Essere una sola carne
E se a uno dei due piace il pesce?
Quella di quest’anno è un’estate torrida che si sta
prolungando oltre il previsto e, ormai, le coppie che hanno
organizzato per sposarsi non possono rinviare.
Gli uomini sudano in giacca e cravatta e alle donne attraverso
le trasparenze dei merletti, il caldo penetra fino alle ossa.
L’officiante, imprigionato nella tonaca, non si sottrae al suo
compito, si rivolge ai presenti: “parlate ora o tacete per
sempre” ma nessuno osa parlare per non prolungare la cerimonia.
Poi parla agli sposi: “dovrete comporre un puzzle in cui ogni
tesserina s’incastri nell’altra per formare un bel paesaggio.”
I due convenuti, con un bagaglio culturale e genetico diverso,
si frastornano all’incitamento del parroco e si chiedono perché
congiungersi finché vita non li separi?
L’ha ordinato il medico che, senza “tuccàrici u puzu”, ha
fatto la diagnosi: “questa è una coppia sana!”
Certo lo stare insieme “non veni ri caràta”; solo le
coppie del secolo passato festeggiano le nozze d’oro, quelle di
oggi non arrivano nemmeno al settimo anno, la crisi oggi
anticipa i tempi.
I due possono passeggiare l’uno dietro l’altro, chi ha il passo
svelto e chi lento, lui preferisce la cucina della mammina e lei
della mamma, ma perché essere una sola carne?
E se a uno dei due piace il pesce? La scappatella di oggi non ha
il sapore di quella del passato, si fa meno fatica per arrivare
al dunque e non conviene cambiare strumento musicale. Le note e
gli accordi, è vero, sono diversi, ma dopo poco l’armonia si
perde e la musica è finita.
Forse il parroco non ha torto
nell’incitare la coppia a essere una sola carne ma bisogna
allenarsi a riflettere prima di sposarsi e non dopo, perché
tutte le passioni durano poco, solo l’amore è per sempre.
Riflettere è un’opera di bene da fare soprattutto a se stessi e
ccu friscu.
Agosto 2024 |
Un confidente fuori dal tempo Elogio del camino
Il condizionatore è un
elettrodomestico che appeso a muro tace in inverno e spera che
il caldo soffocante arrivi presto per rivivere.
A poca distanza ha un compagno, il termosifone che,
riscaldandosi, accoglie solo le carezze di chi gli passa vicino. Poveretto, anche lui!
Si era illuso di sostituire il camino che da protagonista stava
al centro di una stanza e non relegato in un angolo o dietro una
porta. Il camino accoglieva le membra di un albero ormai morto, le
faceva rivivere richiamando a sé i componenti della famiglia e i
loro amici che conversavano o discutevano.
Il suo compito non era solo di riscaldare il freddo inverno, era
uno psicoterapeuta di chi seduto di fronte gli affidava le sue
confidenze, un amore, una delusione, un dolore, un tradimento,
un sogno, un progetto fallito, una colpa, un rimorso. Non si
distraeva a prendere appunti, era attento ad ascoltare e capire
anche chi gli confidava di non essere compreso. Sapeva tenere i “sigritanzi”, e se avesse voluto
infrangere un segreto, il suo portavoce era il carbone che
cenere era e cenere diventava.
Non indossava le vesti di un prete, non faceva sentire
colpevoli, non puniva né assolveva, alzava la fiamma,
scoppiettava piccoli fuochi d’artificio per condividere i
momenti felici e per quelli tristi si scuriva e si accasciava. Il camino oggi è presente nelle case di campagna, non è un
confidente né aggrega la famiglia, svolge il solo compito di
riscaldare i fine settimana, ma nelle case di città con i
termosifoni messi a palla, cosa ci sta a fare?
Tiene in mano una luce rossa che finge di essere fiamma, non ha
legna da ardere, né fuoco da soffocare, ha un tappeto prostrato
ai suoi piedi cui non può mandare per ripicca nemmeno ‘na
cimìgghja. Il silenzio parla per lui: “Ma sti strunzi, chi sindi
fanu ri mia?” Aprile 2024 |
Per farlo buono recita un’Ave Maria
L’ovu 'nciratu
Ci sono due tipologie di cuoche non professioniste, una
mescola sapori contrastanti, non rispetta i dosaggi, non bada
all’estetica, non apprende per migliorare ma ha un merito: ne è
cosciente e non bada alle critiche.
Un’altra, di contro, rispetta la convivenza di sapori, dosaggi,
estetica, ruba il mestiere a chi è più brava di lei per
soddisfare tutti, specialmente chi è esperto in critiche. Quando
presenta a tavola una pietanza, per il critico qualcosa
l’avrebbe potuto fare meglio o come la faceva la sua mamma.
Ma veramente i ricordi restano così vivi negli anni da poter
fare paragoni?
E’ anche vero che la materia prima era genuina, il formaggio era
di pecora e di mucca, il maiale sapeva fare ‘u poccu,
l’olio era r’orivi, le uova erano di gallina e non come
oggi che con la parità dei sessi, forse sono di gallo.
