Cari anziani, ancora peri peri siti? Come recuperare 13 milioni… di posti di lavoro! Oggi tutto scorre velocemente. Ma non proprio tutto! L’ultimo modello di cellulare, dopo sei mesi, è superato; il computer di nuovissima generazione mette in crisi cu mègghiu si senti; non si fa in tempo a sposarsi che c’è pronto il rimpiazzo; i giovanili anziani, rimasti vedovi, assumono una polacca e subito si rinfrescano, in brontese, si mèntunu l’acqua ‘ncasza. Gli economisti, che non sanno come creare posti di lavoro, alla vista dei disoccupati scappano veloci come furetti. Noi che siamo, ancora per poco, fra coloro che vanno di fretta ci facciamo un giro. Entriamo in un ospedale per prenotare una visita? Scopriamo che gli anziani hanno preso possesso di tutto e bisogna aspettare il 2016 per avere una prestazione medica. Nell’attesa, si po’ mòriri! Andiamo in una struttura privata, sperando di avere fortuna? C’è già il numero chiuso dai soliti aventi diritto e quello aperto è a pagamento. In farmacia siamo al ventesimo posto, fisicamente fuori al freddo, mentre gli anziani, dentro e incuranti, fanno lunghe conversazioni col farmacista. Nell’ufficio postale? Manco a farlo apposta è il 24 del mese e li troviamo in fila per due con l’accompagnatore. In questi giorni di carnevale, non ne parliamo, sono tutti affannati a fare “chiacchiere” per prenotare dove andare a festeggiare. Facciamo due conti? I pensionati pagati dall’INPS sono 13 milioni? Esattamente, i posti di lavoro da recuperare! L’INPS risparmia; gli ospedali hanno finalmente posti liberi; gli eredi si strìcanu i mani, rottamano le vecchie macchine, le rimpiazzano con le nuove e, la Fiat, non menti pullicìni o suri e resta in Italia; le polacche tornano al paesello e fanno contenta la Lega. Scanso equivoci, via anche quelle signore aspiranti alla reversibilità che hanno giocato solo a carte e si sono alzate tardi la mattina. Ma non sarebbe una cattiva idea! E non è neppure nuova! Nel burrone del Taigeto sono stati rinvenuti scheletri di adulti buttati dagli Spartani. Che fossero i loro vecchi! Non c’è niente di nuovo sotto il sole! Oggi i giovani, appena incontrano anziani, educatamente li salutano: ancora peri peri siti? quandu vi ricugghjìti i pupa? Cari amici anziani, asciugatevi il freddo sudore: è uno scherzo di carnevale! 27 febbraio 2014, giovedì laddaroru | Uoomo! Ma che invidia e invidia! L’uomo si lecca le ferite sempre aperte che gli produce il suo difetto più evidente. E qual’è? Uoomo… e ho detto tutto! Le lettere in grassetto non sono un errore di battitura, indicano un suono prolungato, ironico ma senza goduria, imitando Totò che in “Miseria e nobiltà” dice: cuooco, che bella parola! L’uomo come un cuoco che non è geloso, non ha segreti, è un libro di cucina aperto, sa dosare gli ingredienti, non brucia gli arrosti e non fa impazzire la maionese; eppure, le donne si bruciano e impazziscono per lui ma appena assaggiano i suoi manicaretti, ne vogliono cambiare le dosi e gli aromi. Sarà perché nella stessa cucina due cuochi non riescono a convivere? Sarà perché la donna ama farsi del male e s’illude di poterlo cambiare? Da sempre ci tenta, ahimè, senza riuscirvi! E come un gattino che si guarda allo specchio e desidera essere un leone, la donna invidia l’uomo e, oggi, tenta un’ultima strategia! Sarà quella buona? Virendu facendu! E’ vero che “l’uomo fa molte cose per essere amato e fa anche di tutto per essere invidiato” (Mark Twain), ma l’uomo è proprio da invidiare? La donna ha testa e sta perdendo la testa? L’uomo, non avendo testa non perde la testa, non imita la donna e non la invidia. Oddio, qualcosa gliela invidia: le parti tonde, per averle sempre a portata di mano! Ma rimane fedele a se stesso. Mostra al mondo con orgoglio i suoi trofei; non si colpevolizza, non si chiede se sbaglia e se deve cambiare, anzi, è lui che cambia la vita della donna e quando non vuole perderla, la uccide in un raptus d’amore, dice lui, e mai si fa uccidere. E allora? Camma ffari? Accettarlo? Tenerlo fuori dalla propria cucina, abitare in due appartamenti uno di fronte all’altro e fargli un gesto di ringraziamento attraverso i vetri, il mattino dopo? Portarlo a Lourdes e annegarlo nelle acque sacre? Niente paura: galleggia! | Sono le domande che spingono a fermarsi e a riflettere; ogni donna si dia le risposte che crede ma non metta in imbarazzo chi non trova proprio nulla da invidiargli, soprattutto, quelle piccole parti tonde che solo lui vede giganti. |
