L'OPINIONE DI ...

RIFLESSIONI al FEMMINILE

a cura di Laura Castiglione

OGNI TANTO UNO SGUARDO AL FEMMINILE AL MONDO CHE CI CIRCONDA

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Il collutorio

L’uomo bambino e la donna mamma

Tutti sanno a cosa serve il collutorio, tranne che si sia dotati di una fila di denti resistenti come quelli della patella, che per staccarla dallo scoglio cui è aggrappata bisogna impugnare un coltello affilato.

Hanno fatto in TV la pubblicità all’azienda che prepara il collutorio, con una sceneggiatura ben studiata, incisiva, da non dimenticare.

Un uomo con le gengive arrossate, come un bambino mostra la “bua” alla sua compagna che solerte fa la diagnosi, ordina il collutorio e la posologia, ne elogia gli effetti benefici e immediati. Alla prima dose, l’uomo mostra le gengive già guarite ed è gratificato dalla sua compagna con due buffetti.

Un’altra pubblicità, ma per un prodotto diverso, mostra un uomo raffreddato e sofferente, che piagnucolando dice alla moglie: voglio la mamma! La moglie gli lancia il farmaco adatto, con un gesto esplicativo: tiè! e io chi sono?

La pubblicità sfrutta l’immaginario comune, promuove un prodotto, manda un messaggio subliminale, non fa riflettere, anzi, porta a essere impulsivi: “esco, così come sono, in mutande, e lo compro!

L’uomo è presentato oltre che ignorante, imbranato, perché ha dell’incredibile che non abbia mai avuto un raffreddore o una gengivite e non conosca collutorio e spray nasale! Di contro la donna, ci fa la sua bella figura!

Dobbiamo fare un atto di fede o possiamo pensare che sotto sotto ci sia dell’altro? C’è il sospetto che l’autore della pubblicità sia una donna. La conferma arriva da un’attenta ricerca e le responsabili sono addirittura due: l’architetto Laura Pelissero e la copy Francesca Palazzo.

Senza dubbio, le autrici, oltre ad essere state ispirate dall’uomo con cui vivono, avranno fatto un’indagine allargata, per arrivare a simili conclusioni disarmanti, sia per l’uomo bambino sia per la donna nel ruolo di mamma!

Che diamine, però, un po’ di riservatezza! Non c’è più religione! Dicevano gli antichi! Era proprio necessario fare sapere a tutta l’Italia cosa c’è, oggi, all’interno della coppia? E poi ci meravigliamo quando qualcuno si scopre di avere altre preferenze!

Però, scusate, anch’io non posso resistere a dare il mio disinteressato consiglio: cari uomini-bambini sappiate che il collutorio oltre che sulle gengive è efficace anche sui …

Io non l’ho scritto!

Ma ve lo immaginate se qualcuno ci crede e lo fa veramente?

Vorrei tanto esserci!

Febbraio 2016

TO BE, OR NOT TO BE, THAT IS THE QUESTION

Il Signore chiama solo i migliori

Non guasta nella vita una sana e giusta cattiveria

Quando capita di andare ad un funerale si sentono espressioni come questa:

il Signore l’ha chiamato a sè”, “è tornato alla casa del Padre”, “i fiori più belli li vuole il Signore”, “sono sempre i migliori che se ne vanno”.

Nella sua poesia, ‘A livella, Totò scrive che dopo la morte siamo tutti uguali e le pagliacciate appartengono ai vivi. Dopo la morte!

Ma se il morto è ormai chiuso nella bara, coperto di fiori e in chiesa l’organo ha dato il la del requiem, si può considerare morto o è ancora un po’ vivo?

Ognuno vorrebbe fare all’amico scomparso il suo discorsetto di commiato ma, solo in due o tre ci riescono e non essendosi messi d’accordo sulla stesura del testo, ripetono fino alla noia le stesse cose. Parlano a tu per tu col morto-vivo come se potesse sentirli, approvarli e condividere.

Però chi li ascolta sente puzzo di ipocrisia! Elogiano del defunto tutti i pregi che le lacrime non inumidiscono ma il loro fazzoletto pulitore testimonia che sgorgano. Dimenticano le malefatte o le vigliaccate che ha commesso l’amico e interrompono ad arte il discorso, sopraffatti dalla commozione. Poi finalmente concludono con tono enfatico: era un uomo vero!

