L'OPINIONE DI ...

RIFLESSIONI al FEMMINILE

a cura di Laura Castiglione

OGNI TANTO UNO SGUARDO AL FEMMINILE AL MONDO CHE CI CIRCONDA

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Generazione persa!

Il chiodo fisso

Sedute al bar, alcune signore, tre vedove, una divorziata e due tenenti marito, conversano. Le chiame­remo secondo il gusto della granita ordinata da ciascuna di loro: Pesca, Cioccolata, Mandorla, Limone, Gelsi, Caffè.

Caffè: degli amici mi hanno presentato un vedovo, non fresco, scaduto da due anni; ben portante, di settant’anni e senza figli. Ieri mi ha invitata a casa sua per mostrarmi il filmino di un viaggio che aveva fatto con la moglie.
Limone: una volta, la scusa, era la collezione di farfalle…
Cioccolata: messaggio chiaro: non vuole sostituire la buonanima.
Mandorla: per te, ne vedrei uno più giovane, con i tuoi sessant’anni te lo puoi permettere.
Caffè: ci sto riflettendo...
Limone: buttati, ogni lassata è persa.
Gelsi
: col vecchietto chissà quanto ne perdi…
Cioccolata: il viagra fa miracoli!
Mandorla: a mio marito non ne ha fatti.
Gelsi: ma ti sei guardata allo specchio?
Cioccolata: a settant’anni un uomo si stanca presto… e poi… va ripìgghiaru!
Limone
: da quando ho divorziato non ricevo inviti, le mogli temono che gli rubi il marito.
Gelsi: non glielo devi rubare ma… fartelo… prestare…
Limone: Non voglio perdere la mia libertà per un altro stronzo, sto bene così.
Cioccolata: non cambiamo discorso, il vedovello… a pensione come sta?
Caffè: bene… e ha una bella casa.
Gelsi: lui si gode la bella casa… e tu… la pensione con un giovanotto...
Pesca: che discorsi! Tra me e mio marito c’era un grande amore, non potrei sostituirlo mai.
Caffè: non voglio sostituire mio marito, ma iniziare una nuova vita e… non per il sesso!
Gelsi: male! Unitta ogni tanto fa bene.
Limone: se lo sposa, se ne pente, e a cu ciù torna? Prostata, cataratta, pressione… Pi ffavuri!
Pesca
: alla nostra età è brutta la solitudine.
Cioccolata: è un buon motivo per avere un compagno di viaggi, di teatro, di gioco a carte…
Gelsi: … giocare a moscacieca … casa casa
Mandorla: oppure a tri oru vinci e a tri oru perdi…
Cioccolata
: per me, chissu, vuole solo fare il canto del cigno…
Limone: allora prendilo al volo… mangitiru cu tutti i pinni….primma chi i peddi!
Il cameriere: il conto?
Gelsi:… billittu è stu caruzsu… sottraiamolo allo sfruttamento …
Mandorla: è perfetto…sfruttamento minorile…
Caffè: noi sappiamo solo parlare… siamo una generazione persa!

Seconda quindicina di Ottobre, il caldo continua

La gattamorta

'A gatta rrumazzàta e… la zòccola viva

Alcuni animali si mimetizzano per difendersi. Gli esseri umani si mimetizzano, soprattutto, nelle azioni militari.

Il mimetismo è anche una strategia di attacco a sorpresa che pianifica una donna che in dialetto brontese chiamiamo gatta rrumazzàta(*), in italiano gattamorta e Vittorio Feltri ha scritto “in ogni gattamorta c’è una zoccola viva”.

Risponde ad un tipo di donna né bella né brutta, poco curata né trascurata, taglia tra il 40/42, raramente esce fuori misura ed è di moderata o modesta conversazione. Ma non è una stupida, riconosce di non avere frecce di seduzione al suo arco e affina quelle che un uomo cerca e ricerca in una donna: la disponibilità, la gratifica­zione, e perché no, il servilismo.

