naturali presso il Liceo del Real Collegio Capizzi: una pro­fessione, questa, che da quel momento gli consentì di dedicarsi anima e corpo, quasi a tempo pieno, alla promozione economica e sociale della sua amatissima terra.
Riprende con più slancio i suoi studi sul metano e sul petrolio di Bronte e continua la sua azione divulgativa, atta, innanzitutto, a destare una "coscienza petrolifera” nella sua gente e, ancora una volta, a richiamare sul territorio di Bronte l'attenzione e l'intervento delle grandi società di ricerche petrolifere.

 

1928: Regia Uni­ver­sità di Bolo­gna, Lau­rean­di in Chi­mica pura nel­l'anno acca­de­mi­co 1927/28: Mario Lupo è il primo dei laureandi in alto a destra.

Uno dei suoi pro­fes­sori, l'illustre Carlo Padovani, così scri­veva nel 1982:  «Fa un certo effetto ritro­varsi un ex allievo che ha passato i 70 anni. Dopo una comunanza di interessi (di spirito e di intellet­to) da quasi mezzo secolo, lo si ritrova sempre con la stessa (pur prova­tissima) fede della gioventù nel­l'avvenire petrolifero della sua Sicilia, della sua Bronte.»

 

«Il petrolio significava una pacifica rivoluzione; la rivolu­zione industriale ed economica che avreb­be mutato il vol­to della mia terra; signifi­cava un av­ve­nire migliore.

Significava la rinasci­ta: vale­va la pena di dedi­carvi le mie modeste fati­che di tecnico alla pri­ma esperienza profes­sionale, il primo amore.
E fu, per la verità, una azione persi­stente nel ricer­ca­re da solitario la via del petrolio: un'azio­ne com­posita che giudi­cai civile e sociale, fra tec­nica, giorna­lismo e politica». (Mario Lupo)
 

Mario Lupo e Fortunato Attinà

1960: Il professore Mario Lupo (a sinistra) nel 1960. A destra nella foto l'avv. Fortunato Attinà, Vice-Sindaco di Bronte nello stesso pe­rio­do; al centro il figlio di quest'ul­timo, Francesco Attinà.
 

1962: Mario Lupo attorniato dai professori e dagli alun­ni del Real Collegio Capizzi. Alla sua destra il prof. Nino Russo (Acquavitari). Sulla destra della foto l'avv. prof. Nunzio Me­li («u zzù Nonziu», lo zio Nunzio, così chia­mato amichevol­mente dagli alunni) allora preside del Liceo e sindaco di Bronte.

 

1956: Il prof. Ma­rio Lupo ac­canto ad un pozzo attivo di estra­zione di metano nei pressi di Bron­te. «Quan­do si semi­na l'im­por­tante è che qual­cuno raccol­ga. Se non sare­mo noi a festeg­giare la realtà sognata, saranno i nostri figli o nipoti» (Mario Lupo).



Su Mario Lupo hanno scritto:

Mariano (Mario) Ciraldo, Gaetano Longhitano, Nino Russo

In un articolo pubblicato in prima pagina dal "Corriere di Sicilia” del 3 agosto 1949, dal titolo «Bronte centro petrolifero», fra l'altro, scriveva: «… crediamo nostro dovere, ancora una volta, richiamare l'attenzione delle autorità, degli enti, della stampa, dei cittadini, al fine di riuscire insieme a creare e diffondere quella tale "mentalità petro­lifera”, senza la quale il nostro petrolio continuerà a rimanere nelle viscere della terra».

Nell’ articolo era riportata anche, per la prima volta, una cartina dimostrativa della centralità di Bronte rispetto ad una vasta area indiziata a idrocarburi.

Era convinto che la scienza deve essere messa al servizio della collettività, che l'in­tellettuale nella società deve ricoprire un ruolo importante per i processi di rinnova­mento e che era indispensabile la figura del "tecnico-politico” negli organismi amministrativi degli Enti Locali. Sorretto da queste convinzioni, agli inizi degli anni '50, cominciò ad impegnarsi atti­vamente in politica. Ma resterà sempre un laico, non prenderà mai la tessera di nessun partito, anche se si sentiva vicino ai partiti di sinistra ed al PCI in particolare.