Lo vorrebbero addirittura accompagnare, non solo fino al cimitero, che sarebbe logico, ma addirittura nel lungo viaggio per l’aldilà e consegnarlo di persona al Creatore, caso mai dovesse perdersi per strada.

Poveretto! Penserà qualcuno, era un giovane anziano morto così presto, e come uomo vero è morto tardi!

C’è da riflettere: se i migliori, il Padreterno li vuole con sé, bisogna augurarsi che una sana e giusta cattiveria nella vita non guasta. Non conviene proprio, darsi tanto da fare, tutta una vita per mantenere l’onore e la dignità sopra ogni cosa, essere leali, altruisti e rispettosi degli altri.

Perché, tanto, al funerale di ogni uomo, sia si tratti di un galantuomo sia si tratti di un mascalzone, tutti ne parleranno bene, lo saluteranno con un ciao e la vocina moscia, ma non troppo per farsi sentire da tutti e dentro di loro grideranno un sonoro addio.

Per fortuna il Signore chiama solo i migliori!

Gli altri dopo, molto dopo!

Gennaio 2016 - Auguri per il nuovo anno!

Il figlio dopo i quaranta

Giocattoli che danno la felicità

Le rivoluzioni delle primipare attempate

Alcune donne, sopra i quaranta, vogliono avere un figlio. Si sottopongono a bombardamenti ormonali e a stress psicologici.
Sono preparate sul processo biologico della fecondazione, sugli effetti negativi dell’ansia e, come fossero allo stadio, incitano lo spermatozoo quando rallenta la corsa al richiamo dell’eccitato ovulo. Alle indiscrete domande dei parenti rispondono omertose che hanno programmato un periodo di attesa responsabile.

Gli anni passano e i primi sintomi della menopausa sono letti come una fallita gravidanza.

Perché tanto accanimento?

Per quel senso materno insito in ogni donna, portatrice di affetto incondizionato, o per non sentirsi chiamare zia?

In alcune di queste donne, quando diventano mamme, c’è dell’altro: dare al figlio ciò che loro non hanno avuto. Giocano con lui, costruiscono i Lego, lo accompagnano a tutte le festicciole, in piscina, in palestra, alla danza, al cinema e in ogni luogo voglia andare. Ma, com’è nel destino di ogni mamma, il gioco dura dieci anni, anno più, anno meno. Il sogno svanisce, i ruoli s’invertono e sarà il figlio a giocare con la sua mamma, e non allo stesso gioco, non allo stesso tavolo, perché si farà sedurre dai propri interessi e da quelli che neppure chiede.

Ma oggi tutte le mamme educano i figli alla stessa maniera e non solo le primipare attempate! Eppure, l’educazione che hanno ricevuto non era così rigida. C’erano regole che si accettavano e tempravano le energie a guardare lontano per stabilire ciò che si doveva fare per una scelta responsabile. Non c’erano i Lego ma s’inventavano costruzioni alternative, né parchi giochi, discoteche e marijuana.

I compleanni si festeggiavano in famiglia, si ballava, si cantava e si fumavano le nazionali senza filtro. La famiglia non era allargata, è vero, i genitori non erano in competizione, e oggi queste mamme credono di fare il cambiamento con la loro rivoluzione tagliando teste di innocenti. Ma agli errori delle loro mamme, aggiungono i loro.

E purtroppo, nessuno è felice!

A questi figli di mamma, avidi di giochi natalizi che per l’Epifania hanno già rotto, vogliamo proporre un Natale diverso: se sapranno privarsi di uno solo dei tanti regali che troveranno sotto l’albero e donarlo a un coetaneo di colore, conosceranno cosa voglia dire essere felici.

Auguro Buone feste a tutti i miei lettori.

Laura

Natale 2015

Cronaca di una pollastrella morta ammazzata

Un signore, mette un’inserzione su eBay: signore di età, ben portante, congrua pensione, cerca pollastrella in carne, per affettuosa e occasionale amicizia. All’annuncio segue risposta e pronta consegna a domicilio.
L’uomo la spoglia, la controlla, la palpa da intenditore, cerca l’attrezzo e sceglie fra i tanti coltelli quello che gli sembra più adatto.

