L'OPINIONE DI ...

RIFLESSIONI al FEMMINILE

a cura di Laura Castiglione

OGNI TANTO UNO SGUARDO AL FEMMINILE AL MONDO CHE CI CIRCONDA

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Esiste ancora il ...vero uomo?

Lo sguardo scorre sul poster che raffigura un uomo nudo e si sofferma sorpreso: - cosa ci fa in quel punto un cervello? - Le donne rispondono: - è il suo posto naturale! -

Nel gergo comune gli uomini dicono che il vero uomo ha quattro “cervelli” e, secondo i casi, qualcuno anche quadrati.

Quasi allo stesso modo si gratifica una donna in gamba che per esserlo deve possedere oltre la costola di Adamo i cosiddetti “cervelli” ma solo due e sferici: nella norma!

Gli uomini che alcune donne incontrano oggi, a loro dire, non possiedono queste “malformazioni” e si chiedono se esiste ancora il vero uomo, lo aspettano o se lo cercano non lo trovano: autorevole, maturo e responsabile, con una spalla solida su cui poggiare il capo.

La donna di oggi ha sollevato l’uomo dal mantenerla, ha perduto quella soggezione camuffata di rispetto, non conosce i vecchi detti come, sevvi l’ommu tò secundu ‘u vizziu sò e non li mette in pratica; e mentre ieri considerava la sicurezza economica il “tutto” e, il “resto”, lo rinviava a tempi migliori, oggi non vuole aspettare, pretende il “resto” e spinge l’uomo a darsi una mossa verso quella direzione che, spesso, non sa neppure lei in cosa effettivamente consista.

Ho ascoltato le confidenze di una cercatrice di veri uomini delusa e le ho detto come la penso:

- “Ragazza mia, ti spiego gli uomini, ti servirà quando li adopererai”: il prototipo del vero uomo che “l’orgoglio tiene su” lo hai mitizzato, in realtà è “fragile”, e non si sarebbe realizzato se le donne non l’avessero alimentato, in parte per necessità e anche per invidia.

Non è facile per lui essere un vero uomo come lo vorresti e, a confronto del padre, oggi si sta impegnando e si sforza in ciò che sa fare e in ciò che può dare.

Se l’uomo non possedeva ieri qualifiche a tutto tondo, perchè cercarle oggi se non si può fare a meno della sua attrazione fatale? “Devi esser forte”, una vera donna tu, e non solo per lui ma soprattutto per te stessa.

La ragazza riflette, sorpresa:

- conversare con lei è stato confortante, “adesso so com’è”, però, me lo poteva dire prima! -

- Ragazza mia, l’avevo prima questa pagina su cui scrivere? -

Settembre 2012

(Mina, Anche un uomo - Poster di Viola di Massimo)

La “storia”...
...e la stanchezza

Con una certa frequenza, s’incontrano donne e uomini soli, sconsolati o che si consolano alla bisogna e si evita, ad alcuni di loro, di porre la domanda - come sta tua moglie o tuo marito - nel timore della risposta - ma, sai, ha una storia. -

La parola “amante” oggi è sostituita con “storia”, forse perchè l’avventura è di breve durata e farà presto parte della storia? Non si sa! Ma si sa di certo che alcuni, esercitando l’extra attività e, malgrado l’accortezza, si facciano scoprire e, come viene naturale, per imbecille si prende lui e per cretina si lascia lei e ci chiediamo come sia potuto accadere.

Forse perchè s’illudono che il metodo usato sia sicuro? Forse perchè sottovalutano le capacità investigative del compagno curriculare? O perchè lo considerano un gioco e che non ci sia nulla di male, anzi di bene, da fare ad altri e a se stessi?

Se i malcapitati, quasi sempre vengono scoperti ci deve essere una falla!

Purtroppo non c’è una statistica e tentiamo di elaborare una teoria: il momento in cui va tutto liscio è l’inizio della storia dove nascondere fa parte del gioco ma, arriva il momento in cui subentra un’ansiosa stanchezza anche, e soprattutto, per inventare scuse sempre nuove e credibili.

S’imbocca la strada del rientro alla vita meno stressante che sorprende perchè è più difficile di come si pensava, specialmente se il partner coinvolto non vuole ancora archiviare la storia.