È eletto Consigliere comunale una prima volta nella lista «Blocco del Popolo», successi­vamente come indipen­dente nella lista del P.C.I. ed infine nella lista "Rinascita», che non a caso aveva come simbolo una trivella.

Dal 1956 al 1962 ricoprì anche la carica di Vice Sindaco nella Giunta guidata dal socialista Vincenzo Castiglione. La politica gli serviva per realizzare una sua grande spe­ranza: che il metano di Bronte costituisse la molla per il grande decollo del nostro paese verso un sviluppo sociale ed economico.

E ancora una volta le sue sollecitazioni avevano un seguito: nel 1955, con una seconda ricerca condotta dall'A.R.P.E. in contrada ”Contarade", vengono raggiunti i 1438 metri di profondità e si calcola una erogazione di 80.000 metri cubi al giorno di gas, ma il pozzo non venne messo in produzione.

Nel 1956, in occasione della campagna elettorale per il rinnovo dell’Amministrazione Comunale, in una conferenza pubblica, il Mario Lupo, fra le altre cose diceva: «Il petrolio costituisce il problema dei problemi... il proble­ma del petrolio potrà essere determinante e risolutivo dei nostri più scottanti e vitali problemi econo­mici: gli idro­carburi, infatti, costituiscono fonti preziose di energia a basso costo e di materie prime per l'indu­stria. Anche a Bronte potrebbero nascere industrie ove trovare lavoro braccianti, operai, studenti, professionisti, impiegati: ciò costituirebbe veramente la rinascita del nostro paese. In tale direzione le future Amministrazioni Comunali dovranno agire...».

Ed in questa direzione si mosse come Vice Sindaco; sia con interventi personali, sia con azioni ufficiali rivolte agli organi competenti regionali ed aventi tutti il medesimo scopo: lo sfruttamento del metano rinvenuto dall'ARPE e l'intensificazione delle ricerche nella nostra zona, convinto che il metano avrebbe sicuramente portato ricchezza al nostro paese.

Prof. Mario Lupo, chimico bronteseNel marzo del 1961, inizia una terza ricerca condotta dall'AGIP in contrada «Erbe Bian­che». In quel­l’occasione, Mario Lupo, vice sindaco per la seconda volta, così scriveva ad Enrico Mattei, presidente dell'ENI: «Una grande speranza, oggi, si riaccende nell'animo dei cittadini di Bronte; speranza per lunghi anni nutrita e che ha un nome: idrocarburi; speranza per il ritrovamento, l'estrazione e l'utilizzazione… speranza che certamente si tramuterà in luminosa realtà... La nostra popolazione è convinta che la società AGIP oggi ritorna dopo quasi quindici anni, potenziata e rinnovata, col preciso intento di portare alla luce il prezioso minerale e, con esso, imprimere un più moderno impulso allo sviluppo economico e sociale di queste contrade».

Questa volta la grande avventura del metano di Bronte diventa realtà: nell'ottobre del 1967 il gas estratto a Bronte, attraverso un metanodotto arriva a Catania, dove comincerà ad essere utilizzato in attività industriali.

Mario Lupo capisce che è giunto il momento di intensificare la lotta. Si rende conto che è necessario passare dall'azione divulgativa e dalle richieste generiche all'azione pro­pulsiva, alla lotta perchè questa enorme ricchezza del nostro sottosuolo si trasformasse in strumento di benessere economico e di progresso civile per la popolazione.

Capisce, altresì, che per raggiungere questo obiettivo non sono sufficienti i canali ordinari della politica, ma bisogna costruire un grande movimento democratico di base.
Si fa promotore di dibattiti atti a sensibilizzare i suoi concittadini.

Costituisce nel 1968 un “comitato cittadino" ed organizza, come Presidente del Comi­tato, un “Convegno regionale tecnico-politico per lo sviluppo economico e sociale di Bronte" al quale partecipano alte personalità della politica, del mondo del lavoro, della tecnica e della cultura.
”I brontesi non vogliono più emigrare”, “Bronte unanime e compatta chiede il suo inserimento nel circuito della industrializzazione della Sicilia”, "Mille posti di lavoro per Bronte”, erano queste le parole d'ordine gridate a viva forza e erano questi i temi del Convegno.

