Nel ritorno passò da Randazzo, dove trovò che il collegio salesiano progrediva rapidamente: Fu di nuovo a Catania, poi a Caltanisetta, a Siracusa, a Noto, ad Acireale, a Messina, accolto dappertutto da vero trasporto da quei zelanti Pastori, impazienti di avere nelle loro diocesi i figli di Don Bosco(1). Fra le maestre mandate a Bronte vi era suor Carolina Sortone, sorella di Enrichetta […]; a lei Don Bosco fece due profezie un paio di mesi prima che partisse per la Sicilia(2).[…]» * * * «Bronte,di cui ci siamo occupati per l’andata delle Suore, possedeva da un secolo un grande collegio, che aveva goduto bella rinomanza per tutta l’isola, ma allora andava verso lo sfacelo. N’era stato fondatore il venerabile Ignazio Capizzi, sacerdote brontese dell’Oratorio palermitano. Lo tenevano preti secolari. Sebbene in nuovo Governo l’avesse rispettato, anzi nel 1867 gli avesse accordato il pareggiamento, pure il numero dei convittori e degli allievi esterni scemava sempre più. Ora la presenza delle Figlie di Maria Ausiliatrice e la vicinanza dei Salesiani di Randazzo fecero pensare che potesse Don Bosco rialzare le sorti del decadente istituto. «Nel 1879 pertanto quel sindaco, mostrandosi ben informato dell’Opera salesiana, chiese a Don Bosco due professori per il Ginnasio superiore. Poi nel 1880 il priore Gioachino Leone Zappìa, monaco brasiliano e direttore del Collegio, preoccupandosi soprattutto di un miglior assetto morale, gli scriveva: - Per la parte educativa manco di braccia; perché questo Collegio da un secolo è stato educato col sistema coercitivo, e non trovo in paese soggetti che sappiano adoperare altro modo. E’ stato questo il motivo, per cui è venuto meno il concorso degli alunni, i quali al 1859 ascendevano presso a 400 ed ora appena a 40.- Pregava dunque Don Bosco di mandargli in aiuto un sacerdote salesiano che la facesse da direttore spirituale, e un paio di assistenti sacerdoti o chierici, che v’introducessero “l’ottimo sistema a Lui ispirato dallo Spirito Saettiforme». Con i figli di Don Bosco egli prometteva di comportarsi da confratello, come si addiceva a chi gloriavasi di essere cooperatore salesiano. «Quantunque anche il bisogno di assistere spiritualmente le Suore consigliasse di fare buon viso alla domanda, tuttavia fu forza rispondere negativamente per mancanza di personale. Nel febbraio 1881 il cardinale De Luca, brontese e già alunno del collegio Capizzi, raccomandò oralmente l’affare a Don Bosco, che non potè opporgli senz’altro un rifiuto, ma gli manifestò la sua buona disposizione a secondarne il desiderio; la qual cosa appena risaputa a Bronte bastò a mandare in sollucchero il Direttore. O il Cardinale non avesse posto mente che Don Bosco non si era vincolato quanto al tempo o che dai Brontesi fossero malamente interpretate le parole del Cardinale, il fatto è che in Bronte si credette a una imminente esecuzione della promessa; onde un succedersi di istanze perché vi si andasse presto. Ma la parola data da Don Bosco senza determinazione di anno fu tenuta nel debito conto dal suo Successore, che vi diede corso quattro anni dopo la morte del Beato(3).» «Bronte è un centro notevole nella regione subetnea, a circa dieci chilometri da Randazzo. Vi stavano già nel 1880 le Figlie di Maria Ausiliatrice alla direzione dell’ospedale e delle scuole elementari, oltrechè dell’oratorio festivo. Gloria locale era stato da circa cent’anni un Collegio-convitto con ginnasio pareggiato, che portava il nome del Ven. Ignazio Capizzi, brontese, Filippino dell’Oratorio palermitano. Lo tenevano preti secolari; ma ormai precipitava verso la rovina. La presenza delle Suore e la vicinanza dei Salesiani di Randazzo fecero nascere il pensiero, che i figli di Don Bosco potessero rimettere in auge il vecchio Istituto. Nel 1881 il Card. De Luca, nativo di Bronte e già alunno di quel Collegio, raccomandò personalmente la cosa al nostro Santo in Roma. Don Bosco, non potendo rispondere con un rifiuto al Prelato in un momento, nel quale riceveva da lui segni molto positivi di benevolenza, gli manifestò tutto il suo buon volere, ma senza vincolo di tempo. I Brontesi, saputo questo, s’immaginarono che la sua fosse una formale promessa e a brevissima scadenza; onde reiterate istanze per la pronta venuta. Ma Don Bosco non fece in tempo a esaudirli. “Il suo Successore, tenendo come sempre, nel debito conto la parola del Padre, vi diede corso nel 1892. L’arrivo dei Salesiani fu il toccasana per il Collegio, che rapidamente si riempì di giovani. Ma la condizione dei Salesiani non era soddisfacente. Un sacerdote brontese, rappresentante della Deputazione del Collegio, non solo risiedeva in casa col titolo di Rettore, ma, pur non ingerendosi nella Direzione, amministrava, faceva le accettazioni e anche senza volerlo legava le mani al Direttore, rendendo oltremodo difficile per vari motivi la disciplina secondo il nostro spirito.» «La magnanimità del Direttore Don Fascie(4) per lungo periodo di tempo attuò un modus vivendi non fissato da nessuna convenzione, ma del tutto intollerabile. Peggiorarono le cose non appena comparvero in città preti brontesi forniti di laurea e aspiranti a qualche cattedra nell’Istituto. Di qui presero realmente le mosse due questioni di ordine giuridico accampate contro i Salesiani, che essi cioè si fossero infeudata una fondazione locale e che allora, rinnovando la Convenzione, mirassero ad assorbirla anche economicamente a proprio esclusivo vantaggio. La situazione già poco sostenibile peggiorò ancora, quando, chi sa come e chi sa da chi, fu provocata l’ordinanza superiore di ammettere alunne alle scuole. Dopo una snervante serie di manovre avversarie e di contromanovre dei nostri, i Superiori di Torino ordinarono nel 1916 il ritiro. E’ degna di nota, perché rispecchia lo spirito di Don Bosco, la formula stesa da Don Cerreti e rimessa all’Ispettore Don Minguzzi, per annunciare, sul finire di aprile, le irrevocabili dimissioni.» «E’ certamente a conoscenza di cotesta Spett. Amministrazione e del suo Rev.mo Presidente Padre Prestianni(5), come i Salesiani fino dalla loro venuta al R. Collegio Capizzi si siano adoperati in ogni modo e abbiano fatto del loro meglio per le sorti del Collegio e per corrispondere così a quello che era desiderio del P. Prestianni e del Rev.mo Sig. Don Rua di santa memoria. Allora, nel 1892, quando furono inviati colà i primi Salesiani in adesione all’invito di P. Rettore, erano assai diverse le condizioni del Collegio da quelle che, grazie a Dio, ora può esso vantare e per la vita prosperosa e per il regolare funzionamento delle Scuole. Ora è indicato come uno dei primi Istituti di educazione dell’Isola. Si potrebbe quindi tenere che ormai l’opera nostra a pro del Collegio Capizzi sia compita e il Collegio in grado di continuare la sua vita ascendente sotto la direzione dell’Amministrazione medesima. * * * |