La Ducea inglese ai piedi dell'Etna (1799 - 1981)

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Il Castello dei Nelson, trasformazioni e restauri

di Mario Carastro

LA DUCEA INGLESE AI PIEDI DELL'ETNA

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1. Premessa, la tomba di Graefer - 2. Gli anni di Graefer, Forcella, Gibbs (1799- 1816) - 3. Gli anni di Bryant, e Martha Barret  (1817-1818) - 4. Philips e William Thovez (1819-1872) - 5. Samuel Grisley e Louis Fabre (1873-1908) - 6. Conclusione - 7. Bibliografia



2. Gli anni di Graefer, Forcella, Gibbs (1799- 1816)

J. Andrea Graefer al suo arrivo a Bronte nell’autunno del 1799[14] si dedicò immediatamente al restauro del complesso dell’Abbazia, le cui condizioni dovevano essere certamente peggiori rispetto a quelle riscontrate da Mons. J. A. De Ciocchis nel 1741[15], ed a nuove edificazioni al fine di realizzare una comoda dimora per il I° Duca.
Il 22 aprile 1800 scriveva a Orazio Nelson[16], che sognava di visitare prima di lasciare Palermo per l’Inghil­terra il suo ducato a Bronte, rassicurandolo sul proce­dere spedito dei lavori, tanto che stimava di ultimare alcune opere murarie per una prima parte della “casa” entro una settimana.

In un’altra lettera del 16 maggio 1816 promet­teva l’invio di una copia, appena pronta, del “progetto”, non ritenendo idonea quella in suo possesso, perché lercia per essere stata nelle mani e vicino ai “nasi” dei muratori. I lavori, scriveva al Duca, avevano interessato anche vecchi muri ma il risultato finale era tale che l’insieme appariva, eccezione fatta per le finestre, come nuovo.

La residenza si sviluppava sul fronte Sud d’ingresso al complesso, e comprendeva all’epoca tre camere desti­nate all’Ammiraglio, una al suo attendente e una terrazza (“lodge”); ambienti tutti questi dai quali si godeva  una superba vista dell’Etna.

Questo primo nucleo della “casa ducale” (Corpo A) era sorretto dalle prime due file di archi e pilastri della coeva corte coperta d’in­gresso[17]. Vi si affiancavano (Fig. 6), facendone funzional­mente parte, il Corpo G e la Terrazza A1, (“Lodge”), dove oggi si trova la Sala da Pranzo (Corpo C).

Il Corpo C in elevazione ancora non esisteva, ma al piano terra vi erano i locali dell’Abbazia, quali vecchi magazzini, celle monaci, “l’astraco”[18], cucine, etc., sui quali tale corpo sarà realizzato e sulla cui descri­zione esiste un certo buon accordo fra quanto illu­strato dall’“Explanation of The Plan”[19] e quanto ricostruito da Mons. Galati[20].

Il Corpo G si trova in corrispondenza della “Stanza del Campiere” (l’ambiente “f” descritto nella Expla­nation of The Plan of The House and of Maniaci, ndr[21]) e risale come detto al tempo dei Basiliani.

E’ una costruzione, impostata su quello che era sta­to il lato destro del nartece, di prima del 1741-1743 almeno, perché ne parla nel 1743 l’Abate Gregorio Sanfilippo come ricorda Mons. Galati[22].

Il nartece originario della Chiesa, infatti, deve esse­re rimasto per molto tempo intatto, probabil­mente sino al 1693, quando verosimilmente fu danneggiato dal terremoto.

I Basiliani negli anni seguenti, vi costruirono sopra per ricavare un alloggio per il Cappellano, che an­da­va a celebrare la messa nella Chiesa  nei giorni festivi e di ricorrenza reale[23][24]. Questo povero alloggio fu ricordato dall’Abate Sanfi­lippo, con l’esi­stenza an­che di una campana sulla parete di destra del­l’ele­vazione dalla parte del­l’in­gresso in Chiesa[25].

E’ emozionante, a tale proposito, vedere ancora oggi una campana su quella parete, anche se pro­babilmente non è più la stessa (Fig. 10).

Oggi il Corpo G, elevato sulla parte destra del nar­tece, si trova a contatto con la facciata della Chiesa. Sulla parte di sinistra fu, invece, costruito un ma­gaz­zino (la futura legnaia esistente ancora nel 1981, ndr).

Il Corpo G preesistente al Corpo A di Graefer evi­den­zia un allineamento della copertura e tipologia costruttiva diversi (Fig. 6).

Guardando, inoltre, dall’esterno del Castello si di­stin­guono oggi (Fig. 7)[26] e si distinguevano nel periodo 1874-1895 (Fig. 8) gli stacchi strutturali fra il Corpo A iniziale, il Corpo G e la parte del Corpo C dove si tro­vava la Terrazza A1 e che poi è diventata la Sala da Pranzo[27].

