L'attività estrattiva continua
incessante, ma le importanti risorse trovate nel territorio di Bronte non
hanno portato alcun sconvolgimento di rilievo: hanno generato pochissima
occupazione locale e non hanno purtroppo creato alcun vantaggio di rilievo alla
comunità brontese.
L'unica consolazione è che, almeno, hanno determinato pochissimo inquinamento
del territorio e dell'ambiente. Poche, quindi, le attività industriali presenti sul territorio:
un piccolo ma fiorente polo tessile
che conta numerose aziende façoniste, ma che recentemente ha subito un
notevole ridimensionamento dovuto al
taglio delle commesse da parte di
imprenditori nazionali;
alcune
aziende enologiche ed olearie,
che hanno iniziato il confezionamento e la commercializzazione dell'olio
extravergine d'oliva di provenienza esclusiva dai territori alle pendici dell'Etna (olive nocellara etnea, tonda iblea e biancolina),
premiate per i
loro prodotti di eccellenza;
industrie di
trasformazione di prodotti agricoli e zootecnici,
fabbriche di materiali da costruzione,
segherie, e sopratutto
aziende dedicate alla lavorazione e trasformazione del pistacchio
che proprio in funzione del suo colore verde vivo (un vero e proprio
marchio, l'"oro verde di Bronte"), è commercializzato quasi
prevalentemente in condizione di "pelato".
Per la bellezza e l'unicità del territorio un notevole incremento
allo sviluppo occupazionale potrebbe darlo l'industria turistica
ma le sporadiche iniziative via via programmate stentano sempre a
decollare e vengono ben presto abbandonate e dimenticate.
Resistono ancora alcune piccole industrie dedicate alla frantumazione e alla
lavorazione della pietra lavica ed alla
trasformazione della legna in carbonella
(quest’ultima di fattura tradizionale e di ottima qualità, viene
esportata anche all’estero).
I carbonai di una volta erano uomini che vivevano per la maggior parte
dell'anno fra i boschi dei Nebrodi e dell'Etna a tagliare alberi ed a
produrre carbone di legna.
Anche
oggi (agli inizi del nuovo secolo), per i pochissimi carbonai che ancora continuano l'attività, non è che sia cambiato granchè.
La tecnica è sempre la stessa: fare ardere grandi cataste di legna
coperte da terriccio inumidito per ottenere il carbone o la carbonella per
uso domestico.
Solo una piccola Azienda brontese, con la manualità e la tecnica del
passato, continua a svolgere questa antica attività, ottenendo un
prodotto di qualità richiesto da molti paesi esteri.
Il lavoro del
carbonaio è duro e pericoloso: in mezzo a esalazioni venefiche deve
controllare costantemente l'andamento della combustione per chiudere
con zolle di terra bagnata le prese d'aria laterali, o per introdurre dall'alto altra legna da fare ardere lentissimamente.
Le cupole di
terra (4-5 metri di altezza con un diametro di circa 8 metri) hanno un
cratere centrale (o camino); contengono i tronchi che il fuoco
alimentato dall'alto carbonizza lentamente senza ridurli in cenere.
Con lunghi pali acuminati i carbonai fanno dei buchi (fumarole) per
far fuoriuscire il gas dalle fornaci.
Solo dopo giorni e giorni di dura fatica e di apprensioni (la cottura
richiede da 15 a 20 giorni), il carbonaio può finalmente ammirare il
frutto del suo duro lavoro.
Il prodotto, ormai pronto, viene immesso in grossi sacchi ed avviato
al centro di commercializzazione di Bronte.
Per produrre un quintale
di carbone occorrono circa 6 quintali di legna.
|