Un fruttivendolo brontese che riforniva la residenza del Primo Ministro australiano a Sydney
Francesco Liuzzo Una pagina dell'emigrazione brontese del dopoguerra. di Bruno Spedalieri Francesco Liuzzo è l’esempio tipico dell’emigrante italiano del dopoguerra. Nato a Bronte il 22 febbraio 1922 da Antonio e Ignazia Fallico, era l’ultimo di una famiglia di 7 figli viventi: Illuminata, Nunziata, Nunziato, Giosué, Ignazio, Antonina e lui stesso. Era nato dopo che sua sorella maggiore aveva dato alla luce il suo primo figliolo, caso raro di uno zio che era più giovane di suo nipote e da cui non poteva pretendere il rispetto che ogni zio si aspetta dai nipoti. Allo scoppiare della seconda guerra mondiale i quattro fratelli Liuzzo furono chiamati alle armi. Ignazio fu inviato prima in Albania e poi nel Kosovo. Nunziato e Giosué furono invece trattenuti nel Nord Italia. Francesco fu chiamato al servizio militare nel gennaio 1942 ed assegnato alla 94ª Fanteria Fano. Un incidente occorsogli durante il secondo mese di servizio gli procurò l’esonero dal servizio militare. Tornato a casa Francesco servì coscienziosamente gli anziani genitori, prendendosi carico pure delle sorelle, lavorando al Mandorleto del dottor Fiamingo e spesso pure nelle proprietà della Ducea Nelson a Maniaci. Francesco è ricordato con riconoscenza e affetto fino a nostri giorni per il suo buon cuore e l’attenzione verso gli altri e per la sua squisita generosità. Quando era ancora ragazzino Francesco divideva il suo tozzo di pane con dei bambini, vicini di casa sua, che soffrivano la fame. Un giorno d’estate nella fine degli anni trenta era andato al Mandorleto, situato a 10 chilometri circa a valle del paese, e non avendo a disposizione animali da soma aveva progettato di passare su quel fondo la notte. La madre volle accompagnarlo per aiutarlo. Sfortuna volle che la donna mettesse un piede in fallo e si rompesse una gamba. Il giovane Francesco non titubò a caricarsi la madre sul dorso e riportarla a casa, per quel percorso di quasi dieci chilometri in salita. Nell’estate del 1943, a seguito dello sbarco americano sulle coste di Sicilia, le forze alleate presero a bombardare varie zone dell’Isola. L’otto agosto la città di Bronte fu presa di mira dagli aerei di Guerra e subì pesanti bombardamenti. Tre bombe caddero nella zona di Piazza Giosué Calaciura (oggi Pazza Giovanna d’Arco), radendo al suolo le case Galvagno, Viola e Liuzzo. Con la casa, i Liuzzo persero quel giorno tutti i loro beni ed il raccolto dell’anno. A quel tempo accadde un fatto che è venuto alla luce solo recentemente, 61 anni dopo gli eventi, qui in Australia. Nel luglio del 1943, la popolazione di Bronte allarmata dalle notizie dello sbarco e dei bombardamenti nei paesi vicini, prese a sfollare e a rifugiarsi nelle campagne. Molti scesero a valle e presero ad attraversare il fiume Simeto. Il giovane Francesco Liuzzo, dal suo “Mandorleto” osservava e notò, sulla riva del fiume, una giovane donna con il figlioletto in braccio che, presa dal panico, gesticolava nervosamente e gridando chiedeva aiuto. Francesco tirando il suo asinello si avvicinò alla giovane madre, prese il bambino che sistemò entro un dei cesti appesi ai fianchi dell’asino, aiutò la donna a salire in groppa all’animale e li fece passare sull’altra riva. La donna non vide più quel giovane, che prese a chiamare il suo salvatore, ma non ne dimenticò il nome. Nell’Agosto 2004, Francesco fu ricoverato all’Ospizio dei Padri Scalabrini di Allambie. Là era pure ricoverata l’82nne signora Gaetana Petralia. Non appena la donna udí il nome di Francesco Liuzzo, si ricordò del suo salvatore di 61 anni prima, volle subito andare a vederlo, per abbracciarlo e ringrazialo di quello che aveva fatto, durante il periodo bellico, per lei e per suo figlio Giuseppe ora 62nne. Con la caduta del Fascismo e della Monarchia, nuove leggi sull’agraria furono approvate in Italia dal nuovo Parlamento della Repubblica. Nel 1949 Francesco sposò Maria Imbrosciano. La figliola Ignazia fu la prima ad arricchire la famiglia, poi venne Angela, che morì ad un mese di età. La famiglia abitava ristretta in una stanza e per aggravare le cose, Francesco si trovò presto disoccupato. Fu allora che decise di emigrare. Nell’autunno 1953, Francesco e la sua famigliola (Maria, gravida di Antonio, e la loro figliola Ignazina di tre anni) s’imbarcarono sulla nave “Sorrento” alla volta dell’Australia, dove già si trovavano la sorella Antonina ed il fratello Ignazio. All’arrivo nel Continente Nuovissimo, la famiglia alloggiò in un appartamentino d’una stanza da letto a North Sydney, da dove, due mesi dopo si spostò nel sobborgo di Sans Souci. Gli inizi in Australia non furono certo facili. Francesco, la cui prima preoccupazione era quella di provvedere alla famiglia un tetto ed il cibo, prese due impieghi, che gli lasciavano pochissimo tempo per il riposo. S’alzava ogni mattina alle quattro, andava a piedi alla stazione di Kogarah, a quattro chilometri da Sans Souci, per prendere il treno, che lo conduceva al suo posto di lavoro. Tornava a casa a tarda notte dopo il suo secondo lavoro presso la compagnia del gas. Spesso tuttavia passava la notte sdraiato su un banco della stazione di Kogarah. Cinque anni più tardi, nel 1958, Francesco, con i suoi risparmi e in associazione con Ignazio, il fratello più grande, comprò un negozio di frutta e verdura e qualche anno dopo acquistò tutto il complesso comprendente due negozi e quattro appartamenti in Kirribilli, uno dei posti più suggestivi di Sydney, con una veduta stupenda del Ponte della baia e della Casa dell’Opera. In quel negozio i due fratelli passavano da 12 a 16 ore al giorno per sette giorni la settimana. Ed erano fieri d’essere stati scelti come fornitori della residenza del Primo Ministro Australiano in Sydney. |