|
|
INDICE: La memoria, O Rosetta..., Alfonsina, Il cardias... impazzito, Il grande Milazzotto, La Pinuccia, Amo l'estate, La piccola Lina, 1/4 di viagra, Il primo viaggio, Aiuattist?, La sentenza, Il negozio di frutta, 8 settembre, l'armistizio, Il signor Talamo, 25 aprile la liberazione, Democrazia da esportare, A proposito di Malthus, Le mattonelle di linoleum, Bronte Insieme, Gli scacchi, Pendle Hill, La “Di Bella Constructions Pty. Ltd., Fred Fitzpatrick, La decadenza del cav., Il bancario di Bondi Beachh, Il camioncino Vangard, Il medaglione della Regina Elisabetta, Antonietta, Ero un malato immaginario, Mio padre in America, La cazzuola di 40 cm, Le celle frigorifere di Leicchardt, Povera Italia!!!, Il mio primo lavoro in Italia, La casa sulla spiaggia di Bronte, Un filosofare da quattro soldi, A Sassuolo, 'U bùmburu, Il tenente Santangela, In prigione a Modena, Nel 1948 a Torino, Il pianoforte di Portland street, In prigione alla Casa del Fascio, Le capre d’angora di Burraga, L’adorabile Timmy, La casa di Wallangra Road, La confusione, Esami di Diritto Privato, Mio cugino, il barone, I primi pantaloni, L'inglese per bambini, Al matrimonio di Anne, Il professor De Cavicchi, Carmelo Genovese, Il grande ristorante di Mr. Yong, Carmelo ed io, Quando arriverà l’estate…, Mio fratello Nunzio e non solo..., Un saluto ai miei lettori |
|
|
I - La memoria
Questa è la solita storia che si ripete continuamente. Tutte le sere e tutte le mattine mi dico sempre che devo cominciare a scrivere le tante stupidaggini che mi vengono in mente. Il mio cervello è un vulcano in continua, inarrestabile eruzione con conseguenze imperscrutabili. Mentre la mia testa si popola d’idee, pensieri, ricordi e simile altra roba, dopo pochi minuti, dimentico tutto e faccio tanta, troppa, fatica a ricordare cosa avevo pensato. Non credo che sia Parkinson in agguato, ma certamente ha qualcosa da fare con la mia età. Da giovane, infatti, avevo una memoria fenomenale. Riuscivo a leggere una qualsiasi terzina della Divina Commedia e, chiudendo gli occhi, potevo rileggerla dall’ultima alla prima parola. Questo mi faceva sentire importante con i miei compagni di scuola, i quali non capivano come, chiudendo gli occhi, potessi ancora vedere la terzina che avevo appena letto. Questa capacità, però, non mi aiutava affatto nello studio, in quanto studiavo pochissimo, nonostante riuscissi sempre a convincere i miei professori di essere preparato perché ricordavo, per qualche settimana, quello che loro avevano spiegato. | Mi rendo conto che il mio era una specie di autocompiacimento un po’ narcisistico per questa mia straordinaria memoria che avevo ereditato dalla mia mamma.
Lei era piccola e rotonda come una pallina ma era anche infinitamente più intelligente di mio padre. Di questo mi ero accorto quando avevo quattordici anni. Mio padre era di una simpatia straordinaria.
Gli piacevano i balli, le feste, le barzellette che sapeva raccontare in maniera eccellente, ma aveva anche delle strane peculiarità. Quando si doveva decidere qualcosa d’importante in famiglia, pretendeva che la decisione finale spettasse solamente a lui. Egli era proprietario del macello comunale di allora e alcuni macellai gli avevano chiesto di aggiungere altro spazio ai locali esistenti, da adibire esclusivamente alla macellazione dei maiali. Lui non era favorevole a questa idea. Al contrario di mia madre, la quale voleva assolutamente che questo progetto fosse realizzato. Per questo, continuava a dire a mio padre: “Non farti convincere da nessuno di fare questi presunti ampliamenti al macello…” Ed ecco mio padre rispondere: “Se decido di farle o no, non sono affari tuoi…” e, per dimostrare la sua indiscussa autorità, decide di chiamare i muratori e incominciare i lavori. Avevo quattordici anni e mi sono accorto allora come la mia piccola mamma sapeva manovrare mio padre senza offendere mai il suo amor proprio. 10 luglio 2013 II -O Rosetta...