Come togliersi dai casini? E qui ci sta a fagiolo! Inconsciamente, per liberarsi dall’insopportabile peso, all’improvviso, ci si ricorda della persona più vicina, la moglie o il marito, e si butta lì, come per un caso fortuito, un piccolo e insignificante indizio ma chiaro e forte!
Eh! Voilà! Cu si visti si visti!

- E questa sarebbe una teoria o è un gioco perverso - direbbe qualcuno!

E’ una teorica perversione! Ma, un compagno/a di vita, che ci sta a fare se non lo si chiama a soccorrere nei momenti di bisogno?

“Il caldo ancora persiste e spero che i miei lettori non siano maneschi: sono minuta e debole, non ne avrebbero soddisfazione!”

Agosto 2012

Sposarsi a luglio? Megghiu cu friscu!

Le “convergenze parallele”

Al metà luglio, con 40 gradi all’ombra, assisto al matrimonio della figlia di amici tra il mormorìo degli uomini, in giacca e cravatta, e quello delle signore sofferenti per i loro tacchi alti.

I genitori degli sposi pregano perchè i loro figli siano felici e al “parlate ora o tacete per sempre” la suocera tace, anche, per tutte le spese subite! Il prete si dilunga nella predica, parla per metafora e, incurante dello sventagliare frenetico delle signore, si rivolge agli sposi: dovrete essere come una coppia di ruote dentate perchè il moto della vita si trasmetta; dovrete comporre un puzzle in cui ogni tesserina s’incastri nell’altra per formare un bel paesaggio.

Cita un passo della Bibbia: “l’uomo lascerà il padre e la madre e si unirà alla propria moglie e i due diventeranno una sola carne”.

A questo punto, "presa di caldo", vengo colta da un malore improvviso!

Capisco che il prete svolge il suo compito ma, se due individui perfettamente estranei e con un bagaglio culturale e genetico diverso decidono di sposarsi, non bisogna scoraggiarli a fare sforzi e, neppure, naturalmente, incitarli al “divertimento” per il quale non servono consigli!

E’ proprio necessario fare accavallare i denti delle ruote? E perchè formare un bel paesaggio e non uno naif? L’ha ordinato il medico questa tera­pia demenziale? Pare di si, perchè egli, senza “tuccàrici u puzu” possa fare la sua diagnosi: questa è una coppia sana!

Certo lo stare insieme “non veni ri caràta” mano nella mano verso il tramonto!

Ma si può passeggiare anche l’uno dietro l’altro: c’è chi ha il pas­so svelto e chi lento o chi gioca a rugby mentre l’altra sgambetta nella danza; si può prendere lo stesso treno per andare a trovare i genitori mentre lui pregusta la cucina di sua madre e lei quella della sua mammina; e a proposito di cucina perchè diventare una sola carne? E se a uno dei due piace il pesce?

Penso che un’indicazione ragionevole da dare agli sposi sia quella di mantenere la propria individualità nel rispetto dell’altro ma, se al primo rulla­re di tamburo venisse la tentazione di cambiare strumento musicale: tutti i cunsigghj pìgghiari ma i tò ne lassàri!

Sposarsi a luglio? Megghiu cu friscu!

Metà luglio 2012

Il filippino di oggi!

Intorno agli anni 70/80 era difficile trovare una colf del luogo a prezzo accettabile. I sindacati ce l’hanno messa tutta per aiutare la donna che lavora. Tra stipendio, contributi, tredicesima, buonuscita, ferie pagate, straordinari, e col terrore di essere denunciati dalla collaboratrice domestica, anche per un pelo nell’uovo, una donna che aveva un lavoro, pensò che le restavano due possibilità: lasciare il lavoro o passare la sua busta paga direttamente alla colf.

Alcune, scoraggiate, hanno scelto di restare a casa per crescere i figli di suocera e le figlie di mamma; altre, invece, determinate a non perdere l’opportunità di un lavoro si sono messe in casa un filippino che era inadeguato ai lavori domestici e, quasi impaurito dall’aspirapolvere, usava la scopa per togliere le briciole dal tavolo.