Ha un suo habitat ovunque, negli uffici, negli ospedali, in banca, negli istituti scolastici e universitari, nelle sedi dei giornali, nei tribunali, fra gli amici. La sua strategia non è quella di confondere il predatore, ma essere lei stessa un predatore che fagocita senza mai aggredire.

Sembra innocua perché servizievole, sottomessa e trascurabile, tanto da non destare sospetti neppure ad un uomo che non si affatica a conquistarla ma… se la ritrova un giorno, per caso, con diligente impegno inginocchiata sotto la sua scrivania.

Gli amici, i colleghi non se ne fanno una ragione e si chiedono come sia potuto accadere che il collega o l’amico, pi na gatta rrumazzata, abbia fatto torto o lasciato la moglie, donna di bell’aspetto e di intelligente conversazione in un rapporto alla pari, anche se, non sempre disponibile come è la maggior parte delle mogli.

Tutti d’accordo dicono che la moglie non si è difesa. Riflettiamo: se la moglie invece della gattamorta avesse visto in azione una sculettante ragazza con scodinzolio, non avrebbe valutato il pericolo e si sarebbe difesa?

Ma è lecito affermare con forza che il “beato-angelico-marito” non abbia saputo riconoscere una gatta tigre da una tigre, anche se hanno lo stesso mantello tigrato.

Da oggi, sempre che si possegga perspicacia, non si perda d’occhio a gatta rrumazzata, e per non dimenticare questi suggerimenti, tenere sempre pronti un inedito “requiem” e una fossa profonda per una degna e illacrimata sepoltura.

D’accordoo?

Ultimi di settembre 2014, è già arrivato l'autunno

(*) rrumazzàta = strapazzata, spelacchiata, smagrita

Chi l’ha visto?

Nulla faceva sospettare che…

Seguendo la trasmissione “Chi l’ha visto” ci si chiede perché qualcuno decida di sparire lasciando nel panico i familiari che intervistati, se fos­sero brontesi, direbbero: si vinìva un àngiru ru celu e mu riciva non ci crirìva(*), perché lo descrivono persona tranquilla, attaccata alla fami­glia, disponibile con tutti e credono impossibile si sia allontanata volontariamente.

L’ipotesi è di un rapimento a scopo sessuale se si tratta di giovane donna e di giovanile anziana, mentre se è un uomo, per un ignoto motivo. Ma ce ne potrebbe essere un’altra.

Quanti di noi avranno avuto voglia, almeno una volta, di sparire per infliggere sofferenza a uno o a tutti e di pianificare la fuga; lasciare indizi fuorvianti in cui gli abili investigatori si “farebbero vecchi”; di mettere da parte un gruzzoletto per non usare il bancomat che ne farebbe sco­prire l’esistenza in vita; di lasciare vestiti, cellulare, macchina, cane e gatti, e nudi come vermi strisciare di notte per le strade buie che non andranno a testimoniare il nostro passaggio.

A chi azzarda questa tesi, i parenti potrebbero obiettare che nulla faceva sospettare che il loro congiunto fosse infelice o avesse un tale disa­gio da voler sparire. E chiusi nel loro egoismo, incapaci di vedere sotto un’altra luce la storia di quella presunta insignificante o ingombrante pre­senza, solo ora ne apprezzano, ne sentono la mancanza e non potranno, ammesso che lo vogliano, chiedere scusa a chi non c’è ad ascoltarli.

Ma siamo proprio sicuri che non sia ad ascoltarli, o sia seduta in un bar, a guardare “Chi l’ha visto” e scommettere se qualcuno ci sapi strògghjri i nnummira?(**)

Facciamoci un giro per i bar con tv sintonizzata sulla trasmissione, e se vediamo qualcuno seduto da solo e con un sogghigno soddisfatto, di sicuro è la persona che cercano.

Non facciamo la spia, offriamogli una birra e… cin cin alla nostra, gli altri si arrangino.

Se io sparisco, non mi cercate al bar, la birra non mi piace. Il mio posticino segreto è Bronte Insieme.