Inizia la dissezione dell’avvenente gallinella che si presenta un po’ duretta e l’anziano, ormai arrapato, pensa di avere bisogno di un aiutino e, non conoscendo l’anatomia dell’animale, cambia attrezzo e a colpi di mannaia la violenta sul letto di marmo di Carrara del piano cucina. Dopo dura fatica, ne ha finalmente soddisfazione!

La mette in pentola con tutti gli aromi e la fa cuocere nel suo brodo. Rimette in ordine e attende il rientro della moglie che ignara si guarda intorno, si meraviglia di “cotanto” ordine e soddisfatta pensa che finalmente il marito abbia imparato a non fare troppo casino.

Sono stato bravo - ripetutamente dice l’uomo - ho lavato e riordinato tutto com’era prima… solo… ma ormai è successo… un piccolo incidente… si è graffiato il marmo: la pollastra non voleva starci, mi ha a lungo resistito!

La moglie guarda, cerca il graffietto che non trova, mentre il marito, timoroso, sposta uno strofinaccio che lo nasconde.

Un grido sovrumano di disperazione della donna raggiunge anche tutto il vicinato: non era stato un piccolo incidente, come sosteneva lui, né un graffietto ma tanti solchi profondi irreparabili.

La donna, presa da ira funesta, cerca qualcosa con cui colpire il fedifrago e avvista proprio lì, non lontano, l’unico attrezzo lasciato imprudentemente e avventatamente fuori posto: un coltellaccio dalla lunga lama appuntita che la seduce: “prendimi, che aspetti! Vedrai, ti darò venti soddisfazioni e ripetibili!

La donna è tentata, sfiora il coltellaccio, l’afferra pure, ci pensa, ci sta pensando… sono attimi di eternità… perde l’occasione e… molla la presa!

E perché? Perché teme la galera? Perché finirebbe nei telegiornali come una delle pochissime donne che uccidono il marito? Perché gli amici direbbero di lei che era tanto brava e che ha avuto solo un raptus? Perché un omicidio è peccato mortale?

Noo!

Per un motivo pratico: si sporcherebbe la cucina di rosso e, purtroppo, non in tinta col pavimento!

Al danno, la beffa!

Novembre 2015 è ormai agli sgoccioli

Il tono delle domande

Favorisca…

Non sempre ad alcune domande seguono risposte adeguate o scontate: dipende dal tono e dal modo con cui si porgono. Le reazioni che ne scaturiscono possono essere diverse o a volte inattese. Vediamone una.

Ad uno slargo, una signora è fermata da una pattuglia di carabinieri. Le si avvicina un agente, la saluta cortesemente portando la mano sulla visiera del berretto, formula la classica domanda: mi favorisca patente e libretto di circolazione. La signora prende il libretto dal cruscotto, lo consegna e cerca affannosamente nella borsa, fra tutte le cianfrusaglie, il portafogli dove rovista e non trova la patente.

Il panico si fa strada. Carta d’identità, no. Carta Rinascente, no. Carta supermercato, no. Carta di credito, no. Bancomat, no. Carta benzina, no. Tessera sanitaria, no. Codice fiscale, no. E mentre c’è, elimina gli scontrini fiscali, non si sa mai si fosse mimetizzata fra loro.

Ormai le è chiaro: non c’è. Cerca di ricordare dove si sia potuta nascondere per il gusto di farle uno scherzetto che le costerà caro, proprio oggi che è stata fermata dai carabinieri.

Si scusa che nella fretta di uscire ha cambiato borsa, giura di possederla, e se il carabiniere avrà la pazienza di aspettare si recherà a casa a prenderla.

E’ creduta sulla parola ma è stata fermata perché non indossava la cintura di sicurezza e purtroppo per lei viene multata.

Vediamo ora quando una domanda viene posta da un carabiniere che, in maniera non ufficiale o tradizionale, si avvicina alla macchina e saluta portando la mano sulla visiera del berretto: buon giorno, signora, me lo spiega, cortesemente, perché non indossa la cintura di sicurezza?