Vagava confuso per casa indossando una giacca coreana nera in un tutt’uno con la pelle scura e, unico contrasto, “il bianco dell’occhio” e il bianco del palmo delle mani; lasciato a se stesso, si faceva dare una mano, e non solo letteral­mente, dalla filippina della porta accanto.

Lui, però, era contento: si sentiva gratificato di essere considerato uno status symbol della sua “padrona”.

Oggi non esiste più il filippino originale perchè è stato soppiantato dal marito di qualche signora che lo ha fatto torna­re in auge, anche se non è di colore, ma non si può avere tutto dalla vita!

Il marito-filippino sa usare gli elettrodomestici, sa fare la spesa e cucinare, apparecchiare, sparecchiare e caricare la lavastoviglie, oltre e, naturalmente, fare lavori di concetto come la differenziata.

Ci cara u latti, a fare il bagnetto al bambino, ma per ora non lo allatta!

Nel tempo libero gli è consentito il doppio lavoro: pi puttàri soddi a casza!

Cosa importante, e non trascurabile, è a costo zero! Certo non si può pretendere che sia contento di essere considerato lo status symbol della moderna famiglia italiana e non lo accetta!

Ma a questo si può porre riparo: purchè la moglie lo presenti, senza ironia, alle amiche mentre indos­sa il grembiulino a fiorellini:

- Questo è il mio filippino!

- Come ti trovi? - Accenna invidiosa un’amica!

- Ma, ti dirò, ne ho cambiati diversi, questo, e mancu u vogghiu riri... pare che stia resistendo! -

Luglio 2012

L’errore e la tentazione

Le conseguenze di commettere errori tutti le conoscono e si può anche dire: chi non ha sbagliato scagli la prima pietra. Ma non tutti gli errori insegnano a non ripeterli, imparando la lezione.

L’errore in genere è sempre diverso da quello che lo ha preceduto ma, se si ripete con le stesse modalità e per le stesse circostanze, si chiama errore reiterato e non solo ma, a seconda di chi lo commette, cambia la responsabilità.

Per esempio, se una donna tradisce una sola volta si dice che la poveretta ha commesso un errore, se invece lo ripete, non si dice mai che reitera, ma è “bottana”, e per le orecchie sensibili: una donna poco seria o, ironica­mente, è seria perchè quando fa sesso non ride! Al contrario avviene per l’uomo, e non avevamo dubbi: quando ripete “l’errore” si dice che la sua carne è debole e cade in tentazione.

Ormai non possiamo fare nulla per cambiare il corso della storia che ha avuto inizio con Adamo, il primo a cadere in tentazione. E’ vero che Adamo ed Eva sono stati cacciati dall’Eden perchè peccatori in egual misura, ma Dio, non lo doveva sapere come sareb­be andata a finire la soap opera? Perchè gli ha messo accanto chilla, Eva, a tentarlo?

L’ha messo alla prova, dicono le sacre scritture.

Alla prova? E perchè?

Forse perchè nella stanchezza della creazione aveva dimenticato di met­tere ad Adamo il, poi diventato famoso, pomo? E sarebbe stata una svista imperdonabile per un dio!

Certo è che questo pomo, al poveretto, è rimasto in gola; è lì per caso? Ha lo scopo di muoversi in giù e in su per ricordare all’uomo che la ten­tazione è sempre in agguato? E noi siamo ancora qui a farci domande? Comunque siano andate le cose cu cc’ià ttacca a ciancianèlla o gattu?

E’ sicuro, però, che da quel giorno le donne non hanno giustizia: i loro, sono errori e quelli degli uomini tentazioni e, perfino, perdonabili!

Anche le donne hanno le stesse tentazioni, e diciamolo, ma non hanno il pomo di Adamo che le avverte di non commettere atti impuri e ci “stanno” come il cacio sui maccheroni!

Giugno 2012

L’intelligenza, se c’è, abbocca sempre

L'amo

Ci sono diversi modi per definire una persona da poco conosciuta e, ognuno, usa il metodo che ritiene affidabile.
Alcuni pensano che la prima impressione sia quella che conta e che l’abito faccia il monaco e, dopo uno sguardo fotografico, pronunciano il loro giudizio: vestita all’ultima moda o all’antica; ha un bel sorriso o i denti storti; le scarpe sporche o lucidate; gli occhi neri o azzurri; e chi più ne ha … (bravi, partecipate anche voi!).