È con profonda amarezza che rileggiamo quanto egli scrisse nel 1976 a pag. 42 del secondo volume di “Idrocarburi in libertà”: «Pur­troppo le speranze di rinascita dei nostri concittadini scaturite dal Convegno anda­vano disattese: evidentemente quel Conve­gno non era riuscito gradito alla parte più retriva del potere politico che tutto insabbiò in maniera la più speciosa e qualunquista. Quel Conve­gno, forse fece paura al piccolo potere paesano e a quello regionale; venne forse considerato una sfida al conserva­torismo e all'incultura di sempre. E fu una sfida fallita».

Fallita la possibilità di inserire Bronte in un programma di industrializzazione della Sicilia, si fa promotore di un provvedimento legislativo che assegni a Bronte un congruo finanzia­mento straordinario in contropartita del metano giacente nel nostro sottosuolo. Il 28 novembre 1969, viene presentato alla Regione un disegno di legge a firma degli on. Camillo Bosco del PSIUP e Antonino Carbone del PCI che prevede l'assegnazione di 500 milioni per opere infrastrutturali. Nello stesso tempo, il Consiglio Comunale avanza alla «SNAM» la richiesta di conces­sione di 6000 metri cubi al giorno di metano per uso domestico ed artigianale.

La concessione della «SNAM» venne ottenuta, ma qualche tempo dopo venne ritirata per mancato utilizzo. Il disegno di legge sul finanziamento straordinario decadde con la chiusura anticipata della sesta legislatura. Fu ripresentato, sempre dietro pressione ed interessamento di Mario Lupo, nel 1972 a firma degli onorevoli Salvatore Corallo e Giuseppe La Micela del PCI. Ma solo in data 5 febbraio 1976 viene discusso e approvato dall'Assemblea Regionale Siciliana; dopo cioè sette anni dalla sua prima presentazione.

Nonostante i suoi studi, gli stimoli e l'azione persistente nel ricercare la via del petrolio Mario Lupo rimase però inascoltato: interlocutori beceri, non solo in ambito locale, non fecero nulla perchè quanto egli sosteneva con grande impegno e spirito di abnegazione si realizzas­se.

In un discorso pronunciato in Consiglio comunale il 30 gennaio 1971 così parlava Mario Lupo: «...a questo punto io credo che anche noi Brontesi dovremmo recitare il nostro «mea culpa», in quanto col nostro comportamento di indifferenza, di abulia, di apatia ci siamo lasciati sfuggire di mano una ricchezza che già potevamo utilizzare a vantaggio di tutta la collettività brontese; e ciò è tanto più grave in quanto una tale ricchezza non è riproducibile e quando sarà finita, sarà finita per sempre senza averne ricavato i benefici».

L'ordine del giorno di quella seduta era: «Dibattito sul metano di Bronte e nomina di una Commis­sione consi­liare da inviare alla Regione Siciliana per la impostazione e la soluzione dei problemi di cui trattasi», era stato proposto dal gruppo «Rinascita», la lista che nelle elezioni amministrative si era presentata col simbolo della trivella ed aveva avuto come capo lista il dott. Mario Lupo.

Oggi la ricerca, lo sfruttamento di campi petroliferi a Bronte ed in altre zone dell'Isola e la metanizzazione sono diventate realtà siciliane.
Nel territorio, ancora oggi, si continua a trivellare. Sono stati scoperti importanti giaci­menti di metano ricco di prodotti liquidi (gasolina) lavorati in un grande impianto di degasolinaggio costruito dall'Eni a qualche chilometro ai piedi di Bronte.

Da oltre 40 anni anche il gas estratto nel sottosuolo del nostro territorio, contribuisce al fabbisogno nazionale: inizialmente con un milione di metri cubi giornalieri e ancora oggi con i suoi 500.000 metri cubi di produzione al giorno.
Qualche merito va dato anche a Mario Lupo, illustre figlio di Bronte, anche se la città non è riuscita a trovare la strada dello "sviluppo petrolifero" da lui auspicato ma solo alcune royalty meta­nifere, certo un importante voce di bilancio, che la Regione dovrebbe assegnare annualmente al Comune.