| Buon S. Valentino ai pochi uomini che sanno amare! |
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| Terapia d’urto La soddisfazione di essere “stronzi” Il termine stronzo qualifica un “signore” dal comportamento spregevole. Tutti lo sappiamo pronunciare col tono giusto, a voce alta o bassa; non ha sinonimi: è insostituibile! Purtroppo non si può tracciare il profilo fisico dello stronzo perchè il suo aspetto non è modificato dall’ambiente né da fattori ereditari, anche se a volte si dice: tale padre tale figlio. Fa la differenza se è istruito, ha titolo e soprannome: Dott. Tizio, detto stronzo! E’ appannaggio del genere umano e lo è per le cose inanimate quando non funzionano. Ciò che accomuna gli stronzi è la soddisfazione che provano, altrimenti, quale altro motivo li spingerebbe? Chi non lo è, mostra disagio se qualche volta lo è stato, si controlla per non ripetersi e non perchè sia una persona gradevole ma perchè non conosce gli effetti benefici che ne avrebbe! Si potrebbe considerare, anche, una forma d’arte da riconoscere e, perchè no, da emulare. Sarà capitato anche a noi di ricevere questa qualifica e ritenendola, inappropriata oltre che offensiva, non ne abbiamo colto quel certo benessere. Certamente per diventare stronzi non si può improvvisare ma si potrebbe osservare con attenzione il parente o il conoscente, maestro nel campo, che sa come agire con il minimo della fatica per avere il massimo del piacere. Ci vuole allenamento, a piccoli passi furtivi per non insospettire il professionista in agguato pronto a toglierci la scena. L’obiettivo non deve essere quello di superare il maestro; restare “mezze maniche” gratifica ugualmente, né che diventi un’abitudine, ma farlo solo quando se ne sente il bisogno impellente per migliorare la qualità della vita, a puro scopo terapeutico! Il nuovo comportamento deve essere meccanico, tà tà, e fare il contrario di ciò che si faceva per non esserlo. Ci si sveglia un mattino con un certo “languorino” in testa? Chiediamoci: da chi posso trarre, oggi, beneficio? Dal mio vicino di pianerottolo, dal fruttivendolo ladro o da quello stronzo del mio capoufficio? Il capoufficio? Bisogna stare attenti! Ma se proprio non se ne può fare a meno: o la va o la spacca! Male che vada, di fronte alla sua reazione, si potrebbe rispondere come il “padrino”: non è una questione personale, sono solo affari... di salute! Fine Gennaio 2014 | Le feste comandate O tempora, o mores! Siamo stanchi di queste feste e chi più anni ha, più ne ha viste: albero di Natale, presepe, regali inutili, bambini super eccitati, parenti e amici. Telefonate e messaggini di auguri di pace, di serenità, di prosperità anche a chi non si frequenta da tutto un anno. Santa messa per i credenti, concerti di fine anno e “jòcu focu” (fuochi d’artificio). Le tradizioni si devono rispettare! Ci si lamenta ogni anno di queste feste, non si vede l’ora che finiscano, si ricade nelle stesse abitudini ma alla fine, stravaccati sulla prima poltrona che capita, ci si augura di poterle rivivere l’anno che verrà. Qualcuno se n’è sottratto, ha giocato d’anticipo e ha deciso di trascorrere il Natale nell’unico luogo dove non esistono presepi con i personaggi di terracotta, ma solo anime. Ma perchè se n’è andato proprio il giorno di Natale? Sarà stata una coincidenza? O avrà semplicemente pensato: quest’anno, non mi farò rompere le palle ...di Natale e non farò “fistìni e ‘nvitarìzzi?” (feste e inviti) Per noi è interessante osservare come i giovani si pongono di fronte a queste tradizioni. Lasciano invariate quelle dei regali e dei messaggini mentre aboliscono i pranzi a base di baccalà, scacciate, crispelle, anguille, lenticchie e