Quando nel 1802 Graefer morì, fu sepolto in quello che era considerato un luogo sacro: a terra nella parte destra del vestibolo-nartece, alla quota del­l’attuale ingresso della Chiesa; certo non dentro una “stanza”. Il piano terra del Corpo G fu in pratica la cappella funebre del Governatore.

Anni dopo, durante lavori eseguiti probabilmente intorno al 1806, il suo corpo fu esumato e la cassa con i suoi resti fu posta nel muro della Chiesa (Fig. 5).

E’ verosimile pensare, infatti, che in quel perio­do  si vollero sistemare i due accessi contrap­posti pre­senti nella corte sotto gli archi: si aprì o si aggiustò a sini­stra, con riferimento all’ingresso principale al castello, la porta di accesso agli appar­tamenti ducali[28] mentre a destra si creò la “stanza del cam­piere” B (Fig.  5) chiudendo anche l’arcata 4-5 del nartece[29].

Sarà stato necessario allora uniformare la quota del piano di calpestio della “stanza” con quella della corte e per questo la tomba di Graefer fu rimossa e la cassa con i resti deposta in un loculo ricavato (pro­babilmente in un come punto come "A" di Fig. 6) ricavato nelle pareti, provocan­dovi per la non per­fetta esecuzione della muratura a causa dello scarso spessore a disposizione un rigon­fiamento, una “pancia” appunto.

Negli anni che seguirono, quando quell’ambiente era stato chiuso e adibito già da qualche tempo a Corpo di Guardia, probabilmente il fatto era stato dimen­ticato per tornare d’attualità solo nel 1885 quando si volle elimi­nare quella “pancia” nel muro di cui parla Giuseppe Meli.

Torniamo adesso ai lavori di costruzione della Resi­denza Ducale.

Orazio Nelson, come sappiamo, non vide mai la “casa” e quando Graefer morì nel 1802, è presu­mibile che quanto realizzato fosse già andato ben oltre le 4 stanze; lo stesso Ammiraglio scriveva: “Mi dicono che la casa costruita sia assurda. Al posto di una residenza per il fattore è stato eretto un palaz­zo princi­pesco – Una vera follia da parte di Graefer”[30].

Gibbs ricordava al II° Duca, Rev. William Nelson, che Graefer aveva investito nella costruzione le rendite della Ducea di oltre tre anni e che, non sufficienti queste, aveva pure contratto dei debiti[31].

Appare chiaro che il Governatore aveva intra­preso la realiz­zazione di una residenza di campagna signorile, po­nendo le basi di quella che sarà la Casa Ducale che appunto arriverà ai nostri tempi.

Dopo la sua morte sia il Marchese Antonio Forcella che Abramo Gibbs, che si occuparono del Ducato sino al 1816, ebbero anche la preoccupazione di tenere in manutenzione più che completare, le opere del Governatore.

Il costoso progetto della “House” comunque era già stato avviato. Nei conti della Ducea del solo periodo 1799-1802[32], infatti, si vedono imputati costi pari a 7.710 Oz. per la “fabbrica del Casino di Maniaci, Giar­dino, strade, acquedotti, ...” su un totale di 17.459 Oz. a fronte di entrate pari a 16.652 Oz.

Lo stesso Gibbs ebbe a scrivere a tal proposito nel 1806 al Duca William: “The Estate has paid off the hone borrowed at interest for building the House, with interest and likewise the 8.000 Oz.”[33].

Le spese sostenute da Forcella e Gibbs per gli “acconci” nella Casina di Maniaci sono riportate negli antichi manoscritti dell’APN chiamati “Raziocini di Cassa dello Stato di Bronte” redatti dal Cassiere del Ducato per il Governatore dal 1802 al 1817.

Gli interventi cui si attri­buiscono le uscite avven­go­no sotto la direzione dei mastri “fabbricatore” e “falegna­me”, dipendenti dello Stato, e con la con­sulenza pro­gettuale dello “ingegnero della Camera Ducale” o “ingegnero di Stato”[34].


 

Fig. 6 - Castello Nelson, ipotesi di Sviluppo nel tempo dei vari Corpi della Resi­denza Du­cale: Corpo G (prima del 1741-1743)
 – Corpo A (1799-1802), elevazione sulle prime due file di colonne della corte d’ingresso
 – Cor­po A1, Lodge (Terrazza) poi parte del Corpo C (1800-1802)
 – Corpo C, sala da pranzo, salotto, salone, corri­doio, camere letto (1817-1872) – Allun­gamento del Corri­doio C1 di circa 20m (1873-75)
 – Corpo A2 (1875-76), cucine e servizi su II e III fila di colonne di parte della corte d’in­gresso
 – Palaz­zina Uffici U (prima costru­zione 1881, rifacimenti defi­ni­tivi 1887-88) – Bastione sul fiume con Torretta B (1886)
 – Corpo A3 (1891-92), completa­mento del quartiere cucine, servizi, ap­par­ta­men­to Ammini­stratore, etc  su II e III fila colonne del resto della corte di ingresso.

