«Caro Pippo,
conoscendo l’amicizia che ci lega da una vita, gli amici di
“Bronteinsieme” mi hanno chiesto qualche flash back. La cosa mi ha
certamente fatto piacere ma allo stesso tempo mi ha messo in
apprensione dato che il brevissimo tempo concessomi non mi permette di
mettere bene a fuoco i tantissimi ricordi della nostra età giovanile.
Ricordo bene che, quando ancora bambino, mi iscrissi all’Azione
Cattolica, allora unico punto di riferimento per i ragazzi brontesi,
tu fosti uno dei pochi a mettermi a mio agio ed ad introdurmi
nell’ambiente.
Questo grazie alla stima che, pur ragazzino, godevi da
parte di tutti. Con l’andare del tempo, conoscendoti meglio, ho capito
il perché.
La tua disponibilità verso tutti, il tuo spirito
d’iniziativa, il coraggio nel manifestare le proprie idee, la coerenza
nel vivere cristianamente la propria fede, facevano di te un punto di
riferimento ed un esempio da imitare.
Col tempo la nostra amicizia si è sempre più rinsaldata anche grazie
ad un comune sentire che ci legava. Per circa dieci anni, con gli
altri nostri amici (Gino Schilirò, Ciccio Rubino, Pippo Armenia,
Micenzu Maggio, Pippo Immormino, Romolo Cannata, Gino Luca, Alfio
Venia, Tanuzzu Reitano, Ciccio Giarrizzi e tantissimi altri che
sarebbe troppo lungo ricordare) abbiamo lavorato per far crescere la
nostra cara associazione, conciliando l’aspetto ludico con l’impegno
cristiano.
Ricordo, come se fosse ora, le giocate “a nascondere” o con il
“passovolante”; le partite a ping-pong; le gite in campagna; i
campeggi “o pammentu ra Lifisza” con padre Teodoro (cappuccino
di notevole stazza) e “o Pezzu” con padre Camuto; le recite
teatrali alle quali tu partecipavi sempre con una punta d’invidia da
parte mia che ero del tutto negato anche se trovavo una parziale
consolazione nel fatto che tu non prendevi parte alle nostre
interminabili partite di calcio dato che non eri portato per lo sport;
la prima mostra Grest nel 1953.
Allo stesso modo ricordo anche la
puntuale frequenza alle Messe domenicali, i Rosari durante il mese di
maggio, la partecipazione alle molteplici processioni, i ritiri
spirituali.
Poi tu hai seguito la chiamata del Signore ed hai scelto la vita
sacerdotale.
Hai coronato un tuo sogno di ragazzino che noi tuoi
amici, e chi ti stava accanto, percepivamo chiaramente.
E mentre, di quei “baldi” giovani, in tanti abbiamo più o meno tirato
i remi in barca, tu continui a remare nella giusta direzione, senza
mai stancarti, con lo stesso entusiasmo e la stessa passione
giovanile.
Che i venti ti siano sempre favorevoli!
Io e, son sicuro, tutti gli altri amici ti saremo vicini con la
preghiera.
E’ questo l’augurio più sincero e, conoscendoti, più gradito per i
tuoi 50 anni di sacerdozio.
Con stima ed amicizia»
Tano Lupo Pontedera, 12 Agosto 2007
«I Miserabili di Padre Gliozzo Sono stati i veri compagni per tutta la sua vita di irriducibile
testimone di Cristo
«Caro Padre Gliozzo, quando ho ricevuto l’email di Piero Martello con la data della tua
festa per il 26 agosto 2007, ci sono rimasto proprio male. Non potrò
essere con voi, perché quel giorno sono a Zurigo, dove l’indomani si
apre il convegno della World Association of Detectives. Un
impegno preso da tempo ed indilazionabile. Cerco di essere presente in questo modo insieme a voi, ricordando un
aspetto di te che si aggiunge alle commoventi righe di Tano Lupo. Tra i primissimi ricordi che ho di te, ci sono le travagliate
discussioni alla fine delle quali sei riuscito a requisirmi una
copia di I Miserabili, che conservavo gelosamente. Un
volumone enorme. Mio nonno non sapeva che Victor Hugo fosse nell’Index
librorum proibitorum, quando me l’aveva comprato, da un
ambulante che un paio di volte l’anno veniva a Bronte dal Continente
per vendere i coloratissimi volumi dell’editore Lucchi, su una
bancarella improvvisata, ai piedi della scalinata di fronte al
Collegio Capizzi. Sarà stato il 1959 o il 1961.Potrei dire che da allora non ricordo più un altro tuo gesto di
incondizionato allineamento ad una ortodossia formale. Anzi, a tuo
modo sei stato in pieno catturato dai miserabili (proibiti!). La tua
biografia può essere legittimamente raccontata in modo asettico,
diplomatico, agiografico, ma in verità sei stato un personaggio
scomodo, in macroscopico contrasto con i pari e con le gerarchie,
processato e condannato ad un severo purgatorio davanti a Via delle
Finanze. Non hai fatto carriera; ti sei scontrato con un'altra
maniera di intendere la fede, e deliberatamente vivi a San Berillo
assediato dai rifiuti della società, in tutti i sensi. Una scelta di
vita, si potrebbe dire, ma non una scelta del tipo tra fare il
dentista o l’avvocato. Sei stato un prete davvero imbarazzante,
anche per i laici, perché hai ricordato fisicamente e caparbiamente
che un altro mondo esiste, o almeno dovrebbe esistere, visto che è
capace di farsi rappresentare ed incarnare da ambasciatori del tuo
stampo. Quei Miserabili che mi avevi sottratto quando ero bambino,
sono stati i tuoi veri compagni per tutta la tua vita di
irriducibile testimone di Cristo.
