La popolazione riempì le strade; gli esili balconi erano
pericolosamente stipati; la banda suonava energicamente; e l’enorme
processione, raccogliendo sempre più gente nel suo cammino, passò da
un’estremità all’altra della città. Fu un momento d’esaltazione che
durò per breve tempo.
Nello spazio ristretto tra due porte turrite, l’effigie del santo
fu abbassata dalle spalle dei portatori e riposta a terra. I molti
che avevano dato aiuto a portare la pesante reliquia, accaldati per
lo sforzo, si asciugavano la fronte.
La piccola piazza era gremita di gente. Era difficile muoversi,
tutti si diressero verso il santo, che riceveva l’omaggio dei fedeli
seduto sul suo trono dorato e vestito da splendidi paramenti,
portando in testa una mitra tempestata di gioielli e nella mano
sinistra un pastorale mentre la mano destra era alzata in alto
benedicente.
Ora che la musica e le grida d’entusiasmo si erano spenti, i
volti della gente divennero di nuovo tristi e preoccupati.
Il silenzio calò sulla folla. Il pericolo era stato così vicino e
preoccupante che il terrore ritornava facilmente.
Preti in “birretta” e “camicia”; vecchie con le
facce segnate dal tempo; vecchi sorretti dai loro bastoni; donne e
ragazze vestite con abiti colorati e con la testa coperta da
appariscenti fazzoletti; uomini, giovanotti e ragazzi con nelle mani
dei ceri, formavano quella straordinaria moltitudine. Tutti erano
assorti, solenni e pallidi. Mormoravano preghiere ed invocazioni
usando le mani in segno di supplica. Molti piangevano.
Era una strana ed impressionante folla, che aveva in comune un solo sentimento – quello di miserabile paura e preoccupazione. Le donne facevano il segno della croce. “Madonna mia” dicevano automaticamente, invocando a turno la Vergine e tutti i santi.
“Quando mai, quando mai”, si interrogava un vecchio piangente scuotendo il capo. Non aveva mai sentito un così terrificante terremoto, un così grande terrore, come questo. La disgrazia sembrò accomunare la gente. Era una fratellanza di dolore. Lo stare insieme era importante; la solitudine sarebbe stata insopportabile. Comunicavano il loro dolore con gesti espressivi, com’erano soliti, senza parole. Le parole erano inadatte a rendere la profondità della loro disperazione. Questo silenzio di gente per propria natura rumorosa ed allegra dava la dimensione della “immensa e misteriosa paura” che permeava tutte le menti. Le voci stridule delle donne erano rimaste soffocate. Monelli straccioni erano muti e vagavano a caso, avendo dimenticato i loro giochi e scherzi. Persino i piagnucolosi mendicanti dimenticavano di chiedere l’elemosina – il denaro raccolto in quel giorno serviva per propiziarsi il santo, e non per loro. Un indefinito e grave senso di terrore aleggiava ovunque; si accresceva sempre di più con il trascorrere delle ore. Se avessero saputo del destino di Messina e della Calabria, con la perdita di parenti ed amici, pianti di lamento avrebbero rotto quel silenzio. Ma la terribile notizia doveva ancora giungere. La processione riprese. Non appena il santo fu di nuovo issato sulle spalle di una cinquantina di portatori, e si dirigeva verso la sua dimora provvisoria nella Chiesa Madre, alte grida si levavano, suonavano le campane, gli uomini esultavano e i più forti si spingevano con determinazione in avanti per fare da scorta e guardia d’onore. Il santo entrò nella grande chiesa dalla porta occidentale. L’edificio, nonostante il pericolo delle continue scosse sismiche, era gremito da un’estremità all’altra. I fedeli si alzarono mentre la processione entrava. Il sacro fardello fu deposto di fronte l’altare maggiore illuminato da molte candele. L’organo cominciò a suonare mentre la banda smetteva; ebbe inizio la funzione religiosa.
Uno shock forte ed improvviso Tutto questo è il racconto di ciò che traspariva dell’effetto del terremoto nelle menti degli uomini. Ma a me sembrava che sotto l’apparenza ci fossero risvolti ancora più profondi. Certamente tutti quelli che avevano vissuto l’allarme del mattino erano stati sconvolti dallo shock forte ed improvviso. Che effetto aveva avuto su di loro? Questo era quello che mi chiedevo osservando le facce dei fedeli rivolte in alto mentre ascoltavano rapiti la predica di un gentile e dotto giovane prete che parlava loro dal pulpito. Che effetto aveva avuto su di lui? Credo che il sentimento predominante nel suo animo fosse la pietà – pietà per le anime attorno a lui così crudelmente straziate e oppresse dalla paura, gratitudine per la misericordiosa salvezza dal trascorso pericolo incombente di morte. Ma questo fu un argomento non affrontato a fondo nella sua predica. Fedele alla sua vocazione ed alla sua istruzione, cercò piuttosto di inculcare nella gente l’insegnamento della Chiesa e la giusta osservanza dei suoi precetti. Fu un riferirsi ai poveri ed agli umili. Indicando la sacra figura del santo davanti l’altare, disse loro con eloquenti parole che il disastro era il diretto castigo del cielo per le loro negligenze. Non poteva esserci alcun dubbio su questo. Il giorno seguente, infatti, era riportato sul calendario come l’onomastico o “festa” del santo. Ma nessun preparativo era stato fatto in suo onore. Nonostante la città fosse ricca e prospera lo aveva dimenticato per molti anni. Il predicatore li accusò per la loro negligenza. Li invitò a smetterla con questa loro noncuranza; con lo spergiurare; con il dire il falso; con il rubare, in modo da meritare la protezione del santo. Finì proclamando una giornata solenne di festa, da tenersi non appena finiti quei turbolenti momenti come sicuro mezzo per garantirsi i favori del santo e placare la sua collera. Era il momento adatto per questo argomento. Che quello che aveva detto non era stato accolto male fu reso evidente dall’entusiasmo con il quale anche il più povero pose la propria monetina nel sacco per la colletta che passava continuamente di mano in mano in chiesa per le spese della prossima festa.
Le parole produssero l’effetto voluto dal predicatore. |