Settembre 2014

(*) Si vinìva un angilu ru cielu e mu riciva non ci crirìva (se fosse venuto un angelo dal cielo a dirmi cosa sarebbe accaduto non ci avrei creduto).
(**) Strògghiri i nnùmmira (snodare, interpretare i sogni e mutarli in numeri).

E' tempo di crisi

Compitini per le vacanze

Le trasmissioni televisive estive di approfondimento sulla crisi, a me piace chiamarle “compitini delle vacanze”; servono come recupero semmai qualcuno fosse rimasto indietro. Molti interventi si basano soprattutto sulle responsabilità di chi è assente, mentre i presenti alle trasmissioni, al momento di assumersele, dicono che erano in malattia.

Tutti si lamentano, anche chi non ne avrebbe motivo e i detti antichi non vengono meno: si bbonu vo stari tà lamintàri! Perfino i vocaboli, rivoluzione, fucilazione, ghigliottina e castrazione, sono stati licenziati dalla democrazia e sono in cerca di lavoro.

Ognuno si organizza come può: chi diminuisce i prezzi per sopravvivere e chi li aumenta per vivere; chi pensa di rinunciare ai privilegi e chi li ritiene diritti.
Tanti pagano le tasse e c’è chi non le paga, e se sorpreso con la faccia imbrattata di nutella, si difende accusando sua madre che, incinta di lui, col desiderio insoddisfatto di nutella si era toccata la faccia, invece del culo, lasciandogli la cosiddetta voglia.

Non ci meravigliamo, ogni secolo ha avuto la sua crisi e noi ci meritiamo la nostra.

Oggi però, e grazie alla tv, anche le persone di bassa cultura sono informate su come evolve la crisi, l’ignoranza non è ammessa, la scolarizzazione non ha escluso nessuno. Ma se una volta il maestro era asino, il suo alunno-asino ragliava intimorito, oggi l’alunno-asino va su internet ne sa più del suo maestro, raglia senza paura e lo prende a calci.

Per risolvere la crisi, i governanti del passato non si consultavano, non si confrontavano, non facevano patti col diavolo. Il popolo non si chiedeva se il re sarebbe riuscito a risolvere la crisi, dove avrebbe prelevato i soldi e se le caste glielo avrebbero consentito, si rivolgeva direttamente ai suoi sudditi:

- tu, cittadino, cosa vuoi? -

- ho fame, o mio signore! -

- zac… zac... -

- orsù, cittadina, cosa vuoi? -

- i miei figli hanno fame, o mio signore -

- zac…zac…zac…

Il re tagliava qualche testa e la dava in pasto al popolo affamato che ne aveva soddisfazione.

I nostri governanti, bisogna dirlo, non sono così generosi, il cervello ce lo danno impacchettato nei supermercati e ce lo fanno pagare.

- Ma almeno, sarà umano? -

- Speriamo! -

Siamo a luglio, è tempo di vacanze!

Altro che maschi… fìmmini ci vòrunu!

La mamma che vive cent’anni

Una volta si facevano tanti figli sia per ignoranza sia perché si andava alla ricerca spasmodica del maschio. E oggi come vanno le cose?

I contraccettivi si trovano accanto alla cassa dei supermercati, semmai si dovessero dimenticare. Si programma un solo figlio a quarant’anni; un secondo, se la coppia ha coraggio o se il primo è maschio: si va alla ricerca della femmina.

Come mai questa inversione di preferenza? Le esigenze di paternità verso il maschio sono venute meno?

No, la donna ha preso piede anche sulla scelta del sesso dei “suoi” figli. Ma cosa hanno in comune mamma e figlia?

Sono donne di generazioni diverse ma legate da un complesso nodo di intimità e amore senza conflitto; condividono e parlano di sessualità, di politica, delle stagioni della vita, di lavoro, di religione, di relazioni.

La mamma addestra la figlia a realizzare i suoi sogni spezzati e la figlia impara a non farsi spezzare i propri. La loro complicità esclude i rispettivi compagni e se il marito è bravo, lo considerano un coglione e se per puro caso fa l’uomo rispondono in duetto: ma chi vvori chissu?