zeppole. Realizzano pranzetti con stuzzichini, improntati all’estetica e alla raffinatezza. Le forme variano per distinguerne i gusti: le quadrate al salmone, le tonde alla maionese, i triangolini e le stelline di pan carrè alla bresaola; le barchette di pasta frolla con robiola e patè di olive; gamberetti in pasta sfoglia; mozzarelline infilzate con i pomodorini; bignè alla crema di asparagi. E per finire in bellezza, panettone al pistacchio di Bronte, accompagnato da un prosecchino dell’anno prima: d’annata. I nostalgici del tradizionale pranzo di Natale, si limitano a mangiare gli stuzzichini, sperando nel prosieguo, ma delusi si rifanno col panettone e, della sua squisitezza, si complimentano con la padrona di casa. Fra gli ospiti, e non poteva mancare, una signora non ha resistito a fare una battuta ironica: “o tempora o mores” che qualcuno l’ha subito capita e tradotta “alla lettera”: è tempo di more? Non ha ricevuto risposta: a Natale è anche tradizione tacere e fare i buoni! L'Epifania del 2014 | L’angelo del focolare Modesta, ritirata, tutta casa, chiesa, famiglia e al servizio del marito. Nel De Agricoltura, Catone scrive: la massaia adempia i suoi doveri, non sia spendacciona, non gironzoli, lasci il focolare pulito prima di andare a letto. Lo slogan fascista “la maternità sta alla donna come la guerra sta all'uomo” era scritto sulle facciate delle case di campagna e sulle copertine dei quaderni di scuola delle “Piccole Italiane”. Virginia Woolf l’ha descritta come un fantasma che la perseguitava... non aveva mai un desiderio per sé, era infinitamente comprensiva e altruista, si sacrificava quotidianamente. Se c’era il pollo, lei prendeva l’ala; se c’era uno spiffero, ci si sedeva davanti lei; il pudore era la sua bellezza più grande e i suoi rossori il suo più bell’ornamento. E’ difficile capire come la casalinga con questo fardello alle spalle, nell’arco di soli cinquant’anni, sia riuscita a scorticarsi dalla pelle le marchiature più vistose. Forse ha capito che qualsiasi sacrificio faccia sia perduto, perchè oggi ognuno fa quello che più gli sta a cuore! E’ sempre l’angelo del focolare; armeggia in cucina alla guida della Clerici; è dedita alla famiglia; è nonna part-time; e quando vien la sera, non dice “ti sevvu o mi suszu”, ma educatamente augura la buona notte e si gira dal suo lato! La stanchezza è la sua compagna fra le mura domestiche e fuori le mura gestisce il suo tempo secondo le inclinazioni: palestra, spiaggia, cinema, giocatina a carte con le amiche e con alcune, che la pensano come lei, va in crociera per i luoghi che non piacciono al marito, al quale è legata, ma non lo considera più come il “mare se non dà oggi, darà domani”. Sbuffa quando lui si lamenta che conta poco in casa sua, che non viene aggiornato in tempo sul nuovo ragazzo della figlia che trova seduto a tavola con in bocca la sua coscia di pollo. | Lei non ascolta il grido di solitudine di questo povero uomo che al rientro dal lavoro trova la casa vuota di lei. Ma non importa! L’aspetta, lui, seduto davanti al focolare... e gliela canta pure: | | A chi sorriderò... a chi se tu non sei qui... a chi io parlerò se non a te... Natale 2013 |
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| “Chi vola vale, chi vale e non vola è vile” Il collega... speciale Queste parole Italo Balbo le diceva agli aviatori per incitarli a combattere. Noi possiamo farle nostre e indirizzarle a quelle persone intelligenti e con potenzialità lavorative, sostituendo la parola “vile” con “non vogliono mettersi in gioco”. Tracciamo il profilo di un giovanotto che prende una laurea a ventidue anni e vince subito un impegnativo concorso statale. Entra il primo giorno in ufficio e si sente già smarrito. Prende posto accanto ad un collega, il quale, lo guarda diffidente e pensa: - questo è bravo e purtroppo mi darà tanto filo da torcere! - Ma quando mai! La mattina arriva in ritardo in ufficio e sarà il primo ad andarsene. Tiene stretta la sua sciarpa al collo per proteggersi dagli spifferi e starnutisce, allergico, alle polverose pratiche. Diventa amico di tutti