Quanti anni sono passati. Io, adesso ho quasi novantatré anni. E nemmeno riesco a crederci. La mia mente pullula di ricordi… milioni di episodi della mia vita straordinariamente lunga affollano la mia memoria fino alla confusione. Quand’ero giovane scrivevo tante poesie. Notti infinite e splendide di stelle sono queste o Rosetta… Cosi iniziava un lungo sonetto che avevo scritto a diciotto anni, quando ero innamoratissimo di una ragazza di quattordici o quindici anni che era venuta da Napoli a studiare a Bronte. Era biondissima e tutti noi liceali eravamo innamorati di lei. A quei tempi, per mostrare a una ragazza il proprio interesse bastava toccarsi i capelli guardandola e se il gesto era ricambiato, si andava facilmente in brodo di giuggiole. Delle mie poesie non ho conservato niente e non credo sia stata una grande perdita per l’umanità. Solo un mio vecchio compagno di scuola, Gigi Parrinelli, morto da molti anni, apprezzava le mie poesie e li commentava come opere di grande valore culturale. In seguito lui divenne preside in un istituto di Reggio Emilia e un uomo di eccezionale cultura. Da ragazzo io mi ero innamorato dell'ideologia comunista. A sedici anni, leggendo il manifesto di Marks ed Engels, avevo l'impressione che questo fosse il vero vangelo, e per alcuni anni, cercavo di convincere i miei amici che questa era l'unica via da seguire per raggiungere la vera giustizia sociale e la tanto agognata uguaglianza. Ma dopo aver assistito alle atrocità commesse a Milano il 25 aprile 1945, qualcosa in me è cambiata. Ho potuto finalmente convincermi che quell’ideologia, come tutte le irrealizzabili utopie, è diametralmente opposta alla natura umana, rende povere le nazioni e apre le porte alle proteste più illogiche e screanzate. 12 luglio 2013 III - Alfonsina
La mia prima fidanzatina aveva 5 anni, come me, ed abitava a pochi passi da casa mia. Si chiamava Alfonzina… era dolcissima e ci volevamo tanto bene… Un triste giorno di primavera - era la prima settimana di Maggio 1926, - lei, con un’amica di dieci o undici anni, si arrampicò su un’altissima balza a ridosso di casa sua, per raccogliere fiori e preparare i tradizionali “altarini” per la imminente festa della Madonna. Ad un certo punto scivolò cadendo sulla strada da circa 8 metri di altezza e, battendo la testa, morì sull’istante. Io mi trovavo a giocare lì vicino quando ho sentito delle donne gridare e andai a vedere la mia piccola Alfonzina… inerte... come una bambola di stoffa inzuppata di sangue… Andai di corsa a casa sua per dire alla sua mamma che la bimba era caduta… Non dimenticherò mai la disperazione sulla faccia di quella povera donna. Non realizzando allora la gravità del caso, per mesi, dopo l’accaduto, pensavo che Alfonzina potesse venire a cercarmi per giocare insieme come facevano sempre. 16 luglio 2013 IV - Il cardias... impazzito
Oggi non son riuscito a mangiare. Pare che il mio cardias, quella valvola indipendente che i medici hanno definito incontinente, sia completamente impazzita. Non fa passare neanche l’acqua. Forse ho bisogno di dormirci sopra per un po’. Solitamente il sonno sembra quietare le sue più violente irritazioni. Devo trattarlo con delicatezza e rispetto. E’ diventato tanto permaloso circa tre anni fa, quando avevo solo novant’anni. Da allora posso mangiare e bere solo quello che vuole lui e quando lui lo ritiene opportuno. Non so come sia diventato un opprimente tiranno ottocentesco, vero padrone delle ferriere che può decidere sulla vita o la morte dei suoi dipendenti. Il mio cardias è una specie di Berlusconi esofageo. Assolutamente fuori dal tempo durante questa idilliaca Epifania democratica. A proposito non vi sembra strano che Bersani ed Epifani facciano rima con caimani? Che si fa? Si smacchia? Le partite di caccia dell’onorevole Bersani resteranno scolpite nella storia della repubblica. Nessuno come lui poteva farsi umiliare per tanto tempo da un Grillo capelluto e ultra verboso e la sua folta squadra di eccellenti sconosciuti. Per carità, non volevo parlare di politica. La situazione non deve essere peggiorata. Abbiamo un ottimo presidente e un eccellente papa. Accontentiamoci. Porca miseria! 22 luglio 2013 |
|
Sam Di Bella
Salvatore (Sam) Di Bella nato a Bronte il 9 dicembre 1920, ha studiato nel Real Collegio Capizzi e, laureatosi in Scienze Politiche all'Università di Catania, ha iniziato a lavorare a Milano come rappresentante di una società che si occupava di forniture edili-industriali. Successivamente fu nominato direttore della filiale di Torino della stessa ditta. Dopo aver lavorato a Torino per circa due anni, ritornato a Bronte, collaborò, allora ventisettenne, con il prestigioso quindicinale Il Ciclope. In genere, firmava i suoi articoli con lo pseudonimo "sdib" e con questa sigla troviamo una divertente “Storia di Bronte”, uscita dalla fantasia di Sam, pubblicata a puntate in tre successivi numeri usciti nei mesi di Ottobre e Novembre 1948. La sua collaborazione al quindicinale (direttore dell’epoca era Giuseppe Bonina) durò solo un paio di anni. Come tanti altri collaboratori del quindicinale, nel 1950, Salvatore Di Bella (nella foto a destra in una foto dell'epoca) lasciava, infatti, Bronte alla ricerca di un lavoro. A trent’anni spiccava il volo verso l’Australia dove (lui la definisce “la sua seconda patria”), ha vissuto per oltre quarant’anni affermandosi ben presto come un importante costruttore edile.
