I contadini si indebitarono e quelli che non poterono acquistare furono cacciati via. Contro tale fenomeno, diffusosi in tutte le terre della Sicilia baronale, reagirono i partiti di sinistra, le associazioni sindacali “Federterra” e “Liberterra” e alcuni giovani parlamentari democristiani, soprannominati “Giovani turchi”, reclamando l’immediata applicazione della legge di riforma. Le proteste vennero recepite dall'Ispettorato Regionale per l'Agricoltura che, con proprio decreto, dichiarò nulla l’intera operazione di vendita attuata dai latifondisti, perché condotta, fra l 'altro, dopo i termini conseguiti dalla legge di riforma del 28 dicembre 1950 e sottopose a scorporo il feudo Nelson per una superficie di circa 4.000 ettari, includendovi anche i terreni già venduti. L'intero feudo ammontava a 6.594 ettari. Contro il decreto, il duca, nel dicembre del 1951, inoltrò ricorso all'Assessorato regionale per l'Agricoltura e le Foreste. Il processo di riforma agraria venne a subire una lunga fase d'arresto. Nel frattempo circa 1200 ettari di terreno ducale passavano all'Azienda forestale dello Stato per essere sottoposti a rimboschimento. Le circa cento famiglie, inquiline del duca e ivi dimoranti, venivano invitate ad abbandonare case e terreni e dinnanzi al loro rifiuto si fece ricorso all'uso della forza. Vennero scoperchiate le abitazioni asportate “manu militari” le masserizie. E molti, tra cui delle donne, furono arrestati, tradotti in carcere e, poi, lasciati letteralmente sul lastrico. L’applicazione della riforma, dunque, tardava. Permanevano, invece, tra il duca e i suoi coloni, situazioni, ancora, di conflitto circa l'applicazione delle vecchie leggi sulla ripartizione dei prodotti. A peggiorare, poi, le cose sopraggiunsero due anni consecutivi di siccità, quelli del 1960 e del '61, che determinarono un forte calo della produzione. Di fronte a tanto squallore i contadini di Bronte e Maniace decisero di osare il tutto per tutto: scrollarsi di dosso, una buona volta per sempre, il retaggio dell'asservimento feudale che li condannava a languire in continua miseria. Cosi, nell'estate del 1961, intrapresero, con la guida della locale Camera “Unione e risorgimento”, aderente all'Alleanza provinciale coltivatori diretti, una compatta azione di sciopero. Partiti inizialmente con una semplice richiesta rivolta ad ottenere per quell'anno una maggiorata ripartizione del prodotto a loro favore, i contadini della Ducea finirono col reclamare lo scorporo e l'assegnazione delle terre, giusta la legge di riforma. Per ben quaranta giorni e altrettante notti si astennero dai lavori di trebbiatura, bloccando le trebbiatrici e presidiando i covoni di grano. Incrociarono le braccia tutti gli inquilini delle contrade: Boschetto, Fondaco e La Piana. L'amministrazione del duca, nel tentativo di rompere il fronte contadino, alle esortazioni alternò le minacce e passò alle denuncie. I contadini non mollarono e una notte d'agosto giunsero duecento militari a cavallo che allestirono un ospedaletto da campo tra gli alberi del parco ducale. Alle prime luci dell'alba la campagna fu posta in stato di assedio. Perché mai quel poderoso dispiegamento di forze? Cosa passava nella mente degli ufficiali? Con quali ordini erano venuti? Si chiedevano, perplessi, i contadini. [...] Ma i figli di cosi nobile tradizione di lotta per la terra e per la libertà, stavolta, continuavano a resistere nelle loro postazioni, evitando, tuttavia, ogni gesto che potesse provocare l'intervento militare. Dal canto suo il comandante in capo dei militari non tardò a rendersi conto in quale sacca di arretratezza sociale era capitato ed a capire le cause che avevano portato all'esasperazione quei lavoratori della terra; evitò quindi di esacerbare ancora di più i loro animi. Lo sciopero ebbe termine quando fu comunicata e garantita ai contadini, da parte degli Organi responsabili, la decisione di dare finalmente corso all'applicazione del provvedimento di scorporo. Ciò nonostante si dovette aspettare il Settembre del 1963 perché si procedesse alle prime assegnazioni dei terreni espropriati al duca. Negli anni immediatamente successivi, 1964-66, altri appezzamenti del grande feudo, sfuggiti praticamente al provvedimento dell'esproprio, vennero venduti dal duca ai contadini con le agevolazioni di acquisto previste dalla legge per la formazione della piccola proprietà contadina. Si realizzava, finalmente, un sogno antico: i contadini di Bronte e Maletto non sarebbero più andati al castello per baciare la mano a Lord Bridport. [L'articolo, a firma di Salvatore Musumeci, è tratto dal "Il Gazzettino", n. 29, Sabato 9 agosto 2008] |