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Il pecorino pepato di Bronte

Questo formaggio ovino, il più antico della Sicilia, era noto e lodato già dai Greci.

Quello brontese, a pasta dura, compatta, cruda, con sapore piccante e profumo persistente, ha una sta­gio­natura da 3 a 12 mesi circa. E' fatto con latte intero di pecora intero crudo ancora con attrezzature artigianali e con procedimento natu­rale (aggiunta di caglio) in forme rotonde.

Si utilizza come formaggio da tavola, grattugiato o da cucina.

La lavorazione è ancora fatta con tecniche che ven­gono tramandate da padre in figlio e con l’utilizzo di attrezzature tradizionali: ‘a quaràra (caldaia in rame stagnato), ‘u zubbu (rotula di legno), ‘u serra­tizzu (tina di legno), i fuscelli (canestri di giunco o di can­ne), ‘a scumaricotta (cucchiaio in legno) ed altri at­trezzi.

Il latte è riscaldato ad una temperatura di circa 37°C e addizionato con caglio di agnello o capretto che determina la coagulazione della caseina. Il coagulo viene rotto in piccole particelle e poi posto in canestri e pressato a mano.

Le forme vengono immerse nel siero caldo (rimasto dopo la contemporanea lavorazione della ricotta) per la successiva fase di scottatura e poi poste ad asciugare su piani inclinati.

Nei giorni successivi il formaggio viene salato a secco e dopo circa una decina di giorni può essere commer­cializzato com "primo sale" oppure lavorato con una seconda salatura, ed eventualmente una terza: dopo due mesi, e posto a stagionare in appositi locali fre­schi per un periodo di 6-8 mesi.

Il periodo di maturazione e salatura caratterizza di­verse fasi e caratteristiche del formaggio pecorino:

- un formaggio a pasta morbida ed elastica, fresco e non salato, a 24 ore dalla produzione detto "tuma",

- un formaggio a pasta semidura dopo una prima sala­tura detto "primo sale", dal sapore dolce e delica­to e leggermente piccante.

- infine, a seconda del tempo di stagionatura (dura in genere un massimo di circa 12 mesi), possiamo ave­re un pecorino stagio­nato piùo meno gustoso e più o meno duro con colore della pasta bianco avo­rio.
Si chiama "Tumàzzu" raggiunge il caratteri­stico profumo e l'inconfondibile sapore piccante.

La crosta si presenta di colore bianco-giallo­gnolo più o meno intenso tendente all’ambrato, nel prodotto più stagionato, porta impressi i segni della formatura nei canestri di vimini (oggi, in genere, si adopera un canestro di plastica) dove è stata posta la pasta ancora morbida.

Le forme di pecorino brontesi hanno un diametro di circa 40-50 cm con un'altezza di 10-15, per un peso di 10-20 Kg..
La stagionatura è ancora effettuata in locali dove la maturazione dei formaggi  è regolata da condizioni esclusivamente o prevalentemente naturali.

Per rafforzare il caratteristico sapore piccante vengono a volte anche aggiunti alla cagliata grani di pepe nero.
In questi ultimi anni viene sempre più apprez­zato anche con l'aggiunta del pistacchio verde di Bronte.

 
Formaggio, rottura del coagulo
Incanestramento del formaggio
Asciugatura del formaggio

Fra i prodotti caseari di Bronte sono da ricordare il pecorino pepato, i formaggi al salame e al capicollo, i formaggi e la ricotta con aggiunta di pistacchio, di verdure o al peperoncino, la provola fresca o stagionata, la ricotta di pecora (fresca o salata o al forno).

Da ricordare anche alcuni prodotti a base di pistacchio quali il pesto o la nutella, i legumi ed altri cereali, il pane (fatto in grosse forme da 1,5 Kg con farina di grano duro e cotto nel forno a pietra), i dolci (fillette, nuvolette, paste di mandorla e di pistacchio), l'Olio d'oliva, il vino e l'eccezionale qualità della frutta fresca.

Prodotti tipici di Bronte: ricotta infornata o salata

Nella foto sopra, ricotte infornate e salate. La ricotta salata è un indispensabile ingrediente di alcune rinomate pietanze siciliane (citiamo la pasta alla norma o le melanzane fritte).


La ricotta

Il termine ricotta, dal latino recoctus, sta ad indicare la ricottura del siero. Il siero di latte della specie prescelta (vaccino, ovino o caprino) posto nella tina viene riscaldato e addizionato di sale o lattice di fico o agro, a seconda delle usanze e del tipo di latte, quindi portato alla temperatura di circa 80-90 °C, previa aggiunta di una piccola percentuale di latte di capra o della stessa specie, fino alla coagulazione delle sieroproteine che determinano l’affioramento della ricotta. Una volta affiorata, dopo aver eliminato la schiuma in superficie, la ricotta è raccolta con il mestolo e posta nelle fiscelle che verranno sistemate su un tavolo spersorio a spurgare.