La signora ci pensa un attimino e reagisce: mi voglio suicidare!

Il carabiniere incuriosito e quasi dispiaciuto: e perché?

La signora: amo troppo mio marito e gli voglio dare l’opportunità di prendersene una più giovane e più bella!

Il carabiniere: ma lei, è una bella signora!

La signora: grazie, anche se non è a cavallo, lei, è un amore di carabiniere, un cavaliere d’altri tempi!

Il carabiniere: vada… vada… signora… e non dimentichi di indossare la cintura!

Nel frattempo il brav’uomo si allontana e, pensando di non essere sentito, si rivolge al collega: a lassaiu pèddiri ….chissa … è tanticchia… scimunita!!!

22 Ottobre 2015

Mala tempora currunt sed peiora parantur

Il mariticidio

Signora di sessantotto anni uccide il marito di settantatré, mentre dorme, dopo anni di violenze e percosse. Senza scendere nei dettagli della casistica, gli omicidi degli uomini contro le donne superano di gran lunga quelli delle donne contro gli uomini.

Gli autori sono stati mariti, conviventi, ex fidanzati o amanti. Il movente è stato la gelosia o la non rassegnazione all’abbandono.

Gli esperti sostengono che l’uomo metabolizza con maggiore difficoltà, rispetto alla donna, gli attentati alla propria autostima, perché è dotato di inferiori capacità di adattamento. A parte la famiglia e il lavoro, i rapporti sociali dell’uomo sono meno sviluppati rispetto alla donna, perché sono centrati sul fare qualcosa: giocare a calcetto, andare allo stadio, a caccia e a puttane.

Mentre quelli della donna sono centrati sulla comunicazione, condivisione e confronto, sul rac­con­tarsi il quotidiano, le delusioni sentimentali, i problemi di famiglia o di coppia; va anche a uomini e raramente a gigolò. E pare ci sia anche il timore dell’uomo che, pensando al suo futuro, non possa trovare, gestire o sottomettere un’altra donna.

Al contrario della donna che quando si libera di un uomo non vuole sentirne più di un altro. Almeno! Se è giovane, ne trova un altro, mentre se ha una certa età, non può scappare neppure col primo che incontra, perché non si ferma.

Raramente le donne uccidono per gelosia ma per il patrimonio e tutte, o molte, non lo fanno per­ché giustificano, colpevolizzandosi, i tradimenti dell’amato sperando di riconquistarlo o recuperarlo, anche se è uno stronzo.

Tanto che, quando avviene un omicidio, le cronache ne danno risonanza come fatto eccezionale rilevandone il movente della provocazione per maltrattamenti.

E se le donne tradite, invece, decidessero di uccidere? Uscirebbero dalla casistica per entrare nella carneficina! Prova ne è il risultato di un’indagine personale condotta con la domanda: cosa ne pensate di questa donna che ha ucciso il marito?

La risposta è stata corale: bonu fici!

Questo articolo non è un’istigazione al mariticidio ma un suggerimento ai mariti a stare attenti, sia alle mogli ben piazzate, sia alle mingherline, a dormire in camere separate, a chiudere la porta a chiave e a non cedere alle lusinghe perché: brutti tempi corrono, ma peggiori si preparano.

Siamo già nell'autunno del 2015

L’estate è come un film

Il leone e la signora

Ma cu mi cci puttà ndi stu lidu?

Deve venire l’estate per vedere alcune persone, sia dentro sia fuori, come madre natura le ha fatte.

In inverno, per nascondere i difetti, le donne indossano body contenitivi, vestiti scelti con cura, trucco correttivo e fanno conversazioni controllate del più e mai del meno.

In spiaggia si stenta a riconoscerle! In due pezzi, anche ad un’età sfiorita, mostrano le pance chiare con la speranza che il sol leone le tonifichi e stese sulla sdraio ad occhi chiusi, come dallo psicanalista, parlano di sè, con te e degli assenti. Spacciano le stesse cose dell’estate precedente confidando nella poca memoria di chi le ascolta e di attirare interessate attenzioni.

