Il pistacchio di Bronte è tradizionalmente l'ingrediente principe dei dolci brontesi
I dolci brontesi La lavorazione dei dolci utilizza naturalmente l'"oro di Bronte" (il pistacchio) che, specie nella preparazione di paste, torte, gelati, panettoni, torroni, torroncini, si esalta per le sue eccezionali qualità organolettiche e gustative, uniche nel mondo. Altri tradizionali ingredienti sono la ricotta, la frutta secca (noci, mandorle, fichi, nocciole), l’uva passa, la mostarda, il miele, il vino cotto (ricavato dal ficodindia). I pasticcieri brontesi, seguendo la tradizione delle famiglie, continuano ad utilizzare ingredienti genuini e locali e si sono resi famosi per i numerosi riconoscimenti ricevuti in occasione di mostre. Con il prezioso frutto che la natura ha messo a disposizione si esaltano nelle due classiche prelibatezze brontesi, il gelato e la torta al pistacchio, ma anche nelle numerose altre raffinate dolcezze: i liquori o il latte e la crema al pistacchio, il pesto, le classiche antiche fillette, i torroni, le paste (semplici, con zucchero a velo, o ricoperte di cioccolato), la granita al pistacchio o alle mandorle, il latte di mandorla addirittura speciale quando fatto con l’utilizzo delle menduri a ccori, ... e numerose altre ghiottonerie dal gusto unico. La preparazione di alcuni dolci, secondo la tradizione contadina, è a volte scandita dallo scorrere del calendario (le festività di Pasqua, la Commemorazione dei Defunti, il Natale, Carnevale) o delle stagioni. Oltre quelli a base di pistacchio verde di Bronte (semplicemente favolosi il gelato o la torta con la crema di pistacchio), sono dolci tradizionali le | - paste di mandorla, i ravioli fritti con ricotta fresca condita, - la filletta, - le nuvolette ('a nuvuretta è un soffice dolce di forma leggermente ovale fatto con farina, amido e uova), - i cosza ruci (dolci a forma di cuori fatti con pasta di mandorle e ricoperti da una glassa bianca), - i crozz'imottu (dolcetti tradizionali del 2 Novembre, durissimi, di colore biancastro che riproducono in miniatura teschi e ossa lunghe, per ricordare i parenti defunti), - gli sfingi, i panitti (dolce tipico natalizio con un impasto interno di mandorle, pistacchio, fichi secchi, miele), - il vino cotto, ottenuto prolungando il processo di ebollizione del succo di fichidindia, i "mastazzori" e la mostarda ricavati sempre dai gustosi fichidindia delle sciare brontesi. Ci soffermiamo parlando un po di più di quest'ultime tre dolcezze, ormai quasi introvabili ed il cui sapore, unico ed antico, risulta sconosciuto alle nuove generazioni. La mostarda, il vino cotto ed i mastazzori derivano da particolari lavorazioni del ficodindia, una cactacea che nel territorio brontese cresce, senza alcuna particolare cura, rigogliosa, quasi infestante, e dà abbondanti e saporiti frutti di varie tipologie e colori. Da questi (varietà gialla e/o rossa), per ebollizione, si ricava una delicata mostarda. Tradizionalmente è preparata in campagna, facendo bollire i fichidindia dentro un grosso recipiente (‘u lavizzu o 'u menzarangiu), posto sul fuoco vivo. Dopo circa un’ora di ebollizione, i frutti sono immessi in sacchi di canapa o canovaccio (cannavazzu) e fatti filtrare. Dopo averne prelevata una piccola quantità, messa da parte per ottenere, mescolandola con la farina, la lacciata, il liquido ottenuto viene nuovamente fatto bollire, a fuoco lento, per almeno altre due-tre ore, trascorse le quali si aggiunge lentamente la lacciata, mescolando in continuazione per non far raggrumare il tutto. Dopo altre due ore, quando la mostarda acquista la consistenza di una crema e un colore bruno, è pronta per essere consumata: versata nei piatti e guarnita in superficie con mandorle infornate tritate e pistacchi spezzettati si può gustare ancora calda od appena fredda. Posta dentro caratteristiche formelle di creta incavate con decori che fanno assumere al dolce le più svariate forme (cuore, fiore, colomba, pesce, cesto), è successivamente essiccata con prolungati periodi di esposizione ai raggi solari ed assume una maggiore consistenza e la caratteristica infiorescenza zuccherina. |