La ricotta, cremosa e morbida, è uno dei prodotti tipici di più largo consumo. Ha colore bianco avorio, più giallo paglierino per la ricotta di vacca, una forma tronco conica dovuta alla fiscella nella quale è contenuta e sapore dolce.

Può essere consumata fresca, infornata oppure dopo ripetuta salatura, asciugata su tavole di legno in ambienti naturali e ventilati, da consumarsi grattugiata. Quest'ultima, di antica tradizione, notoriamente è indispensabile ingrediente di alcune rinomate pietanze siciliane (non può mancare sulla pasta alla norma o sulle melanzane fritte).

La ricotta infornata si ottiene dopo 1 - 2 giorni dalla produzione: la ricotta è posta in contenitore di ceramica, preventivamente imburrato (talvolta cosparso di pepe nero macinato) e cotta in forno a pietra a 180-200°C per un tempo di circa 30 minuti fino all’ottenimento di una sottile pellicola di colore bruno-rossastro.

Agostino Gallo (1499 – 1570), l'agronomo protagonista dell'agronomia cinquecentesca nel suo libro Le dieci giornate della vera agricoltura e piaceri della villa (1564) dove propone la prima analisi razionale della tecnologia casearia, afferma che la ricotta di capra è la migliore in assoluto, mentre la ricotta di pecora risulta più saporita rispetto a quella vaccina.
Ed in effetti ancor oggi i gusti non sono cambiati.
 


La frutta fresca

Pregiata e di elevata qualità anche la produzione di frutta fresca. Nel territorio di Bronte, e in particolare nella valle dell'Alto Sime­to (nella zona di Bolo ed ai piedi del paese), in poco più di trent'anni si è sviluppato un polo frutticolo di oltre 1000 ettari coltivati principalmente a pero e pesco.

Le origini di questa produzione risal­go­no al 1951 quando il barone Fran­ce­sco Pace, sull'esempio di quanto fatto nel­l'Emilia-Romagna che aveva dato inizio alla moderna frutticol­tura italiana, impiantò i primi 36 ettari di alberi di pero, pesco e melo.

Altri coltivatori seguirono il suo esempio ed, in cinquant'anni, oggi si è raggiunta una superficie totale investita a pero di circa 1.000 ettari con presenza preponderante della varietà Coscia (70%) e della Butirra d'estate (18%) ma anche delle varietà Abate Fetel, Kaiser, Conference, Decana, Passa Grassana, Butirri e Garofalo.

Le pere, le pesche (a pasta gialla o Tabacchiera), la nettarina bianca, sono rinomate nei mercati nazionali per sapore, odore, colore e la particolare consistenza della polpa.

La pesca tabacchiera dell'Etna è un frutto di taglia medio-piccola dalla forma particolarmente schiac­ciata, da cui appunto deriva il nome di “tabacchiera”. Ha un colore della buccia rosso vivo, una polpa bianca, particolarmente tenera, un odore intenso e spiccato ed un sapore dolce delicato.

Ottima da tavola, impiegata spesso per la preparazione di granite e gelati di produzione artigianale. Riesce a conferire il suo gusto succoso e dolce a preparazioni che prevedono le classiche creme. Particolarmente indicato è l'accostamento con i frutti di bosco.

Un'esplorazione delle pasticcerie brontesi consentirà di sperimentare, complici i cinque sensi, come, alla stregua del pistacchio, la cucina locale abbia saputo accogliere e valorizzare questa prelibatezza naturale.

La zona di produzione della Tabacchiera è proprio sulle pendici dell'Etna dove il frutto trova il suo habitat ideale. Insieme con i pistacchi, le pesche dell'Etna, e la Tabacchiera in particolare, si collocano a buon diritto tra le prime specialità del territorio brontese.
 

mail to: levallidelletna@tin.itAl fine di promuovere e rendere identificabile la frutta proveniente dal territorio, alcuni anni fa era nata una organizzazione di produttori ("Le Valli dell'Etna").
Per evidenziare le peculiari caratteristiche organolettiche delle pere e delle pesche di Bronte, utilizzava anche un marchio ("Oro dell'Etna", con lo slogan "un vulcano di sapori"). Era riuscita in pochi anni ad imporsi nei mercati piazzando in catene distributive nazionali tutta la produzione locale. Ma, purtroppo, dissidi e rivalità, la poca esperienza associativa (diciamo così!) ma, sopratutto, la nostra cronica mancan­za di mentalità cooperativistica hanno fatto ben presto morire la brillante iniziativa.

Il pistacchio verde di Bronte

Pesca Tabbacchera, un eccellenza brontese

     

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