Hanno letto l’ultimo libro in stampa, visto l’ultimo film in programmazione, se sono insegnanti, hanno promosso i loro alunni per fare contenti i genitori e frequentano un ristorantino gestito da una coppia gay che va per la maggiore.

Ferragosto lo passano fuori e chi rimane in spiaggia assapora finalmente un meritato riposo mentale.

Rivolgiamo lo sguardo agli uomini: i giovani tatuati e depilati, pensano solo all’abbronzatura.

Gli altri, in apnea, per ritrarre la pancia e fare avanzare i molli villosi pettorali, sperando di recu­perare quelle occasioni invernali perdute!

Il leone che è in loro scuote la criniera, punta la gioventù ma soprattutto chi ormai l’ha persa. Una signora stesa al sole, è insofferente col marito irrequieto che scivola fra gli scogli!

Il leone, suo vicino di sdraio, non perde l’occasione, ruggisce, ci prova: bella signora, detto “antre…nèss” perché non lo lasci?

La signora, perduti anche lei, i freni inibitori invernali: detto “antre nu” non mi conviene, ha un’ottima pensione! E tu, dimmi, che pensione hai?

Il leone: io non sono per i beni materiali, per me, il romanticismo è il motore della vita e dei rapporti veri “intrigati” di sentimenti!

La signora: ma questo tuo motore è di una Fiat o di una Ferrari?

Il leone: non sottilizziamo sulla potenza, basta partecipare!

La signora: ma non ti porta a vincere!

Il leone: però, va dove ti porta il cuore!

La signora: conosci Susanna Tamaro?

Il leone: non ho avuto il piacere! E’ qui? Indicamela!

La signora lo guarda dal basso in alto, si alza e lo saluta: bel amì, anscianté!

Ma cu mi cci puttà ndi stu lidu?

Settembre 2015 (l'estate è già finita...)

Training autogeno

Alcuni, di fronte ad episodi sgradevoli non riescono ad affrontarli e di conseguenza a metabolizzarli. Come soluzione si auspicano di perdere la memoria, chiudono gli occhi, si concentrano e imitando i prestigiatori, con un “abracadabra” immaginano di fare sparire persone o cose che li hanno fatti soffrire. In termini scientifici e fuori dai riti magici, si definisce training autogeno o tecnica di rilassamento che, dicono, sia utile conoscere e mettere in pratica al bisogno, per affrontare e sopportare ogni avversità.

Ma viene spontaneo chiedersi: chi reca fastidio o danno, possiede una naturale predisposizione a rompere gli altrui equilibri o si esercita nella tecnica del rilassamento per meglio colpire?

A tal proposito, riportiamo un episodio arrivato alle nostre “sensibili” orecchie.

Una signora matura ma ben portante che fa la sua bella figura, tanto da spacciarsi per cinquantenne, durante una crociera con amici, ispirata dall’atmosfera e affascinata dalle divise dell’equipaggio, decide di saltare la “staccionata”, anzi trovandosi sulla nave, la balaustra.

Purtroppo, per lei, è scoperta dal suo compagno che non la prende bene, anzi, sotto l’effetto della sorpresa, dei perché e per come sia potuto accadere, preso da rabbia, la prende a bastonate sulla prua e sulla poppa. Questo signore, prima di agire, avrebbe dovuto fare un training autogeno?
Ma, dipende!
- E da cosa? -
- Dalle risposte che il pover’uomo ha ricevuto! -

In tempi passati quando l’uomo veniva scoperto col muso imbrattato di marmellata di “more o di bionde”, spergiurava che la “marmellata” l’aveva voluta solo assaggiare, non gli era piaciuta, e preferiva di gran lunga quella fatta in casa.

Giustificazione che lasciava uno spiraglio aperto per essere creduto, perdonato e, l’episodio, con tanta buona volontà della donna dimenticato.

La signora, non è ricorsa alla banale e sfruttata attenuante ma ha esordito con elucubrazioni di rivendicazioni di parità, tanto che il pover’uomo smarritosi nel complesso mondo femminile, sprovvisto del fatidico filo di Arianna, non ritrovando la strada ha reagito come ha potuto. In questo caso, la signora ha fatto un training autogeno di rilassamento!