In genere potrebbe risultare un metodo di giudizio impreciso, perchè una persona può presentarsi trascurata nell’aspetto e poi è d’ingegno, oppure, curatissima ma inconsistente.

C’è qualcuno che sorvola sull’aspetto fisico e usa un altro metodo: lancia una battuta ironica, l’amo, perchè l’intelligenza, se c’è, abbocchi. Nulla gratifica e arricchisce più di un incontro con una persona intelligente, anche se non s’instaura, necessariamente, un rapporto di amicizia; al contrario, nulla è più disarmante di un incontro che non lascia tracce e facciamo due esempi contrapposti.

Una signora si presenta: “io mi chiamo Amanda... lavoro in autostrada!” E’ una provocazione, per chi l’ascolta, a lanciare l’amo e risponde: “brava! Nel suo settore non c’è crisi, naturalmente”!

Amanda: “non faccio il lavoro a cui lei sta pensando, per quello è sufficiente una strada provinciale!” Bella risposta! Amanda è una signora in­telligente che non si fa dimenticare!

Al tavolo di un ristorante la conversazione langue. Il cameriere prende l’ordinazione e spiega cosa c’è nello spiedino: carne rossa, cipolla, pepe­rone, una quaglia. Una signora a voce sostenuta: “per favore, l’uccello, non mi piace!” Una commensale lancia l’amo: “cara signora, non sa cosa si perde!”

- Per carità, quel coso piccolo piccolo! -

- Potrebbe essere anche piccolo, purchè sia iucurànu! -

- Che lingua è? E che vuol dire?

- E’ brontese, tradotto: giocherellone!

- A lei piacciono gli uccelli? -

- Se sanno volare! -

- Ma certo! Se sono uccelli volano: in autunno emìgrano e in estate si presentano a tavola!

- Se incontrano lei ... emìgrano di certo... a tutte le stagioni... e di volata!

Con alcuni è proprio inutile buttare e ributtare l’amo, la loro intelligenza non abbocca!

E’ arrivata l’estate, buttiamoci e ributtiamoci a mare, augurandoci di fare incontri intelligenti!

Maggio 2012

Per socializzare

Una sera a teatro

Alle ore diciassette, del giorno in abbonamento pomeridiano, ci troviamo all’ingresso di un teatro dove si attende l’inizio dello spettacolo: “Un tram che si chiama desiderio” di Tennessee Williams.

L’età media degli spettatori è di settant’anni.

Osserviamo le signore: eleganti, ben messe, stesso colore biondino di capelli e stesso taglio, dentatura allineata, trucco sobrio e vivacizzato da pennellature di fard applicate con presbite estro; distribuiscono abbracci agli amici tenendo per mano il proprio compagno che le segue di buon passo.

Entriamo in platea. La scenografia ha un arredamento artificiale, con proiettori abbaglianti puntati sugli spettatori e alcuni di questi, sentendosi come sotto interrogatorio e infastiditi, lasciano il loro posto assegnato per trovarne uno migliore.

La maggioranza del pubblico rimane seduta composta mentre qualcuno, come è normale ad una certa età, si reca alla toilette posta ai lati del palcoscenico. Per carità, quando scappa scappa! Ma non si sa perchè gli incontinenti si siano fatti assegnare i posti centrali della fila costrin­gendo i loro vicini, con lieve difficoltà motoria, ad alzarsi rallentandone verso la toilette la corsa che, però, si velocizza lungo il corridoio.

Non è facile seguire lo spettacolo, come meriterebbe, perchè distratti da un flebile russare di qualcuno che la moglie non scuote per non distur­barlo o, forse, disinteressata anche lei allo spettacolo, ha abbassato il volume del suo apparecchio acustico.

L’atteso intervallo libera dalla forzata posizione e i commenti sull’introspettiva del dramma e l’interpretazione degli attori non sono gli unici argo­menti di conversazione. Il dopo pausa riserva una sorpresa che proviene dal fondo della sala: un signore, certamente, perchè le signore sanno controllare il loro discreto sonoro, esordisce con inconfondibili accordi, bassi e acuti, con scale di do maggiore dove acustica migliore non potrebbero trovare.