In una manifestazione organizzata nel febbraio 2015 dalla nostra Associazione e tenutasi in suo ricordo nella Pinacoteca Nunzio Sciavar­rello il sindaco Firrarello ha promesso che la Zona artigianale di Bronte verrà intitolata al prof. Mario Lupo che, fra i tanti suoi meriti, ha anche quello di aver chiesto ed ottenuto il primo finanziamento per la sua realizzazione.

Alcune notizie sono state tratte dall'intervento fatto in Consiglio Comunale  dal prof. Gaetano Longhitano nella seduta commemorativa del 24 marzo 1986. Nelle quattro foto sopra: due immagini di Mario Lupo; Mario Lupo (al centro) fotografato davanti a una torre di perforazione in Contrada San Nicola a Bronte con tecnici e dirigenti dell'Eni e con il sindaco dell'epoca, Nunzio Meli (1962, primo a destra); perforazioni dell'Eni ai piedi di Bronte nel Marzo del 2004.

 

Il suo sogno

La Sicilia,  8 Marzo 1986Per raggiungere e veder realizzati i suoi sogni il prof. Ma­rio Lupo profuse le sue energie in mille modi: libri, articoli sulle co­lon­ne di quotidiani e riviste, lettere, petizioni, pro­poste, organizzazione di associazioni e di convegni, in­ter­venti nei pubblici dibattiti, sollecitazioni a uomini poli­tici della più varia estrazione.
Eppure, a dispetto di un impegno totale, le sue maggiori speranze furono disattese.

«E' morto senza veder realizzato il suo sogno del be­nes­se­re per la Sicilia - Aspetta solo di essere rac­col­to il testimo­ne lanciato dal prof. Lupo», così, po­chi giorni dopo la sua morte, titolava La Sicilia di sa­ba­to 8 Mar­zo 1986 in un ar­ticolo a firma dell'allora sindaco di Bronte Pino Firrarello.

"Esistono ancora - scrisse tra l'altro Firrarello - colo­ro che mettono in gioco tutta la loro esistenza al ser­vizio di una idea. Mario Lupo ne è un esempio lumino­so».

I suoi Scritti

"Ipotesi petrolifera" di Mario Lupo del 1949 su un territo­rio di 5.000 Kmq. La superficie ellittica rappresenta il com­prensorio metanifero di Bronte-Gagliano Castelferrato este­so per 1.000 kmq., messo in luce dalle grandi ricerche negli anni 1955-56.

Il triangolo degli idrocarburi siciliani descritto da Mario Lupo nel 1960 (da "Sicilia petrolifera - Petroliferità” del metano e del territo­rio di Bronte, Bronte 1982.

Fra gli altri scritti pubblicati da Mario Lupo ricordiamo: Idrocarburi in libertà, Catania 1962; Atti del Convegno Regionale Tecnico-Politico per lo svi­lup­po Economico e sociale di Bronte e del suo com-pren­sorio, Bronte 1968; Idrocarburi in libertà, vol. II, Catania 1976; Bronte: Motivi di riflessione per una ipotesi di conver­sio­ne da meno a più. Territorio e risorse, Catania 1979.

Indicava solu­zio­ni, guar­dando sempre allo sviluppo del nostro paese

«Siamo ricchi di terra, di acqua, di materie prime, di ener­gia di braccia e di intelletti; ma viviamo da strac­cioni». Idrocarburi, fonti energetiche, acqua, agri­coltura, indu­strializzazione, turismo, ecologia, cultura e sviluppo, auto­nomia regionale, furo­no i princi­pali temi degli inter­venti di Mario Lupo pub­blicati dalla stampa.
Nei suoi scritti come nella sua azione furono sempre pre­senti gli aspetti della sua personalità, impegno po­li­tico e sociale, laicismo, atteggiamento corretto che non sfiorò mai la polemica e, soprattutto, un grande dirittura morale ed una grande umanità.
«Preso da tensioni ideali – scriveva sull’Espresso Sera del 27 Gennaio 1983 -, anche lavorando di fantasie giovanili (o fantasticherie), nella Valle ove il Simeto inizia il suo corso, immaginavo torri d’acciaio (derriks) che perforavano e pompe che estraevano petrolio e metano; immaginavo una “fiamma” su una torre di raffineria, e una centrale elettrica, e fabbriche di prodotti chimici: immaginavo la disoccupazione eliminata, e una nuova era di benessere per Bronte e la zona circostante; il sole della rinascita spuntato da ponente, dicevo».