E poi, c’era l’appetito che non aveva preferenze, si mangiava di
tutto e non solo per fame.
Oggi, per il critico, anche l'ovu 'nciratu (l’uovo
alla coque), diverso dal
bazzotto col tuorlo duro, non è come ‘u cuciv’a so’ mammitta
che appena l’acqua bolliva il tempo di recitare un’Ave Maria, il
tuorlo era morbido e pure l’albume che non restava mai crudo da
sembrare il moccio del naso.
La cuoca quando presenta la pietanza aspetta trepidante, se non
i complimenti, il silenzio consenziente e, se dovesse mancare un
pizzichino di sale, farebbe il mea culpa, invece il
critico non sapendo che dire enuncia: “è troppo calda.”
Se la cuoca, invece di offendersi, mettesse il suo critico ai
fornelli per cucinare un uovo alla coque, anche rischiando
d’inghiottire senza gustare un pastrocchio, l’avrebbe vinta e
solo prendendolo per il… suo verso:
- “Bravo! Anche se hai
dimenticato di recitare l’Ave Maria, quest’uovo ha la virilità e
la durezza di un uomo!”
Febbraio 2024 |
Sola, a casa e trascurata, oppure...? Ma Babba Natale dov’è? Il mito di Babbo Natale nasce dalla leggenda di San Nicola, il
quale, per avere riportato in vita tre fanciulli rapiti e uccisi da
un oste, fu eletto protettore dei bambini. Il santo era
rappresentato con la barba, la mitra, il mantello rosso vescovile e
il suo culto si divulgò in quasi tutte le culture. In America subì la trasformazione in un vecchio con la barba
bianca, la giacca rossa e un sacco pieno di regali. Iniziò la strada
della mercificazione e le chiese tradizionaliste ritennero e
ritengono che si sia perso il significato religioso.
Ne sono artefici anche i genitori che spingono i figli a scrivere
a Babbo Natale e non a Gesù una letterina con la richiesta di più
regali. Certo i bambini sperano di ottenerli tutti e se ne manca uno
capiscono e perdonano Babbo Natale e, male che vada, confidano nella
befana: è donna e sa il fatto suo. Una volta Babbo Natale era uno per tutti, arrivava di notte alla
vigilia di Natale e, mentre i bambini dormivano, lasciava i regali
sotto l’albero e non sotto il presepe. Oggi di Babbo Natale ce ne
sono tantissimi, uno per ogni centro commerciale e negozi di
giocattoli, come se il capostipite, non certo San Nicola, avesse
trascorso tutto l’anno a procreare Babbi Natale. Ma Babba Natale dov’è? Sola a casa, al polo nord, al freddo e al
gelo? A tenere in caldo l’acqua per il suo Babbino che stanco, al
suo rientro, possa fare un bagno ristoratore? Oppure, abbandonata e trascurata aspetti le feste
per fare festa e non rischiare di abbassare la media
dei Babbi Natale? Le domande non richiedono risposte, sono per allentare la
tensione di questo Natale senza abbracci, baci e tenere carezze. Cari lettori, anche se in ritardo, è il vostro Babbo Natale con i
regali da voi richiesti e gli auguri di buone feste. Natale 2023 |
L’abito non fa la sposa ... e neppure lo sposo L’abito da cerimonia rappresentava nel passato la sposa e il ceto della famiglia cui apparteneva. Era un manufatto di svariate fogge, di tessuti ricamati e ornati di merletti pregiati, di colori vivaci e perfino il rosso era usato in Cina e India. L’uso dell’abito bianco risale al 1406 in Inghilterra, indossato dalla principessa Filippa, figlia di Enrico IV, un secolo e mezzo più tardi da Maria Stuarda e dalla regina Vittoria. Così iniziò il suo percorso, il cui stile ha seguito la moda per rappresentare l’eleganza e, il bianco, la verginità della sposa. Oggi, tra agosto, settembre e anche primi di ottobre, sotto il segno zodiacale della vergine, i matrimoni sono sospesi, le spose sono in crisi, soprattutto per non potere indossare l’abito nuziale, per il quale hanno messo da parte i jeans strappati e chiesto un mutuo. Neanche lo sposo potrà indossare il suo classico abito scuro, come per un vanto di non essere vergine e con un tocco di colore solo alla cravatta. Ma oggi, in molti, prima del matrimonio convivono e, superato l’innamoramento, messo al mondo un figlio, intrapresa la strada del mal di testa, si sposano per non dire più che si ha un compagno? Per organizzare un catering all’insegna degli sprechi? Perché la donna indossi l’abito bianco che è, oltre partorire, il privilegio che non chiede di spartire con l’uomo? Però, da qualche anno, l’uomo sta abbandonando l’abito scuro, lo spezzato è con gilè o pantaloni bianchi, se lo lascia intero è di colore beige chiaro. Che sia il preludio dell’abito bianco per l’uomo e col significato di verginità? Attenzione! Se l’uomo perseguirà la strada verso l’abito bianco, la donna deve impedirlo e imporsi con fermezza e non per averne lei l’esclusiva, ma per non sembrare di sposare un Papa: l’unico vergine di bianco vestito. Gennaio 2022 | |
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