Lo spettacolo volge alla fine e scroscianti applausi gratificano gli attori con diverse chiamate.

E bello vedere come ad una certa età si salga sul tram del desiderio per socializzare: testimoni di una bellezza sfiorita ma viva anche se dor­mien­te, musicale, divertente e umana.

L’ironia nella battuta: “ma picchì non si nni stanu a so casza” non trova spazio, perchè soppiantata dalla contro battuta: picchì, i figghi, vòrunu chi si divèttunu e ... non ci stònanu 'a testa!

Primo maggio 2012

I figli?

'Nda vita ci vori futtùna!

Quando il neonato fa sentire il primo vagito, forte e chiaro, i genitori intravedono già che è di carattere; scrutano il suo visino, le manine, la forma dei piedini, il colore degli occhietti e dei capelli, riscontrano somiglianze con tutte le generazioni e ognuno se ne attribuisce i meriti.

In quell’esserino riversano tutto un mondo che esalta e meraviglia: a otto mesi, dicono che capisce tutto, a dieci cammina e i dentini del giudizio li scorgono già in fondo alle gengive. E’ il più intelligente di tutti e senza dire di chi: è spettu, diciamo a Bronte!

I genitori lo crescono con amore, ambizioni, speranze, illusioni e sogni inconfessati che lui realizzerà con loro e per loro. A scuola è bravo nei numeri e, meno, in italiano, ma farà il matematico, andrà alla Normale di Pisa, e gli invidiosi lo chiameranno il “normalista”, quasi dispregiativo!

Questo bambino così cresciuto, ormai ragazzo, sente il peso della responsabilità e fa di tutto per non deludere o per deludere e, comunque vada, ci sarà sempre qualcosa che non avrebbe dovuto fare o fare meglio o come ci si aspettava.

I genitori, delusi, sentono di aver sbagliato in qualcosa e guardano i figli degli altri che ce l’hanno fatta; si analizzano, si scrutano l’una con l’altro, intervengono là dove non devono, farebbero e, fanno, carte false; non si riconoscono e si chiedono se sono proprio loro, gli stessi che hanno tenuto il pollice verso contro tutti!

Riflettiamo: il bambino è bello, ma non più di altri, somiglia ai suoi genitori.

E’ intelligente, come la maggior parte dei bambini: alcuni parlano prima e altri dopo, anche Einstein fino ai due anni non parlava e fino ai nove farfugliava. Tanti imparano a camminare senza prima gattonare e, per difendersi, fanno gli occhietti furbi. I numeri, piccoli segni curvi staccati, lo attraggono e si diverte a copiarli, mentre la scrittura stenta a farla entrare dritta nel rigo.

Anche i bambini sognano, ma fiori e orsacchiotti di peluches. Da adulti, alcuni daranno spazio ai sogni dei genitori e, qualche volta, accade se i propri non hanno vigore e forza; altri, se sapranno lottare per i loro progetti, forse, deluderanno i genitori, ma mai se stessi!

Che dire? Che fare e cosa non fare? I genitori sbagliano sempre e allora?

Allùra, ‘nda vita cci vori futtùna!

Aprile 2012

Ma quanti peli ci sono in un uovo?

I dieci anni ambivalenti

Ma quanti peli ci sono in un uovo?!?L’ambivalenza è la coesistenza di due significati diversi e indica la possibilità di una duplice interpretazione. Il detto “mi ha tolto dieci anni di vita” è ambivalente; viene usato di norma per esprimere due stati d’animo diversi che scaturiscono da situazioni diverse e possono risultare contrastanti.

Facciamo un esempio: si va dal parrucchiere, il quale realizza un taglio corto e sbarazzino, con dei colpi di sole che illuminano il viso e soddisfatto dice: “questo taglio di capelli le ha tolto dieci anni di vita”, cioè, se la signora aveva sessant’anni varcando la soglia del mago Merlino pour dame se ne ritrova cinquanta, nel pieno della menopausa e, grata, quando esce non si fa rilasciare la ricevuta fiscale.

Ah! Se bastasse un taglio di capelli per togliersi dieci anni e ringiovanire, io per prima me li farei tagliare a zero!