e specialmente di chi timbra per lui il suo cartellino d’ingresso. E’ abile però nell’ascoltare con pazienza il collega vicino di scrivania che si lamenta d’essere stressato dal capo ufficio, dagli straordinari fuori paga, dai rimproveri della moglie che lo vorrebbe più presente con i figli o almeno presente e, soprattutto, è assillato dalla presenza di un collega, in lizza anche lui, nella corsa verso i piani più alti. Ma perchè - pensa il nostro sfaticato impiegato - tanto stress e tante rinunce? Ma chi glielo fa fare? Per dimostrare che solo chi vola vale? Ma anche il nostro giovanotto vale perchè con la sua pigrizia mentale spiana il cammino all’ambizioso collega verso la vetta e non solo, gli porge anche la sua spalla sulla quale egli poggia la testa sconfortata. Chi fa carriera, si sa, non sempre ha meriti speciali ma di sicuro qualche volta ha un collega speciale a cui non interessa dimostrare le sue capacità nè di amare il lavoro, detto in siciliano “u travàgghiu”, lavoro duro e faticoso. Questi due impiegati sono tanto vicini di scrivania e tanto distanti nel realizzare quello che più sta loro a cuore: l’uno con l’ambizione fa girare il mondo e l’altro con la sua apatia ferma il mondo, almeno, il suo di certo! E diciamo la nostra opinione: è un peccato! - Mortale? - E perchè no: i peccati mortali sono quelli contro noi stessi! Primi di dicembre 2013 | Ma cosa hai fatto tu per le donne? Al telefono con Federico II Il computer è un cervello tecnologico, un cuore artificiale che trasmette emozioni. Le lingue, le etnie, le frontiere, le ideologie, le distanze temporali non sono ostacoli. Ogni curiosità è soddisfatta. Chiunque può allargare il suo orizzonte seduto a un tavolo e, senza l’aiuto di un medium, entra in contatto anche con l’aldilà. E’ come fare una telefonata, anziché comporre il numero si scrive sulla barra di google: - Ciao Catone, cosa hai fatto tu per le donne? - Catone il censore risponde: - ne ho tassati i lussi e gli ornamenti personali e mi sono opposto alla loro libertà. - - Perchè hai sposato l’aristocratica Licinia? - - Per convenienza, ma nella tarda maturità, dopo la sua morte, ho sposato Salonia, figlia di un liberto! - La figlia di un ex schiavo! Identico a oggi: l’ottantenne sposa la sua badante! - - Badante? Hanc vocem ignoro! Quoque tu rumpis mihi mentulam? Catone interrompe bruscamente la conversazione. Chiamo Federico II, gli pongo la stessa domanda e mi risponde: - Io ho emanato leggi a favore di tutte le donne, anche delle meretrici, che subissero stupro o rapimento contro la loro volontà. Io ho fatto cessare quell’antiqua consuetudine che voleva che, si lo rapitore la pigliasse per mogliere, non fusse tenuto ad alcuna pena. Se la donna vedova o povera andava in giudizio, aveva diritto al difensore d'ufficio e se era ingannata in iudicio per fraude o ignoranzia de procuratori, era risarcita in integro. - La responsabilità civile dei giudici è una tua idea? - - Prima di NOI non c’era una legge! - - Nemmeno oggi! E se l’uomo violentava una donna? - - Era privato del capo! - - Ma, quando la donna era sorpresa in flagrante adulterio, il femminicidio era concesso! - L’onore del marito è più forte della vita di una donna! - - E se tradiva l’uomo? - L’omo era punito con la confisca dei beni. - - Ah, Federì! Non è la stessa giustizia! - - Io sono stato il primo a tutelare la dignitas sexus contro la infirmitas sexus feminae! - Ciao Fedi... non ci perdiamo! - Ciao, bella ragazza! - E’ un signore, mi vede ragazza! Quando si dice “u mottu ‘nsigna a cìangiri”: mi sono commossa! Novembre 2013 | E meno male che Silvio... ...c’era! In questi ultimi vent’anni la televisione ci ha offerto di più e in ogni argomento trattato, anche culinario, l’ingrediente principe anzi cavaliere, si è chiamato Silvio, come il prezzemolo che sta su tutto, e ognuno, dando libero sfogo alla sua fantasia, l’ha messo anche nella crema. Ci si svegliava in piena notte? C’era a farci compagnia il News24. La mattina il primo pensiero era per il Tg1, Tg2, Tg3, Tg5, La7 per sapere cosa aveva combinato nella notte Silvio. Se