| | | | | | | | | | Paste, fillette, il (favoloso) gelato, colombe, panettoni, torrone, biscotti, torte, olivette: il pistacchio di Bronte è tradizionalmente l'ingrediente principe nelle ricette dei caratteristici dolci brontesi. Sapori ed aromi raffinati compendiati nelle “magiche” torte di pistacchio, diversamente preparate e confezionate a seconda della fantasia e dell’inventiva dei pasticceri (con crema pasticciera di pistacchio e senza crema, utilizzando nell’impasto pistacchio in polvere). Il gelato di pistacchio è diffuso in tutto il mondo, la sua preparazione, nella stragrande maggioranza dei casi, avviene però con l’utilizzo di una dose minima di essenza di pistacchio, spesso di provenienza medio orientale. In certi casi - paradossalmente - di pistacchio c’è solo il bel colore verde).. In tutti i bar di Bronte e in altre pasticcerie raffinate di tutto il mondo il gelato preparato col pistacchio verde di Bronte ha un gusto e un profumo unico che poco, anzi niente ha a che fare con il gelato che “di pistacchio” ha solo il nome od il colore. Come in molti paesi siciliani anche a Bronte i dolci tipici di Carnevale sono gli sfingi. Di derivazione e denominazione araba, sono delle frittelle rotonde e spugnose, che possono essere ricoperte da zucchero o miele. Viene preparato un impasto con acqua e sugna, facendo bollire e aggiungendo farina a pioggia e un po’ di cannella. L’impasto così ottenuto si fa raffreddare e si ammorbidisce con uova. Poi attraverso un arnese specifico, '«a sfingera» (una sorta di grossa siringa per dolci), viene tagliato in pezzi di circa 10 cm. e cotti nell’olio bollente; quindi sono immersi in miele tiepido, aggiungendovi zucchero e cannella. A Pasqua, oltre alla collura a Bronte è di moda la cassatina. Un dolce dalla forma circolare fatto di pasta, preparata con zucchero, farina e sugna, e riempita con mandorle, nocciole e pistacchi spezzettati, con l’aggiunta di un po’ di liquore (vermuth o brandy) o vino bianco. Dopo la cottura nel forno la cassatina è ricoperta di glassa bianca. |
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| Prolungando ulteriormente il processo di ebollizione del succo dei fichidindia si ottiene il vino cotto, un componente indispensabile per la preparazione di vari tipi di dolci tradizionali e ricchissimo di calorie: era utilizzato per preparare una particolare granita, ottenuta mescolandolo alla neve, per insaporire la merenda dei bimbi spalmandolo sul pane abbrustolito ma, soprattutto, per la preparazione di alcuni particolarissimi dolci, oggi, purtroppo quasi “introvabili”, i panitti e i mastazzora (tipici dolci natalizi). I primi, 'i panitti, hanno forma di piccola ciambella con pasta preparata con zucchero, farina e sugna (‘a saimmi), di forma allungata o arrotolata. Sono preparati con un ripieno di mandorle, pistacchi, nocciole e noci spezzettati, fichi secchi, uva passa, vino cotto e una buccia d’arancia grattugiata. I mastazzora sono invece ottenuti impastando la farina direttamente col vino cotto. L’impasto, tagliato a listelle di 10-15 cm, è poi cotto in forno. Una variante di questo particolarissimo dolce è chiamata a lìffia: i mastazzora, una volta sfornati, vengono intinti nel vino cotto, che funge da collante per una gustosa aggiunta di pistacchi, mandorle e nocciole spezzettati. |
L’Agnello pasquale L'agnello è un dolce prodotto con misure e peso variabili solo nel periodo delle feste pasquali. E’ fatto dai pasticceri brontesi a forma di bianco agnellino disteso, ornato di bandiere e fiori, in mezzo a frutta martorana variamente colorata. Il dolce, composto da una soffice "pasta reale", è realizzato con la morbida pasta di mandorle, deliziosa invenzione araba, degna, per la sua dolcezza e raffinatezza, dei più nobili palati. Un tempo rappresentava il tradizionale regalo pasquale che ogni innamorato ('u zzitu") donava alla fidanzata: più grande era l'agnello, più frutta martorana lo attorniava, più pesava e più dolce voleva essere la dimostrazione di affetto (e, naturalmente... più fornito il portafoglio!). |
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