Questo stato di grazia dura tutta una vita e non è circoscritto al solo periodo dell’infanzia come è, e sarebbe, naturale, tanto da scatenare l’invidia della mamma di figlio che non prova a nasconderla, anzi va oltre… “aldilà”.

Se ci guardiamo intorno, la mamma di figlio si ricogghj ’i pupa, secondo le statistiche, intorno ai settant’anni mentre la mamma di figlia supera i novanta e raggiunge anche i cento.

La mia consuocera ha tre figlie, non ci voglio pensare a che età arriverà! E io non ci sarò per dimostrare, con prove alla mano, la mia tesi!

La mamma di figlia vive meglio e a lungo, troppo a lungo, un’esagerazione! Al contrario della mamma di figlio che si rode il fegato: l’organo più complesso del nostro corpo con preziosissime funzioni e fra tutte, quella di catturare e distruggere sostanze e “circostanze” tossiche che il corpo assume. L’eccessiva produzione di bile dà origine a patologie mentali e mortali: malinconia e depressione.

Mens sana in corpore sano… e ho detto tutto!

Ancora giugno, 40° all’ombra

(il disegno è un acrilico di Caterina Giganti)

Le nozze d’oro

Cc'è veramenti ri ciàngiri!

Una coppia festeggia le nozze d’oro. Ma perché si chia­mano d’oro?

Perché c’è una denominazione tradizionale per indicare il regalo che è d’uso farsi reciprocamente nelle ricorrenze degli anni trascorsi insieme. Venticinque: nozze d’ar­gento; cinquanta: nozze d’oro; sessanta: nozze di diamante… tirrùrii!

Cinquant’anni iniziati e trascorsi con un estraneo che si festeggiano con un estraneo e ci si premia pure con un regalo d’oro.

Il ricordo di emozioni e di sguardi; brevi attese che sembravano lunghe e interminabili attese; si addormentavano abbracciati e non per scaldarsi i piedi; lui sognava una mogliettina dolce e carina; lei era orgogliosa del suo principe azzurro che sguainava la spada contro chi osava con interesse guardarla; lui la cullava e lei lo viziava.

Il mondo era solo il loro mondo, la luna la loro luna, il sole sorgeva solo per loro. E oggi? Senza pudore festeggiano le nozze d’oro e a chi li osserva sembrano di piombo: il mondo, la luna, il sole, appartengono a tutti e la spada della gelosia resta nella guaina.

Si rimproverano, si stuzzicano e un po’ insofferenti si scaldano i piedi gelati.

Le giovani coppie temono di diventare come loro perché li vedono un po’ brutti, un po’ vecchi e forse, qualche volta, anche un po’ cattivi. Si chiedono se è responsabile quel maledetto innamoramento che li aveva accecati mettendo al buio la realtà; cercano risposte e trovano in una consensuale e salutare separazione una via di scampo per questi poveretti!

Gli interessati, anche a volerlo, non sono più in tempo mentre i giovani lo sono per fare una domanda diretta ai festeggiati: ma perché dopo mezzo secolo state ancora insieme?

Ricevono una risposta che li spiazza: la più convincente e carica di umanità, un flash su tutta la loro esistenza, una carezza commovente: - perché ci siamo affezionati! -

Questa è la riflessione più breve che io abbia fatto, non ci vogliono tante parole, non ci sono segreti da custodire: ci vuole una forte dose di amore, una fortissima di affetto e poi…

Giugno 2014

Cara Laura,

ho letto il tuo ultimo pezzo e mi vie­ne di dire che esso è un lungo, ap­pas­sio­nato e dolce rim­pianto del­la vita tra­scorsa con il tuo pa­ziente Gino.

E scusa se è poco, an­che se la tua fine ironia lo vorreb­be smi­nuire ma senza riuscirvi. Un caro abbraccio a entram­bi

Nicola Lupo

 

Ah! Quanto è bello, essere malati… mentali!

I freni inibitori… che non frenano!

L’inibizione è un processo che reprime un’azione; è un ritardo nella reazione agli stimoli, ad una pulsione o ad un desiderio.