per caso aveva fatto il bravo ragazzo e aveva dormito da solo nel suo letto si rimaneva delusi; però, i programmi serali di approfondimento ci ricompensavano con le marachelle diurne di Silvio. I dibattiti, le analisi di economisti, sociologi, opinionisti e politici hanno contribuito a farci un’ampia cultura. Possiamo dire con orgoglio che sappiamo tutto di pil, di pressione fiscale che prima, da ignoranti, pensavamo fosse simile a quella venosa, di costituzione, di cassazione, di giustizia, di affidamento in prova e si non ci piaci ciù tonna, di voti acquistati, palesi e segreti. Ma chi ce lo doveva dire che saremmo diventati onniscienti se non ci fosse stato Silvio? Il merito va soprattutto ai giornalisti che hanno sfruttato l’attimo “fuggente” portando voti al cavaliere e facendo ascolti insperati. Porca miseria - avranno pensato - la fortuna bussa una sola volta! E sono stati ripescati anche coloro che erano stati licenziati: “udite, udite, c’è lavoro per tutti, purchè nominiate il nome di Silvio invano”. Da un pò di giorni però i conduttori non sanno a quale Silvio aggrapparsi e riesumano vecchi Nobel nostalgici; pare che sostituiranno “Che tempo fa” con un servizio meteo più economico; Letta e Alfano si sfidano in duello ma non bucano lo schermo; Crozza si è buttato sui cioccolattini; l’audience scende anche con Montalbano che ormai rompe i cabasisi. Si prevedono licenziamenti per questi “poveri” lavoratori: se l’azienda Silvio è fallita, a chi si rivolgeranno per essere risarciti? Troveranno un altro lavoro? Questo Renzi nascente si farà fare le pulci? | E nella nostra casa come vanno le cose? La noia la fa da padrona! Ottobre 2013 |
| SILVIO, TORNA! ‘STA CASA ASPETTA A TE... CA SI CE TUORNE TU NUN CE LASSAMMU CCHIÙ! |
| La bugia e la... stronzata Alcuni usano la bugia anche per conquistarsi la benevolenza e l’apprezzamento degli altri; la costruiscono su elementi veri che con elaborazione e abilità dialettica falsificano, nella convinzione di farla sempre franca. Chi ascolta una bugia cerca di non perdere il filo logico del discorso che prima dipana e poi raggomitola; se non è permaloso lascia correre, altrimenti, sicuro di avere le carte buone in mano le butta, indispettito, sul tavolo verde di rabbia: ma stu strunzu, proprio a mmia vòri pìgghiari pi cretinu? Di altra natura è la stronzata che non è come la bugia un mezzo per impolpare false verità, non ha un filo logico da seguire, è di facile costruzione letteraria dove l’attenzione di chi l’ascolta non viene messa a dura prova. Chi la usa, a volte, non sa cosa stia dicendo: ha libertà di movimento, d’improvvisazione, di fantasia, di estro, non cura i particolari perchè non ha l’intenzione di apparire in una veste migliore, anzi, mostra in tutta la sua nudità, inconcludenza. Il disagio, a causa di una bugia, tutti l’abbiamo provato e ognuno ha reagito secondo la propria resistenza, ma di fronte ad una stronzata come ce ne usciamo? Facciamo un esempio preso, purtroppo, fra tanti. Un amico o un conoscente, racconta: sono stato invitato a cena dal mio amico senatore Tizio, ero seduto allo stesso tavolo delle autorità: c’era il vescovo, il rettore, il prefetto e Giorgio! - Giorgio tuo cugino? - Chiede chi lo ascolta! - Noo! Il presidente Napolitano - risponde sicuro di sè! Al primo impatto ci si disorienta nell’indecisione di catalogare l’episodio fra la verità o fra le bugie, fra la possibilità e l’improponibile ma si ritrova subito la giusta direzione e d’impulso, senza stare lì a perdere tempo, con una pacca sulla spalla del portatore di balle si buttano giù altre carte sul tavolo ma altrettanto concise ed efficaci: a ricìsti ‘na strunzata! Eric Ambler: Non provare mai a fingerti migliore di quello che sei... Mai dire una bugia quando puoi cavartela a forza di stronzate! E anche il settembre 2013 è andato | Ultimi raggi sotto l’ombrellone... L’«aglio» in camicia Dialogo quasi demenziale di tre signore: A. B. C.A – Ieri, per me e mio marito, ho comprato mezzo chilo di vongole, due fasolari, pomodorini e, naturalmente, le linguine. B – A me non piacciono le