Fig. 7 - Vista odierna dell’ingresso principale del Castello Nel­son (da “Il Castello dei Nel­son” di N. Galati). Si intra­ve­dono gli stac­chi fra i corpi G, A e A1-C.

Fig. 8 - Vista ingresso Castello (1874-1895, foto concessa da Lord Bridport). Si distinguono gli stacchi fra i corpi G, A e A1-C.

Fig. 9 (a sx) - Ingresso chiesa di Santa Maria di Maniace dopo il 1981 (dopo i restauri). La legnaia già esistente sulla sinistra è stata demolita.

Fig. 10 (a dx) - Ingresso della chiesa dopo 1981. Sulla parete di destra si intravedono in basso la chiusura in muratura del­l’ar­co dello originario nartece ed in alto una vecchia campana.

Fig. 11
Possibile posi­zio­ne del­l’“Astra­co” A (vedi A. Nelson Hood, “La Du­cea di Bronte”, op. cit.; APN, “Ap­pun­ti del Gen. A. Nelson Hood del 1870”, Faldone 616-B, p.78) e di una Ter­razza B esi­stente prima dell’al­lun­ga­mento del Cor­ridoio (ve­di APN, “Lettera del 10 dicem­bre 1870 al Cav. Giu­sep­pe Liuzzo”, Faldo­ne 586-1, p. 17) sulla Ipo­te­si di Plani­me­tria origina­ria del­l’Ab­bazia (vedi N. Ga­lati - “Il Ca­stello dei Nel­son”, op. cit.).

Alcune notizie a caso: nel 1814 un chiaro riferimento a spese per mettere in sicurezza, con l’accordo preven­tivo del Duca, quanto sino a quel momento costruito[35], mentre nel 1814 veniva pagata la diaria per perma­nenza a Maniaci per 45 giorni a Felice Visconti per soprintendere i lavori della Casina[36]. E’ un continuo intervento di conservazione delle opere iniziate su grande scala da Graefer e non ancora completate, per prevenire il pericolo di perderle.

Il 28 febbraio 1815 Antonio Forcella scrive al Duca: “Reapairs of Church at Maniace very necessary to prevent it tumbling down. Also to  surroundings buildings which Graefer had intended to convert into a country seat for the late …Nelson……..”[37].



3. Gli anni di Bryant e Martha Barrett (1817-1818)

ll Duca William sempre più insoddisfatto per la gestione del Ducato affidato a Governatori Siciliani, che oltre a non garantire più le rendite sperate non gli presentavano conti fedeli, decide nel 1816 di inviare a Bronte come suo Procuratore e Agente Generale il giovane Bryant Barrett.

A lui nelle istruzioni del 14 settembre 1816 per la sua missione iniziale a Palermo presso il Marchese Forcella, chiede di acquisire e spedirgli, insieme alle 19 mappe del suo possedimento già pronte, anche la mappa di tutti gli edifici e della Chiesa[38].

Forse è questa richiesta che ha dato origine alla Planimetria smarrita cui si riferisce la “Explanation of the Plan of the House and of Maniaci”[39]. Nel dicembre 1817, infatti, il Duca lo ringrazia per avere ricevuto lo “Sketch” della “House at Maniaci”[40] composto da un “Plan” e una “Explanation”, per cui è credibile che la compilazione dell’“Explanation” sia da attribuire proprio a Barrett[41].

Il nuovo amministratore trova poco salubre Maniace per il dilagarvi della malaria nei mesi estivi ed ha dei dubbi sull’opportunità di scegliere la Casa come residenza per la sua famiglia.

Anche il Duca è preoccupato per la salute dei Barrett e nella corrispondenza fra i due l’argomento è affrontato più volte.

Il Duca suggerisce di ripristinare tutti gli antichi dreni[42], convinto che così la situazione migliorerà e tornerà come nei tempi passati, dato che una “Abbazia non può essere stata edificata in un posto insalubre”.

Lo stato della “casa” è disastroso. Barrett indignato scrive al Duca che l’ha trovata completamente abbandonata[43] e con Gioacchino Spedalieri si lamenta per il saccheggio dei mobili a suo tempo acquistati da Graefer per 700 Oz[44], che sono stati rubati insieme perfino ai camini di marmo e alle vetrate delle finestre. E’ per questo che al suo arrivo a Bronte si stabilisce in una casa presa in affitto dal Barone Meli.