Il suo compagno, con un abracadabra fatto in casa avrebbe tentato, senza riuscirvi, di perdere la memoria, mentre col training autogeno si sarebbe adeguato ai tempi!

Quando si dice: i miracoli della scienza!

E’ l’ultima decade di Maggio, tra 10 giorni si vota

Quest’estate mi fermo, forse, riprenderò a settembre.

La donna portava la dote

Mundu ha statu e mundu è!

Chi vuole insieme a me confrontare le differenze dei costumi di ieri con quelli di oggi, non perché se ne abbia nostalgia, mi segua.

In molti matrimoni dell’800, per garantire agli sposi un futuro economico e un rispetto reciproco, entrambe le famiglie seguivano alcune regole e per avere la cer­tez­za che sarebbero state rispettate erano redatte dal notaio, con atto pubblico secondo “l’articolo 1389 del codice italiano.

La donna “portava” la dote che comprendeva oltre il corredo, la casa e la proprietà. L’uomo “portava” la biancheria personale e di un letto singolo, i mobili e la proprietà.

Il corredo doveva contenere: biancheria da tavola, da letto a quattro letti, a dodici, a ventiquattro, secondo le possibilità, e quella ricamata per le ricorrenze, le nascite e i battesimi. Una trapunta (cuttunìna) e una coperta dipinta da stendere sul balcone al passaggio del Sacramento o del Santo Patrono.

Nelle trattative si entrava nei dettagli e nel merito, tanto che, per la qualità o il numero che si pretendevano, sia per un tumulo di terreno sia per una coperta si annullava il matrimonio, mettendo in atto un vero e proprio ricatto, anche a pochi giorni dalla celebrazione, con la conse­guente restituzione dei regali di fidanzamento.

A tal proposito merita riferire di una ragazza di Bronte, contrariata perché lasciata quasi ai piedi dell’altare e dopo essere stata matuniata(*), non restituì il brillante “a nsinga” di fidanzamento e così rispose all’ex fidanzato: “l’ho portato alla Madonna per avermi fatto la grazia di non averti sposato”.

Risposta spregiudicata ma geniale: la Madonna non rilascia ricevute!

Accadeva anche, però, che il futuro sposo pur di ottenere ciò che pretendeva dal padre della ragazza, d’accordo con lei, minacciasse di lasciarla, il ricatto raggiungeva lo scopo desiderato e finalmente: l’uomo non separi ciò che Dio unisce.

Ormai questi episodi restano nei ricordi dei pochi sopravvissuti e nei documenti custoditi negli archivi notarili. Ma anche oggi alcuni matrimoni falliscono alla vigilia delle nozze anche dopo anni di fidanzamento e con la motivazione che lo sposo non si sente pronto per il grande passo, ma in realtà il suo interesse è per un’altra o per un altro e non certo per una coperta.

27 Aprile, Maggio si avvicina a grandi passi

(*)Matuniàta: palpeggiata, perché non erano in uso i rapporti prematrimoniali.
   ‘Nsinga: mettere il segno (anello) di proprietà.

La buona malafede

Troppe domande... senza risposte

Gli affetti più vicini e soprattutto quelli familiari che ricolmano la vita di ciascuno, danno gioia ma anche sofferenza. C’è uno scambio d’amore, certamente, ma che a volte fa agire d’istinto nel volere i propri congiunti migliori.

I figli, in buona fede, dicono ai genitori che se li erano immaginati diversi, in quel luogo buio prima che venissero alla luce; i genitori in buona fede dicono ai figli che non se li aspettavano scuri, ma biondi e con gli occhi azzurri. Mentre ognuno cerca una strada, e non la strada, da percorrere insieme all’altro, si infligge e infligge disagio a causa e in nome della buona fede.

Sembra un controsenso che questi legami, pur uniti dallo stesso legame di sangue rosso amore, anche se irrora facce, occhi e nasi diversi, siano vittime e oppressori al tempo stesso. Legami che stanno stretti, si tengono stretti e si rischia di perderli nella certezza che qualsiasi cosa si faccia non potranno venire meno. E’ solo un modo di dire “non ha agito per male”?