Quelli come me, come Piero, come
Tano e Nino Longhitano, come tanti altri tuoi ammiratori, amici,
discepoli, insomma quelli che più o meno prosaicamente se la cavano,
siamo rimasti in qualche modo di contorno e di giustificazione,
mantenuti giusto a prova provata di un tuo inesistente razzismo nei
confronti dei regolari e dei normali. Alla stessa maniera di Tano Lupo, cinquanta anni dopo, anche io ti
ricordo limpidamente come se fosse allora, quando avevo i calzoni
corti: per me sei stato un altro padre ed uno strano prete, come don
Orione, come i pochi che sono ricordati a rappresentazione non
dell’umanità com’è, con le sue miserie, ma di un’umanità sovrumana,
secondo alcuni toccata dalla Grazia e secondo altri degna della
panthéonisation. Salendo lungo Rue Soufflot, la prima cosa che
impressiona del Panthéon è l’iscrizione maestosa del frontone:
Aux grands hommes, la patrie reconnaissante. Intimidisce perchè
impone massicciamente il confronto tra noi e loro, con le più
inquietanti domande sulla grandezza, l’umanità, la riconoscenza, la
patria. Tu, non sei stato profeta in patria, ma non agognavi tanto. Quando ho ricevuto la notizia della tua festa, ero fresco di
chiacchiere intorno ad un recente film che sta raccogliendo uno
straordinario successo internazionale, Le vite degli altri;
ha per tema gli uomini buoni (c’è visibile su internet una
ragguardevole dissertazione, sul sito della New York Review of
Books, May e July 2007). Alla fine del film, il protagonista
entra in libreria, prende un volume con il titolo Die Sonate vom
guten Menschen (in italiano, Sonata per uomini buoni), la
commessa gli chiede se vuole una confezione regalo; no, risponde,
Es ist für mich, è per me. E così si chiude la storia, con un
finale travolgente, che bisogna vedere per apprezzare. Un recensore
ha scritto che quel film sulla bontà degli uomini Es ist für uns,
è per noi. Ogni memorabile favola sulla vita narra infine di noi. Caro Padre Ghiozzo, hai fatto per una vita, delle vite degli altri
la tua vita: malati, sofferenti, carcerati, vecchi, poveri,
prostitute, immigrati, drogati, disturbati e sfortunati, spiantati e
sbandati, deviati e devianti di tutte le risme e di tutte le
latitudini. Una vita alla grande; una vita esagerata, più di Steve McQueen. Con gli ultimi, con i tuoi ultimi, sono tra i primi, a celebrarti
come uomo e come prete e come Padre. Non so cosa può essere un
anniversario per te che vivi con un riferimento supremo fuori dal
tempo e dallo spazio; non ci sarò il 26 agosto, ma, se non nella
Civitas Dei, comunque, in un altro punto imprecisato dello
spazio e del tempo, nel cuore vom guten Menschen, ci sei ogni
giorno, per noi, per sempre.»
Francesco Sidoti Catania, 19 agosto 2007
...Condividere le inquietudini, i turbamenti, gli slanci, i fallimenti ...