Ma “mi ha tolto dieci anni di vita” si dice anche per un evento luttuoso o una malattia o un forte dispiacere, e sarebbe corretto se ci fosse la prospettiva di un pronostico certo di vita e per chiarire meglio: “avrei dovuto vivere fino ai cento anni ma a causa di questo evento mi fermerò ai novanta”.

Ma, ad oggi, nessuno conosce la data della propria dipartita che potrebbe avvenire, anche, il giorno dopo aver pronunciato il famoso detto; quindi, l’evento doloroso, non toglierebbe anni ma li aggiungerebbe facendo invecchiare di dieci anni.

E allora, come la mettiamo?

Si dovrebbe usare la frase fatta solo per farci sentire o vedere più giovani e belli e per le cose tristi coniare un’espressione nuova. Sono quisquilie o elucubrazioni cerebrali? Ma come si fa a non cercare il pelo nell’uovo se non per il gusto di trovarlo, zumarlo, sottoporlo e poi, con aria sorniona stare a guardare mentre vi “scippati i capilli”?

Ma quanti peli ci sono in un uovo?

Ci sono uova pelose e uova calve, ma anche uova pasquali dove auguro di trovare una bellissima sorpresa che tolga dieci anni di vita: agli uomini una donzella scherzosa e alle donne? Mah! E chi vurimmu fari: il solito marito!

Buona Pasqua 2012

Il silenzio della donna depressa

Il male oscuro

Il silenzio di una donna depressa è fatto di parole che non dice, di pensieri che non pensa, di sentimenti che non prova, di dolore che non sente.


Se lei ha deciso di tacere è perché non vuol parlare a se stessa di se stessa sulla sua esistenza, sulle decisioni prese dagli eventi più forti di lei, insieme a lei, senza di lei o contro di lei.

Il suo sguardo si rabbuia e si perde; solo da un levar di sopracciglio trapela il suo “ormai è finita” e rassegnata non si arma, non si vuole difendere, non cammina e vaga.

Chi la guarda si chiede cosa le sia accaduto, all’improvviso, ma non così improvviso: lei lo sentiva che le sue certezze le sfuggivano una ad una senza poterle afferrare. Si lascia fasciare dal vuoto e non vuol saperne più nulla di sè e degli altri, non vede la luce ma solo il buio dove rannicchiata non dorme.

Attraversa la piccolissima strettoia del quotidiano come prigioniera di una clessidra che gira e rigira, supera la discesa senza cercare un appiglio. Il ritmo del suo cuore si ferma e riprende; il panico l’assale e lei aspetta che si quieti o che l’afferri nella stretta finale e, insieme, in un volo liberatorio attraversino una finestra o un terrazzo.

E dove andrà? Lei non ha fede o l’ha persa, non c’è un cielo ad attenderla nè un posto al sole dove scaldarsi, è una meteora che perderà la sua scia e si spegnerà la sua storia.
Solo un’altra donna potrebbe entrare in questo suo silenzio, nuda delle banali e fastidiose parole: “ti devi distrarre, non ci pensare”. Le fa il dono che vorrebbe ricevere per sé: un silenzio senza una carezza o un sorriso e senza uno sguardo velato di pianto.

Sa di non sbagliare lasciandole il diritto di sentirsi infelice e finchè lo vorrà, senza costrizioni, senza trasferirle la paura di perderla; la rispetta e attende che la sua voglia di vivere ritorni a farsi ascoltare: flebile, pianissimo, piano.

Quaresima 2012

Le due vecchiaie

Cinquantenni a confronto

“Il vecchio, non farà quello che fanno i giovani, ma fa molto di più e meglio. Non con le forze, non con l’agilità del corpo si fanno le grandi cose, ma col senno, con l’autorità, col pensiero; doti queste di cui la vecchiezza di solito non solo non si spoglia, ma anzi si arricchisce“. (Cicerone: De senectute)

E bravo Cicerone! Nulla da eccepire, ma la vecchiaia dell’uomo non ha paragoni con quella della donna. Nell’uomo il processo avviene in modo graduale, quasi inosservato: a cinquant’anni può rifarsi una vita e una famiglia, e non con una coetanea; se la salute lo aiuta, anche fino agli ottant’anni, è in grado di procreare e, poi, come dice Cicerone, la sua “vecchiezza si arricchisce”.