Si potrebbe considerare che ci sia mala fede anche nell’amore paterno, materno, filiale e fraterno? Sono le limitate capacità di riflessione, di sensibilità, di accortezza verso chi non si dovrebbe far soffrire perché è parte integrante di noi stessi?

E’ un egoismo senza freni, nell’illusorio progetto di agire per il bene delle persone che si amano e ci amano? Progetto accettabile, ma, una tantum! Chi si trincera con perseveranza dietro la buona fede, si potrebbe considerare che abbia, invece, una cattiveria di fondo? Se la cattiveria, della mala fede, negli estranei si riconosce e non si perdona, perché quella dei familiari non si riconosce e addirittura si giustifica? Perché in amore tutto è concesso o perché non si accetta che si può amare con cattiveria e non con amore?

Troppe domande che restano senza risposte ma aiutano a riflettere.

Cesare Pavese ha scritto che “amare un'altra persona è come dire: d'ora innanzi questa persona penserà alla mia felicità più che alla sua”. Ma lo farà in buona fede?

Solo a questa domanda si può dare una risposta: - no, grazie, preferisco in mala fede, almeno, la riconosco! -

Siamo ad aprile

A chi leggendo è venuta l’emicrania, consiglio un Doradol, a me ha fatto effetto!

Ah, se Marino avesse avuto testa!

La Barcaccia

Pittùzsu cchiù, pittùzsu mènu

Benito Mussolini definì gli italiani popolo di santi, artisti, eroi e navigatori. Sarà forse perché l’Italia è come la Rinascente dove si trova di tutto? Sarà che nel DNA degli italiani c’è un po’ di tutti gli stranieri che sono venuti in Italia per bastonarli e di quelli che dopo li hanno voluto consolare?

Gli italiani tentano di integrarsi ai francesi, tedeschi, spagnoli e inglesi ma alla fine, i conti non tornano e non tornano neppure a chi li osserva.

La Barcaccia di Bernini è stata presa d’assalto dai tifosi del Feyenoord e la scalfittura ha richiamato subito l’attenzione del mondo intero. La città eterna e stata ferita ma essendo eterna, per fortuna, sopravvivrà: pittùzsu cchiù, pittùzsu mènu (*).

Erano migliaia di ubriachi, violenti e allegroni a saccheggiare negozi e a danneggiare monumenti, guardati a vista dalla polizia che aspettava il momento giusto per difendersi senza lasciare morti. Ma quando una bottiglia di birra è arrivata in faccia ad un poliziotto che ha reagito a manganellate gridando: “questo… non lo dovevi fare” si sono aperte indignazioni e polemiche! E come accade spesso, chi non sa tacere non sa agire.

Il Sindaco di Roma, in stretto contatto col Prefetto, col Questore e con l’Ambasciatore d’Olanda batte i pugni sulla Barcaccia: non finisce qui, chi rompe paga!

L’ambasciatore, pur vergognato per l’accaduto ma stupito dalla richiesta, avrebbe voluto pagare ma la sua Regina pretendeva i cocci.

Marino non c’è stato e ha raggiunto un geniale accordo: sarà attivo il punto di raccolta di piazza delle Canestre; ai tifosi sarà consegnato il biglietto d'ingresso allo stadio, dove saranno scortati con pullman navetta; dopo la partita saranno accompagnati all’aeroporto e, finalmente, tutti fuori dalle balle anche i vent’otto ultrà arrestati e processati per direttissima.

E’ stata una soluzione!

Ah, se Marino avesse avuto testa! I conti gli sarebbero tornati e non sarebbe stato difficile! Infilava gli ultrà violenti, in un carro bestiame per un lungo giro turistico, fino a completa soddisfazione dei tori.

Poi, per non esagerare, dopo il previo risarcimento dei danni arrecati, avrebbe consegnato “i cocci”, giustamente pretesi, alle rispettive famiglie in attesa di infliggere loro, ulteriori e soddisfacenti ferite.

Questa si che sarebbe stata la soluzione!

21 marzo 2015 (è arrivata la primavera ed anche un’eclissi di sole)

(*) Pittùzsu = buco, foro.

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