«Don “Pippuzzu” carissimo Cinquant’anni di sacerdozio!! Una vita al servizio di Dio, al
servizio dell’uomo. Vorrei dire tante cose, ma non è semplice. Ho letto le considerazioni di Tano Lupo. Ho potuto
apprezzare, tra l’altro, la fraternità, l’amicizia, la stima
reciproca: doti che hanno accompagnato quei ragazzi fortunati per
tutto il loro cammino. Vorrei aggiungere soltanto alcune riflessioni personali, ma che,
credo, siano condivise da quanti hanno avuto la fortuna di
incontrarla. Rivivo il nostro primo incontro: eravamo, una sera dell’estate
1958, nei locali della parrocchia di san Silvestro – la
“Batia” - ho provato, nella circostanza, la sensazione di
avere incontrato uno che non era lì per caso, uno che aveva risposto
con straordinaria generosità ed immenso entusiasmo alla chiamata di
Qualcuno. Mi impressionò molto quel viso luminoso, da cui traspariva
serenità e gioia di vivere.
Con gli anni la sensazione divenne certezza: abbiamo potuto
constatare quanto lei fosse presente nei nostri momenti di crisi nel
delicato passaggio all’età adulta. A nessuno, credo, sfuggiva quella
sua particolare attenzione e quella speciale sensibilità verso quel
nostro universo giovanile in tempi in cui cominciava a delinearsi
una cultura sempre meno attenta alle nostre richieste interiori. Ciò le
consentiva di opporre proposte di percorsi umani e spirituali chiari,
tesi a svegliare le coscienze, non ancora mature ma in cerca
del senso profondo dell’esistenza. Lei riusciva a condividere le inquietudini, i turbamenti, gli
slanci, i fallimenti di quei ragazzi alle prese con il loro mondo
“adulto”; lei sapeva parlare al cuore dei ragazzi perché
straordinaria era la sua capacità di ascolto. Poi venne il tempo,
per ciascuno, di andare per la propria strada; lei scelse di stare
in piazza Cappellini, con gli ultimi: scelse una vita sacerdotale
interamente spesa al servizio degli altri nel segno di “caritas Christi urget nos”. Grazie per tutto questo. Con tutto l’affetto possibile e la stima di sempre»
Mario Rappazzo Moncalieri, 20 agosto 2007
...Egli è sempre lo stesso, anzi migliore ...
Grazie, Padre Gliozzo,
«Dicono gli esperti di pittura che quando un ritratto è riuscito
bene, allora sembra che gli occhi della persona raffigurata seguano
lo spettatore ovunque si muova.
Una sensazione simile si prova
ascoltando le omelie, e gli altri discorsi, di padre Gliozzo, perché
si ha l'impressione, anzi la certezza, che egli non stia facendo
discorsi generali e generici, ma che si rivolga a ciascuno dei
presenti, a ognuno dedicando la sua attenzione e la sua riflessione.
Credo che sia questa la cifra che identifica il modo di essere di
padre Gliozzo, la sua maniera il suo stile di rapportarsi agli
altri, il suo modo di intendere e di praticare la fraternità
spirituale, ma anche il rapporto umano (ammesso che fra le due cose
vi sia differenza).
Non ricordo di aver mai visto padre Gliozzo
trattare con me, o con chiunque altro, in maniera distratta,
formale, “educata”, burocratica.
Perché questo sa che io, tutti
cerchiamo, e questa ci da, cioè l'autenticità e la semplicità del
vero voler bene. Il che non esclude che egli distribuisca strattoni
e scossoni, che fanno male ma non feriscono.
E allora mi viene da pensare al giovane prete entusiasta e rigoroso,
religioso e razionale, che si mette a “perdere tempo” e a dannarsi
con gli scombinati ragazzi e giovani dell'Azione Cattolica come se
dalla loro sorte dipenda la salvezza del mondo intero. E questi
ragazzini e giovani fa sentire responsabili di tutto il mondo, la
cui sopravvivenza dipende dall'impegno e dalla dedizione di
ciascuno.
E guai a chi ha la “sventura” di prenderlo sul serio,
perché allora è finito il suo quieto vivere, non ha più spazio per
il conformismo, non si può più permettere di essere uno dei tanti,
nel gioco come nello studio, nella religione come nelle scalate in
montagna.
Con un coinvolgimento totale che faceva ingelosire mia
nonna che, pur profondamente religiosa, non riusciva a capire perché
suo nipote passasse le serate nelle attività organizzate da quel
prete, che cosa questi avesse di diverso dai preti “normali” che lei
conosceva.
Ma anche lei capiva che questo prete, a differenza dei suoi colleghi
“normali”, non era un burocrate della religione, un impiegato di
parrocchia, ma un uomo che credeva in ciò che diceva e che faceva
ciò in cui credeva. E che voleva davvero bene ai suoi ragazzi, e che
quindi a lui poteva affidare anche il suo prezioso nipote. |