La psicoanalisi non è una scienza esatta ma sostiene con certezza che quando si perdono i freni inibitori è malattia.

E a noi conviene condividere questa affermazione! Se siamo alla guida della nostra macchina, chi ci segue strimpella insofferente il clacson, anche per futili motivi, e noi esasperati reagiamo; quando in tv alcuni perdono le staffe e le loro voci si sovrappongono le une sulle altre alzandone il tono, noi al di qua dello schermo inveiamo con turpiloquio sfrenato anche se ci stanno appena appena antipatici.

Abbiamo tutti perduto i freni inibitori e siamo tutti malati? Certo che a rifletterci un po’ è una bella malattia che fa stare meglio e senza rischiare una denunzia.

E’ un lusso che ci si può permettere solo stando protetti dal televisore, perché nella quotidianità riceveremmo ben altro e per ovviare al rischio un’idea ce l’avrei: fingersi malati! Iniziare gradualmente, come ho consigliato in altre occasioni, scusandoci e meravigliandoci di noi stessi: non mi riconosco, non sono più io!

Le reazioni, non necessariamente alle provocazioni, le lasciamo libere senza che passino da quel filtro che ci faceva apparire sani, prudenti e controllati. Possiamo essere certi che la voce circolerà come un venticello e chi ci verrà vicino deporrà le armi di attacco; ci lascerà dire ogni genere di stronzate senza che reagisca perché noi, poveretti, siamo malati!

Certo non è bello essere considerati malati mentali o, ad una certa età, rincoglioniti ma a noi che ce ne frega! Quando si pensa che non si ha nulla da perdere, almeno, si faccia qualcosa per avere tutto da guadagnare anche se una vita spericolata.

Abbiamo voglia di dire coglione ad un tizio? Diciamoglielo!

Vogliamo mandare qualcuno a quel paese, facciamolo, e senza pensare: va ffa ‘nculo tu e 'a buttana 'i to soru!

Ah! Quanto è bello, essere malati… mentali!

Io oggi ne ho servito un paio, dei miei lettori, e sono appena agli inizi della malattia, constaterete in seguito come si evolverà!

Quasi fine Maggio 2014

Buon I° Maggio, Luigi!

Da 58 anni “all’attacco” de' l‘Unità

Luigi a vent’anni parte dal sud per recarsi al nord. Trova lavoro, casa e la sede del circolo del PCI. Si tessera al partito e ha un incarico di responsabilità: la divulgazione delle idee comuniste.

Luigi, detto Gigi, "all'attacco" de L'UnitàOgni mattina, da cinquantotto anni, affigge o “attacca” l’Unità, foglio dopo foglio, ad una bacheca da lui costruita.
Chi passa legge, s’informa, commenta insieme a Luigi, detto Gigi, che tutti conoscono da sempre e l’hanno visto invecchiare insieme alla sua tracolla sgualcita.

Quanti segretari di partito gli sono passati sotto gli occhi che via via si sono allontanati dalla madre Russia senza che lui ne abbia capito i perché!

Il PCI di Togliatti e di Berlinguer ora PD per Gigi non è più lo stesso. I suoi sogni gli tornano in mente e le promesse sono state deluse. Ormai in pensione, è rimasto “all’attacco” ma fa il suo dovere col suo berretto elmetto come un soldato.

Ogni mattina, tranne che piova, acquista una copia de’ l’Unità a spese del partito e un’altra con i suoi soldi che leggerà dopo pranzo, con calma, per cercare di capire chi è ancora comunista, chi ha tradito o chi sta per tradire gli ultimi ideali.

Non si lamenta della sua pensione di milleduecento euro mensili e, per la causa, trecentosettanta l’anno li spende per comprare l’Unità e cinquanta per la tessera del partito. Gigi non discute, non vede o non vuole vedere che i suoi vecchi compagni sono cambiati.

