Conclude scrivendo che «la tecnica del mosaico parmi alluda ai tempi della decadenza romana». Sempre il Prof. Orsi nella sua relazione promise una campagna di scavi per l'autunno dello stesso anno, dopo di che «sarebbe stato in grado di dare più ampi ragguagli sulla forma, destinazione ed età di codesta costruzione». Dal 1905, anno del ritrovamento, trascorse invano un quarto di secolo: la sospensione dei lavori durò, infatti fino all'epoca in cui visse Benedetto Radice (1927). Dopo, purtroppo, sia i resti dell'edificio che i mosaici furono letteralmente dimenticati da tutti; scomparvero, distrutti e sepolti dalle ruspe ed il luogo del ritrovamento trasformato in frutteto ed oliveto. Nell'ottobre 1991, Massimo Frasca dell'Università di Catania, dopo un sopralluogo in Contrada Erranteria, così scriveva: Si può «individuare un'ampia fascia di terreno, coltivato ad uliveto, caratterizzata da una grande quantità di tegolame e ceramica acroma e con superficie rossa, tipica del periodo romano. ... I rinvenimenti di superficie indicano in maniera inequivocabile che qui (in contrada Erranteria) doveva sorgere un vasto complesso abitativo di età romana». (Bronte Notizie, Ottobre 1991). Ancora oggi (febbraio 2006), la Guardia di Finanza, individuandone ancora una volta dopo cento anni il sito, ha nuovamente riportato all'attenzione dell'opinione pubblica e degli esperti l'esistenza della villa romana scoperta da Orsi.
Nel sopralluogo fatto con la Sovrintendenza, le autorità locali, stampa e televisioni ha anche mostrato i resti di un muro, un piccolo altare sacrificale ed una macina in pietra lavica che alcuni esperti hanno definito di epoca romana. BRONTE ANTICA
(Così B. Radice descriveva nel 1924 il ritrovamento della villa romana avvenuto nei primi anni del 1900) «(...) Al fondo Piana, proprietà del farmacista Leanza è stato anni fa scoperta una piccola necropoli ove sono stati rinvenuti vasetti di fina argilla colorati in nero, che l'illustre Prof. Orsi giudicò rimontare al 3° secolo a. C.. Nello stesso fondo, più in là della necropoli, si è trovata una fornace, addetta forse, alla cottura dei mattoni e dei vasi. Altri vasetti dello stesso genere sono stati trovati anche nel fondo del Dott. Luca Luigi. Nell'antico casale di Maniace, ora spento, si sono trovati gli avanzi di un piccolo edificio con tre vani: due rettangolari ed uno circolare - riferibili ad un piccolo bagno, ancora non interamente sterrati. Il vano maggiore di m. 4,95 x 4,10 è decorato di un pavimento a mosaico, formato di tasselli marmorei, silicei, calcarei, testacei o di lignite fossile. Il campo è diviso da tenie in medaglioni e in riquadri ottagonali; al centro un medaglione con stambecco corrente, circondato da quattro nodi di Salomone; accantonati ad esso 4 ottagoni con 2 busti muliebri, uno virile e 2 oche. Nei medaglioni di ponente un lupo, un uccello sui rami, un capriolo e uno stambecco. Nel lato di levante, incompleto, due rosette e una medusa; a nord, tra due dischi, un capriolo corrente. Il 2° vano, rettangolare, di m. 2,50 x 1,80, aveva pure il pavimento a mosaico con fondo bianco e quadretti concentrici, rossi e piombini. Il 3° vano circolare, o meglio a forma di (ferro di) cavallo, di circa m. 2,10 porta sul pavimento e sulle pareti residui di impellicciatura marmorea. La tecnica del mosaico, scrive il Prof. Orsi, pare che alluda ai tempi della decadenza romana. S'ignora il nome di questa località al tempo dei romani: forse dal fiume vicino, si chiamava Simeto. (...) Rivoli d'acqua, da quel tempo, vi corrono sopra e si dubita che abbiano cominciato a corrodere, a scomporre, a sconnettere, a disperdere tanta secolare opera d'arte. Qualche zappata di contadino ha fatto saltare in aria dei tasselli, essendo questi mosaici non custoditi, non potendo certo il proprietario tenervi a sue spese un custode. (...)» (Pubblicato su “Aretusa” - Periodico mensile d’arte - Anno 1, n. 2, Palermo, 1° Luglio 1924, pag. 4 - Direttore responsabile: Manlio Gianrizzo). Leggi l'articolo completo a pag. 165 della nostra edizione digitale de "Il Radice sconosciuto". |