linguine, sono scivolose. C – Ogni condimento deve avere il tipo giusto di pasta e le linguine allo scoglio scivolano che è un piacere! B – Gli anelletti alla palermitana, per esempio, vogliono la salsa di pomodoro, le melanzane fritte, il basilico, il caciocavallo primo sale grattugiato e mai la ricotta salata. C – Certo! Altrimenti si chiamerebbero alla Norma. A - Con la ricotta fresca, ci vogliono le ruote! B - Ma quando mai... ci vori u curalluzzu! – (corallini) A – Iamm, o vulimm rìciri comm si fan sti linguine? Le vongole le metto in uno scolapasta dentro una pentola con l’acqua per fare cadere la sabbia sul fondo e poi in una padella larga faccio soffriggere un aglio vestito... B - Vestito? In camicia vuoi dire! A - No, tutto vestito! B - Per me l’aglio è come l’uomo mi piace in camicia! C - Io l’uomo lo preferisco con la sola maglietta! B - Siamo d’accordo: uomo vestito di camicia o di maglietta purchè sia pronto all’uso! A - Soffriggo l’aglio e poi lo butto... C – Come l’uomo, uguale, se non si vuole riutilizzare, si butta! A, B, C – Naturalmente! A - Aggiungo i pomodorini tagliati piccoli, i fasolari, le vongole, abbondante prezzemolo e le linguine calde. C – Perchè si possono mettere anche fredde? A – No, senza perdere tempo, sa arrìvotanu lestu lestu nella padella e, prima di servire, ho fatto un abbondante assaggino di vongole! B - Cioè, facci capire: i gusci li hai lasciati come decorazione al piatto e le afrodisiache vongole le hai fatte fuori nella speranza di...? A - Praticamente! Ma non ho avuto gli effetti desiderati che, a casa mia, non si usano... e già da tempo! C - Ma a tuo marito cosa hai detto? A – Bellu ‘e mammà! Chelle zòccole so jute ‘a spugghià l’agliu! Settembre 2013, l’estate è ormai finita | La dieta del sessantenne e... la bilancia scostumata Sulla soglia dei sessanta, l’uomo inizia ogni mattina davanti allo specchio a fare l’appello. Qualcuno dei suoi capelli non è presente perchè nella notte, preso d’angoscia, si è suicidato. Qualche rughetta sonnolenta alza la mano ma il giovane anziano non le dà peso: fa vissuto! Un paio di denti, svegliati troppo presto, si cullano come i bambini per riprendere sonno. La pancetta ormai adulta è infastidita dal vezzeggiativo e vuole essere chiamata pancia. L’uomo decide così che è arrivato il momento di affidarsi a un “artista” che lo aiuti a scolpire i suoi pettorali che lo faranno apparire tanto più giovane. Non basta la palestra - gli consiglia il maestro - anche la dieta ha la sua importanza, purché sia a base di verdure di stagione non trattate che contengano ferro; da qui ha origine la cosiddetta dieta ferrea! Il sessantenne accetta entusiasta e si ricorda che all’angolo della strada c’è “u ministràru”, un contadino precario che si aggira nelle campagne e lungo le strade dove ci pisciano i cani randagi. Raccoglie le verdure, se le porta a casa e le lava dalla terra e dallo smog nella sua vasca da bagno in disuso. Poi, staziona la sua 127 dal colore ormai indefinito e con la portiera del portabagagli aperta mostra la sua mercanzia all’angolo della via Pa... quella vicino alla piazza Ce... dopo quella traversa che porta là... ma al sessantenne sfugge il nome della strada: la sua memoria comincia a fare cilecca. SSSSSS... abbassiamo la voce, questa è un’altra storia, (La prostata? Prostra) per carità! Se ci sente “l’inquilino” del piano di sotto, preso d’invidia, fa cilecca anche lui! Lo sport e la dieta, quando vanno d’accordo, danno i risultati sperati: se lo sport stimola l’appetito, che seduce, la dieta non deve cedere alle sue lusinghe; invece, spesso si accusano a vicenda e addirittura, se colti in flagrante, negano di essere loro la causa di un mancato dimagrimento. Anche l’aria mi fa ingrassare - sostiene l’uomo - non c’è ormai soluzione! Dunque: se non c’è ammissione non c’è un colpevole? Esaminati i fatti, a noi, nasce un sospetto: la bilancia è una ballerina scostumata, per mirare e rimirare dalla sua postazione le maschie nudità dell’uomo, bleffa su pesi e misure! Luglio è andato |
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