Molti si sono fatti i soldi tranne lui, molti sono diventati importanti tranne lui; qualcuno si è fatta la barca tranne lui; molti hanno i figli sistemati e lui disoccupati; molti hanno la donna tranne lui che ha sempre la sua vecchietta che lavora ancora ad ore; tutti negano di essere stati comunisti tranne lui che ne va orgoglioso; molti dicono di essere onesti ma lui lo è.

Gigi è rimasto fedele, ci crede ancora e fiero alza il braccio col pugno chiuso alla sua bandiera rossa con la falce e il martello mentre la saluta:
 - ciao, bella ciao!

Caro Gigi, anche la musica non è più la stessa… Goran Bregovic ha fatto di “Bella ciao” un arrangiamento inedito, allegro e sfrenato.

Buon I° Maggio!

Discrezione, invadenza, indifferenza, viltà, …

L’Angelo umano

Molti sono gli incontri che si fanno in tutta una vita; alcuni passano inosservati e si dimenticano, altri diventano amicizia o amore, ma uno solo, anche con un estraneo durato pochi minuti può lasciare il segno, essere determi­nante o cambiare tutta un’esistenza!

E’ capitato a tutti dire di qualcuno che se non avesse incontrato quel giorno o non si fosse trovato in quel posto quella persona, quasi ad attenderlo per aiutarlo ad attraversare la sua strada, gli eventi avrebbero preso un’altra piega o la sua vita sarebbe stata peggiore; oppure qualche volta si è stati sul punto di fare una scelta che avrebbe meritato una riflessione in più che non si è fatta ed ecco che un angelo umano, come piace a me chiamarlo, all’im­prov­viso ci ha fermati e fatto riflettere.

Oggi è difficile trovare qualcuno che ci fermi quando sbagliamo o ci faccia riflettere perché è diventato un vezzo dire di non essere invadenti, sapersi fare i fatti propri, e affinché il messaggio fosse chiaro e forte a tutti si è fatta anche una legge sulla privacy.

I genitori rispettano le scelte dei figli; gli amici quelle degli amici; i condomini quelle del dirimpettaio e restano sorpresi quando è derubato o ucciso perché i suoi rumori di sempre non sono familiari e quelli diversi non li hanno allarmati.

E’ discrezione, osservanza della legge, viltà, indifferenza, cos’è?

Si può restare muti a guardare, perdendo l’occasione di essere l’angelo umano di qualcuno, sia che stia a cuore sia che si incontri nell’ascensore? Certo non tutti accettano interferenze perché il rientro quasi forzato nei binari, anche se porta in salvo, umilia. Così com’è imbarazzante l’indecisione di aiutare qualcuno in difficoltà o di lasciarlo al suo destino.

Ma non è il destino che decide per noi o per gli altri, è l’angelo umano, è la giusta invadenza che è un pregio e non un difetto.

Non servono riflessioni per farsi largo nella mischia di coloro che si dichiarano discreti e per aprire le ali, e volare, e puntare chi senza saperlo ci invoca!

E chi resta ‘nda vita…!

Sol chi non lascia eredità di affetti poca gioia ha dell’urna” (Foscolo)

Buon lunedì dell’Angelo ai miei lettori.

La “buona” suocera mamma di figlia

Matrimonio d’amore o d’interesse?

Matrimonio d’interesse: i genitori, una volta, sceglievano a tavolino per la figlia un bravo ragazzo e la sua posizione economica. Lo accoglievano in casa ed erano tutti contenti, tranne gli interessati che lasciavano il cuore, straziato, altrove.

Matrimonio d’amore: due innamorati sfidavano l’ira dei genitori e andavano a vivere, poveri ma felici, in una capanna.

Entrambi i progetti duravano nel tempo. Oggi non dura né l’uno né l’altro, però, la cosiddetta buona suocera, mamma di figlia, non vuol farsene una ragione e mette in atto una strategia che pare stia mettendo radici.

Naturalmente sono alcune di queste mamme, le altre per il momento stanno a guardare. Mentre la buona donna pettina i setosi capelli dell’adorata figlia, pensa che nessuno la meriti e se non ci sarà lei a proteggerla, qualche stronzo la farà piangere.