Lì, infatti, dopo aver iniziato con successo parecchie attività industriali, ha fondato la Di Bella Construction Pty Ltd, dedicandosi con successo alla costruzione di ville e appartamenti di lusso nei migliori quartieri di Sydney. Quando, abbandonata l’attività edilizia, ha appeso al classico chiodo progetti e mattoni, ha preferito ritornare nel suo paese natale dove, novantatreenne, oggi vive. Sam Di Bella, parla e scrive fluentemente l'inglese (ed in questa lingua ha tradotto molte pagine del nostro sito), è stato uno dei quattro fondatori dell’Associazione Bronte Insieme ed è stato anche presidente dello storico “Circolo di cultura E. Cimbali”, l’antico “Casino de’ civili” di Bronte. Questo “strano diario”, come Sam lo definisce, è, in qualche modo, un ritorno alle origini; un ritorno anche allo scrivere scavando nella sua memoria, un riprendere la penna lasciata nel 1950 per la ricerca di un lavoro che, allora come oggi, Bronte non riusciva ad offrire. Oggi Sam, novantatreenne, vive dei ricordi che ha voluto donarci e che noi giriamo a tutti i nostri visitatori. Grazie Sam Ass. B.I. Settembre 2013
Sam Di Bella dopo
una lunga vita ha
chiuso serenamente
la sua esistenza
l'8
Giugno 2020. Avrebbe
raggiunto i cento
anni, che avrebbe
voluto festeggiare
con amici e parenti, il successivo
Dicembre.
Sam, 94 anni di saggezza |
Le mete di Sam Sam Di Bella, alla veneranda età di 93 anni ha deciso, coerentemente con lo spirito che l’ha animato tutta la vita, di non mettere in quiescenza il cervello, e, come tutti i grandi vecchi, ha trovato per i suoi giorni una nuova attività: scrivere! Data l’età, è ovvio che la scelta sia caduta su un libro di memorie. Ad essere precisi, non si tratta di una vocazione e di un’attività assolutamente nuova, perché da giovane aveva amato scrivere poesie, ricevendo l’incoraggiamento e l’ammirazione di un futuro letterato, il professor Gigi Parrinelli. E questa passione di scrivere riflettendo deve averla coltivata tutta la vita, sia pure saltuariamente e senza un impegno professionale, se è vero che nel suo breve lavoro si può riscontrare, con la ricchezza degli interessi e delle conoscenze culturali, una notevole capacità di descrivere e rappresentare con vivezza. Cosa che si può riscontrare, ad esempio, nell’autoironia con cui parla del suo “despota ottocentesco”, il suo “padrone delle ferriere”, quel “cardias” che da tre anni condiziona pesantemente la sua vita, così come fa con l’Italia – aggiunge sempre con molto umorismo – il “Berlusconi esofageo… nemico acerrimo dell’Epifania democratica”. Per Di Bella raccontare la storia della sua vita, sia pure succintamente, significa inserirla nella storia tout court, aprendo squarci che rappresentano con pochi ma essenziali tratti alcune fasi drammatiche della seconda guerra mondiale, seguita da un dopo guerra devastato dalla povertà, che invitava i giovani ad emigrare in condizioni precarie e disagiate. Nelle pagine in cui sono raccontati i pericoli corsi subito dopo l’8 settembre, spicca la grande umanità di Giuseppe Milazzotto, che mette in salvo Totò (così Sam era chiamato dagli amici quand’era ragazzo) a rischio della propria vita. Di Bella lo ricorda ancora come la persona più generosa che abbia conosciuto in tutta la sua vita. Ovviamente un posto importante nel suo racconto è occupato dall’amore: dalle avventure giovanili fino al matrimonio e alla separazione, consensuale e civilissima, in età ormai avanzata. La sua prima fidanzatina, Alfonsina, morì cadendo da un muro a cinque anni: un amore infantile assai remoto, certo, ma di cui Di Bella mantiene ancora vivo un tenerissimo ricordo. D’altre donne (Pinuccia, Lina) ha, invece, un ricordo che si associa ad un rimorso, tanto che nel suo scritto, quasi inveendo contro se stesso, usa addirittura l’espressione “abominevole atto di vigliaccheria”: una condanna forte del suo giovanile comportamento, che vuole assumere il valore di un risarcimento morale, anche se soltanto simbolico e tardivo. Giunto all’età che s’è detta, carico d’anni