E’ proprio il caso di dire che l’uomo “ha culo” e ci aiutiamo con un gesto esplicativo, fatto non con entrambe le mani ma solo con la sinistra, perchè la destra si perde all’infinito!
Nella donna non c’è un processo graduale ma improvviso e, nell’arco di pochi mesi, scoppia la menopausa. Ai primi sintomi il medico prescrive la terapia: “Cara signora, stiamo sereni, da oggi, da pera diventeremo mela; consigliamo la vitamina D contro le fratture; controlliamo la pressione; facciamo la cura sostitutiva; mangiamo frutta, la pelle si raggrinza, non fumiamo e non beviamo alcolici; un blando sedativo se, lei, è nervosa: l’interesse sessuale va scemando”.

Il medico usa il, noi, pluralis maiestatis, per ciò che lo accomuna all’età della signora e il, lei, per l’interesse sessuale: a cinquant’anni una donna non è più femmina, mentre l’uomo è al top.

Osserviamo una cinquantenne che si specchia ogni mattina, conta le rughe della sua fronte e pensa: “sono ingrassata, eppure non mangio e non bevo; i capelli si drizzano; avevo deciso di non avere più figli ma, a volerli, sono vecchia! L’interesse sessuale? Il mio compagno guarda le giovani: sode e magre, che deve farsene di una pagnotta di pane di casa? E che c’è da fare?”

Forse chiedere consiglio ad una dottoressa, ma è giovane e se non lo è ha sperimentato il fenomeno, ma purtroppo ha una formazione organicista, valuta solo il mutamento organico e non quello psicologico, esistenziale, culturale e di coppia, la cui risposta deve essere individuale.

E’ un vuoto nella formazione medica, ma spetta alla singola donna colmarlo?

Ah! Se l’uomo avesse la menopausa! L’affronterebbe in men che non si creda e in men che non si dica!

Fine febbraio 2012

Il tradimento nella donna?

No sapi fari!

Si dice che quando l’uomo tradisce in realtà non tradisce, e non a caso nei romanzi dell’800 è sempre la donna a tradire. La letteratura russa, inglese, francese, spagnola e italiana è stata prodiga di esempi di adulterio: in Anna Karenina di Tolstoj, Lady Chatterley's lover di Lawrence, Madame Bovary di Flaubert, La Regenta di Clarìn, Senso di Boito. Ce l’ha anche suonato e cantato nel Don Giovanni, Mozart, in cui Zerlina tenta di resistere: “vorrei e non vorrei mi trema un poco il core”.

Storie che lasciano tracce solo per dire d’aver letto i classici sull’argomento, perchè le donne di oggi che tradiscono non cadono nelle trappole delle loro antenate fedifraghe e trascinano non più l’anima sognatrice ma il corpo, emulando il maestro: l’uomo.

E mentre l’uomo, oltre che un maestro, è uno studente che considera l’infedeltà una mezz’ora di ricreazione e poi riprende le lezioni, non tutte le donne riescono in questo intento e alcune impegnano le loro risorse in una ricreazione che duri il tempo delle lezioni; e come le donne dell’800 che sfidavano la sorte per seguire il loro “bel amì”, restano deluse.

Oggi la donna non è tratta in inganno dall’uomo e finita la passione col partner stabile, va alla ricerca del “mio per sempre” e crede che il tradimento sia il motore di ricerca per costruire la propria individualità.

Chiediamoci: è la coppia che è in crisi, come si sostiene da più parti, o è la donna?

L’adulterio non favorisce il “tradisco ergo sum” e la donna resta intrappolata nella tela intessuta da lei stessa e non più da un ragno seduttore. Deve convincersi che in questo campo non può improvvisare, è fatta diversamente dall’uomo: il suo corpo è programmato ad accogliere e non semina, la sua testa a riflettere e non a distrarsi.

Sono altre le vie da percorrere e lasci all’uomo il ruolo di traditore spensierato che lo fa bene e da sempre!

Ma se queste signore vogliono perseverare, almeno, cerchino di perfezionarsi perchè fino ad oggi possiamo loro dire: - No sapiti fari!

Febbraio 2012

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