Riesce così a pianificare il matrimonio d’amore per trasformarlo in quello d’interesse per la figlia, sicura che duri.

Entrato in casa l’ignaro ragazzo, che ha deluso la sua famiglia nelle sue attese e si sente incompreso, la buona suocera gli offre conforto, gratificazione e non solo: farà di lui il marito ideale per la sua principessa e glielo cucirà addosso come un vestito attillato.

Egli è felice d’aver trovato una vera famiglia, si allontana dalla sua d’origine e si integra nella nuova.

Noi non ci soffermiamo sui dettagli, variano secondo l’estro, e ci limitiamo a riportare una frase comune a queste buone donne che dicono al giovanotto mentre gli consegnano la figlia come fosse una porcellana di Capodimonte:

 - Vedi, figlio mio, stiamo mettendo nelle tue mani il nostro tesoro più grande, il pilastro, ‘u cummu, (il colmo) della nostra casa!

E il poveretto, imbarazzato, non sa se posare la statuina sul comodino, farsi la santa croce e baciarla come un santino religioso prima di addormentarsi o se volendo, potrebbe, poggiarla qualche volta sul letto. Sa di certo che non deve fare colpi di testa, lui sposa la causa, altrimenti sarà causa dei suoi mali!

- Ma, me fìgghiu, chi nnicchi e nnacchi, con questa gente - si chiede la madre del giovanotto - e perché ci sta?

Noi non reagiamo a questa provocazione con una risposta ovvia, constatiamo solo che i tempi sono cambiati... ma la musica è sempre la stessa.

Primi di aprile 2014

Il gigolo e la puttana

Cambia solo il suono

Dai ricordi di scuola, quando s’imparava il francese scritto, letto e poco parlato, rimangono i suoni. L’erre moscia, i dittonghi pronunciati con le labbra a mo’ di bacio come monamour, tutta una parola, differente dal nostro, amore mio, staccato.

Qualcuno sostiene che il francese sia una lingua partorita da una donna languida e sensuale, nulla a che spartire con la dura lingua tedesca, a meno che, in una coppia non si abbini un tedesco con una francese.

Ma è solo un’opinione! Tra le tante parole francesi il nostro orecchio cade su gigolo, maschile di gigolette; in inglese, sex worker, maschile e femminile; in americano, hustler, maschile e femminile; in italiano, puttana, ha solo il femminile perché neppure il dialetto siciliano, che affonda le sue origini nella lingua di tutti i popoli che si affacciano sul Mediterraneo, è riuscito a dare il genere maschile a puttana.

E’ discriminante, anche se non è poi così difficile porvi riparo! Se, alla maggior parte dei vocaboli, per cambiargli “sesso”, si muta la desinenza, presto è fatto e corretto: puttana, maschile puttano.

Gigolo, in francese, ha un suono che richiama un gioco di un giuggiolone, il contrario di puttana che ha il suono quasi di uno sputo.

Anche la sua definizione non suscita scandalo: il gigolo accompagna ricche signore. E’ galante, fa il baciamano, non è mai volgare, è discreto, anche quando accompagna gli uomini o il suo cantante preferito o il politico che segue dietro le quinte, quasi a volersi nascondere o a voler nascondere la sua giovane età che potrebbe mettere in imbarazzo.

"Il baciamano", di Rita Protopapa

Al contrario della giovanissima ragazza che accompagna un uomo di età! Ma perché, tanta riservatezza?

E’ un compagno che accompagna, è un gentleman, è un altruista che giocherella col suo Rolex e la sua decappottabile.

Non ama le case chiuse, vive all’aperto in piscina e ascolta “un’altra musica” mentre legge i giornali dove non si scrive male di lui, anzi, non si scrive: “un po’ dimenticato nel cono della notte…” anche se, cade anche lui nella rete di chi lo tiene prigioniero in una giovinezza che perde.

Gigolo o puttana non c’è differenza! C’è, invece: sta tutta nel languido e sensuale suono francese: jiigolòò!

21 Marzo 2014, è arrivata la primavera

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