Così lo ricordava il prof. Gaetano Longhitano nella commemorazione fatta in Consiglio comu­nale il 24 marzo 1986 pochi giorni dopo la sua morte:

«Abbiamo riletto con attenzione i suoi libri come pure i più di cento articoli che ha pubbli­cato in varie riviste e quo­tidiani, sia a carattere locale che nazionale, e, dal 1929 a pochi giorni prima di morire, e non abbiamo tro­va­to mai ombra di polemica ma critica costrut­tiva finaliz­za­ta sempre a sollevare problemi e ad indicare solu­zio­ni, guar­dando sempre allo sviluppo del nostro paese.
Certo, spesso traspare tra gli scritti un senso di ama­rez­za che non diventa mai sconforto e pessimismo, perchè ebbe sempre la forza di guardare avanti: “e poi sarà gior­no”, aveva scritto in un suo articolo del 1966.
Amarezza per il clima di incomprensione che lo circon­dava, specie tra gli uomini del potere, e molto spesso tra quegli uomini di cultura a cui egli si rivolgeva in mo­do par­ticolare, ciente del ruolo importan­te che ha l'intellettuale nei processi di trasformazione della so­cietà.
Falliti tutti i tentativi per incanalare Bronte sulla via dello sviluppo, sente la necessità di fermarsi un attimo a riflet­tere sul perchè un paese ricco di risorse, continua a vi­ve­re nella miseria».
«Siamo ricchi - mi dice, poco tempo prima di morire, un giorno che sono andato a trovarlo a casa - siamo ricchi di terra, di acqua, di materie prime, di energia di braccia e di intelletti; ma viviamo da straccioni».





Chirurgo di fama internazionale

Giuseppe Grassi

Giuseppe Grassi, chirurgo (di Eugenio Driutti)Giuseppe Grassi (a destra in un bassorilievo di di Eugenio Driutti) è nato a Bronte nel gennaio del 1913 e morto a Roma nel 1980.
Persona di alta integrità morale è stato un eccellente chirurgo gastrointestinale di fama mondiale, appassionato ricercatore, redattore di articoli e organizzatore instancabile di seminari in Italia e all'estero.

Ha iniziato gli studi nel Real Collegio Capizzi completandoli a Roma con la Laurea conseguita con ottimi voti nel 1936. Nella stessa città, padiglione Morgagni dell’Ospedale San Camillo, dal 1940 al 1946 inizia la sua storia chirurgica e la carriera culminata come riconosciuto maestro e chirurgo di fama internazionale. A Roma fu assistente volontario per un anno del prof. Giovanni Perez.

Nel 1948 diede prova delle sue capacità tecniche frutto di un solido bagaglio culturale superando tutti gli altri candidati nel concorso per il posto di primario di chirurgia degli Ospedali di Trieste.
Poco dopo, nel 1949, ottenne in una sola sessione l'abilitazione all'insegnamento universitario presso il Dipartimento di Clinica Chirurgica, che all'epoca rappresentava un risultato eccezionale per un chirurgo ospedaliero di comunità.

Dopo questi anni di primariato a Trieste, nel 1961 vinse il concorso nazionale per titoli ed esami per il posto di primario chirurgo degli Ospedali Riuniti di Roma, dove si dedicò da subito allo studio, alla ricerca e all'insegnamento.
Qui riveste nel 1962 il ruolo di Primario nell’Ospedale San Giovanni, «ove - scrive il prof. Roul Borioni (La chirurgia a Roma nei 150 anni dell’Unità d’Italia, Bollettino della Società Italiana di Chirurgia Cardiaca, Febbraio 2014) riorganizza i reparti chirurgici in senso moderno, alleva un’equipe di abili chirurghi ed esegue importanti ricerche sulla fisiopatologia dell’ulcera gastroduodenale, che lo porteranno a mettere a punto la tecnica della vagotomia, in contrapposizione alla tradizionale gastroresezione.»