e d’esperienze, Di Bella sa ben distinguere tra tempo reale e tempo psicologico; vede bene come in giovinezza, quand’era ansioso d’affermarsi e la sua anima era protesa nel futuro, i mesi e gli anni gli sembravano interminabili, mentre ora le stagioni sembrano disfarsi in un baleno. Per questo cerca di fermarlo questo benedetto tempo. Come? Scrivendo per dare nuova vita al passato, sia pure soltanto morale. E noi gli auguriamo di continuare il suo lavoro, non per allungare il brodo, bensì per arricchire e sviluppare quanto finora ha scritto, approfondendo fatti e pensieri che ancora sembrano accennati. Nino Russo Settembre 2013 |
SCARICA IL LIBRO IN FORMATO EPUB
| V - Il grande Milazzotto
Oggi mi ricordo di Beppe Milazzotto. Il grande Beppe Milazzotto (nella foto a destra, ndr), il calzolaio che a Milano rappresentava il centro d’accoglienza di tutti i brontesi che, per i più svariati motivi, si trovavano lì senza altri punti di attinenza. L’ho incontrato durante la guerra. Era uno dei giorni in cui credevo veramente che per me fosse l’ultimo. Ero fuggito da un campo di raccolta di ex militari in Toscana ed ero andato in un paese chiamato Merate dove abitava una mia zia, sorella di mia madre, sposata con un maresciallo di carabinieri. Allora, il governo della repubblica di Salò aveva emanato un editto per cui gli allievi ufficiali disertori sarebbero stati fucilati, quando e dove trovati, assieme ai loro protettori. Appena arrivai a casa di mia zia, lei mi disse:“Figlio mio, devi capirmi. Io non posso ospitarti. Non posso rischiare l’eventuale fucilazione di mio marito”. Vidi cosi svanire la mia unica speranza di salvezza e dissi: “Va bene, zia, me ne vado subito” – e mi avviai verso la stazione ferroviaria indossando ancora la divisa di sergente allievo ufficiale che mi avevano dato quando ero stato rastrellato e messo nel campo di concentramento. Ero disperato. Non ero mai stato a Milano e quando sono sceso dal treno e uscito fuori da quella gigantesca stazione ferroviaria, vidi tanti tram con svariati numeri che, immagino, rappresentassero le destinazioni. Io scelsi il numero 2. Non perché rappresentasse qualcosa, forse perché era il più vicino a me. Il tram andò avanti per alcune fermate e a un certo punto cominciò ad attraversare un’area piena di tanti alberi. Senza sapere dove fossi, decisi di scendere e andare un po’ a piedi e mi accorsi che mi trovavo in via Panfilo Castaldi. Mi sentivo svuotato… intontito… e camminavo come uno zombie… Di fronte ad un portone c’era un uomo che mi osservava attentamente. Io non lo conoscevo. Lui continuava a guardarmi. Quando gli fui vicino, mi chiese: “Scusi, lei non è figlio di don Alessandro Di Bella?” Quasi cadevo per terra per lo stupore. L’ho abbracciato quasi piangendo e gli ho sommariamente raccontato cosa mi capitava, chiedendogli se poteva indicarmi come raggiungere i partigiani in montagna. “Senta, - mi disse - io non saprei come aiutarla, però se lei va sopra al terzo piano della prima scala troverà Giuseppe Milazzotto. Penso che lui può fare qualcosa per lei.” Quando bussai alla porta del signor Milazzotto lui mi aprì e mi guardò sorpreso. Non aspettava visite da un militare in divisa. ”Guardi, - gli dissi - io sono Totò Di Bella da Bronte”, allora tutti mi chiamavano Totò. - “Ah ‘u figghiu ru zzu Lissàndru” - rispose subito e mi abbracciò... Ero piuttosto imbarazzato e gli spiegai che non volevo mettere in pericolo nessuno, che ero fuggito da un campo militare e che volevo solo essere aiutato a raggiungere i partigiani in montagna. Mi guardò a lungo e disse: “Tu, stai qui con me. Finché avremo una pagnottella, ce la divideremo, metà tu e metà io e quando i fascisti o i tedeschi verranno qui a prenderci io dirò: “Fuoco”. Non posso smettere di emozionarmi quando ricordo questi momenti. La pelle sul collo s’accappona ed i peli si drizzano… mi sembrò di uscire da un incubo spaventoso che durava da settimane… Non ho mai conosciuto un uomo più generoso di Beppe Milazzotto. 26 luglio 2013 (segue) |
|
|
|
|