«L’innato spirito universitario - continua Borioni - lo induce a prediligere lo studio e la ricerca, accanto alle abituali attività di sala operatoria, il che lo porta ad allacciare importanti relazioni scientifiche con colleghi europei. Molti chirurghi, italiani e stranieri, frequenteranno la sua sala operatoria, e lo stesso Pietro Valdoni, alla fine della carriera, assisterà alla sua tecnica di vagotomia, rammaricandosi di non poter applicare quella nuova metodica per motivi di età.»

Nel 1969, col fine di consentire il libero scambio di nuove conoscenze, il confronto di esperienze, stimolare studi clinici e ricercare migliori diagnosi e misure terapeutiche fu fondatore insieme a G. Benedetti Valentini e Louis F. Hollender di Strasburgo dell’associazione internazionale "Collegium Internationale Chirurgiae Digestivae" (oggi Società Internazionale di Chirurgia Digestiva), fondazione alla quale aderirono 51 nazioni e della quale fu segretario generale fin dalla sua costituzione.

In quel periodo ha anche fondato e diretto la rivista scientifica avente titolo "Chirurgia Gastroenterologica" e era eletto vicepresidente della Società Italiana di Chirurgia (triennio 1973/76) e un anno dopo, nel 1977, presidente della Scuola Medica Ospedaliera di Roma.

Magistrale cultore dell’arte chirurgica ospedaliera fu instancabile anche nella sua attività divulgativa: fece parte dei consigli di amministrazione di numerose riviste scientifiche in Italia e all'estero, fu membro attivo e onorario di numerose accademie e associazioni scientifiche, nazionali e internazionali e, inoltre, relatore ufficiale in diversi congressi e convegni nazionali ed internazionali, trattando tematiche di chirurgia generale e in particolare di chirurgia del tratto gastrointestinale.

Spirito libero, che seppe mantenere nonostante questa sua vita di instancabile attività, svolse il suo lavoro con la semplicità e il calore che gli erano propri dedicandosi anche all'insegnamento; nessun altro chirurgo ha contribuito così tanto all’introduzione dell’insegnamento negli ospedali non accademici.

«Il suo atteggiamento nei riguardi della Gastroenterologia in genere - scrisse un suo allievo, il prof. Marino Luminari - era sostanzialmente frutto di un grande interesse per la patologia digestiva, un campo che lo tene­va impegnato in una assidua ricerca di approfondimento e di perfezionamento di alcune tecniche opera­torie, in particolare di quelle per la terapia dell’ulce­ra peptica, da lui preconizzata in termini di tratta­mento conservativo, quello stesso che troverà in seguito la sua definitiva convalida con i farmaci antise­cretori ed antimicrobici.»

Un altro suo collega - il prof. Prof. Antonio Dauri che lo sostituì dopo la morte nella presidenza della Scuola medica ospedaliera - rievocando la figura del suo predecessore lo definì «uomo buono, generoso, onesto ma soprattutto giovane “incontaminato”, incantato ottimista che affrontava la problematica della didattica con la violenza, l’intemperanza, la gioia della passione mai spenta che per lui era diventata una missione».

Giuseppe Grassi è morto a Roma a 67 anni nel 1980.

Nel Luglio del 1982 il Comune di Bronte gli ha conferito, alla memoria, il Premio XXIV Casali per la chirurgia. Una via di Bronte è stata lui intitolata.

Iscrizione commemora­tiva de­di­cata a Giu­sep­pe Gras­si «chirurgo di chiara fama, fon­datore del Collegio Interna­zio­nale di Chirurgia Digestiva, il Collegio Capizzi che lo ebbe alun­no brillante e gli amici di sempre». La lapide è posta in un corridoio del Real Collegio Capizzi. La placca in bronzo apposta sulla targa è di Eugenio Driutti, incisore medaglista e scultore nato a Udine il 14 gennaio 1949.

Giuseppe Grassi nel ricordo di un suo allievo  /  Giuseppe Grassi, Storia chirurgica

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