Comunque Barrett con il suo tergiversare sulla scelta del luogo più idoneo per la sua residenza tradisce in fondo la sua indisponibilità a investire denaro nel completare le costruzioni della Casa; preferisce spendere per ingrandire la parte più direttamente connessa con l’agricoltura come i magazzini.

Il duca naturalmente approva entusiasticamente questa condotta parsimoniosa; in una lettera del 19 marzo 1818, che il povero Barrett, morto a Palermo il 1 marzo 1818 non leggerà mai, esprime tutta la sua soddisfazione per avere appreso che “gli edifici eretti a Maniace con scarso giudizio come Residenza  possono essere trasformati in magazzini” per il mercato delle granaglie[45]. Ma non sa ancora della necessità di riparare i danni prodotti da un terremoto verificatosi il 20 febbraio 1818[46].

Martha Barrett, che è riuscita a sostituire il marito nella conduzione del Ducato, è invece più decisa a rimettere in sesto la residenza di Maniaci, sia perché è spaventata dai pericoli che si corrono per i terremoti anche a Bronte e sia per fare crescere nella considerazione del Duca il suo amante Antonio Pratesi, già servitore del marito, a cui intende affidare la conduzione dei lavori.

Abilmente convince il Duca sulla necessità di fare i lavori per non vivere con il pericolo che si corre a Maniace[47], dove tutte le stanze del piano superiore sono lesionate a tal punto da non potere più sopportare altre scosse sismiche[48]. Ottiene anche di fare soprintendere i lavori, che si pensa possono durare tre anni, da Antonio Pratesi[49].

L’attività di ripristino e costruzione è ancora in corso quando a Bronte arriva Philips Thovez mandato per porre fine agli scandali e alla cattiva gestione del duo Martha Barrett – Antonio Pratesi. Al nuovo amministratore viene illustrato il progetto del completamento del piano superiore e vengono mostrati i materiali necessari già approntati a piè d’opera in un magazzino “a destra entrando” nella corte[50].

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NOTE

[14] L. Riall, “La Rivolta. Bronte 1860”, op. cit.

[15] J. A. De Ciocchis, “Sacrae Regiae Visitationis per Siciliam,Vallis Nemorum”, Vol II, Palermo 1836.

[16] APN, “Lettere ad Orazio Nelson di J. A. Graefer del 22 aprile 1800 e del 16 maggio 1800”, Faldone 581 C, pag 61 e pag 62.

[17] Le prime due file di pilastri all’ingresso risalgono all’epoca di Graefer e quindi al periodo dal suo arrivo a Maniace nell'autunno del 1799 (L. Riall - “La Rivolta. Bronte 1860”, op. cit.) ai primi mesi del 1800, giacché nell’aprile di quell’anno dichiarava che l’appartamento sostenuto da quei pilastri era in avanzato stato di realizzazione (APN, “Lettere ad Orazio Nelson di J. A. Graefer del 22 aprile 1800 e del 16 maggio 1800”, Faldone 581 C, pag 61 e pag 62).
Sul periodo di costruzione della III e IV fila vi sono notizie tratte dalla bibliografia contrastanti con le testimonianze di foto e documenti dell’APN. Il VI Duca, infatti, scrive nel suo Libricino (R. A. H. Nelson Hood – “The Duchy booklet written in 1968 by late Viscount Bridport and amended In 1973 by his son”, opuscolo inedito) che l’estensione del portico verso il centro del cortile è del 1875; lo stesso conferma Nibali (S. Nibali - “Il Castello Nelson”, G. Maimone Editore, Catania, 1988).
La foto di Fig. 17  ed il disegno di Alexander Nelson Hood di fig. 21 (Archivio Parrocchia San Sebastiano, Maniace – “Corrispondenza del V Duca”, Faldoni n. 29 e n. 30), invece, testimoniano concordemente che la III e IV fila di pilastri sono legate alla costruzione di quanto sostengono al di sopra (Corpo A2 e Corpo A3). Così la prima metà (fig. 17) è del 1876-77, quando furono ampliati servizi e cucine del Corpo A2 (APN, “Accounts of the Duchy of Bronte 1876-1877”, Faldone 395, p. 81), mentre la seconda metà risale al 1891-92 quando fu realizzato il nuovo quartiere Corpo A3 con l'appartamento per l'amministratore, le nuove cucine, le dispense, i servizi, e gli alloggi per il personale di servizio.
Le colonne delle prime due file sono costituite da tre blocchi ognuna di pietra lavica mentre quelle della III e IV fila da due blocchi (vedi in fig. 24, tratta da S. Nibali - “Il Castello Nelson”, G. Maimone Editore, Catania, 1988).

[18] L’interesse per la Palazzina Uffici U (fig. 6) sul lato Nord risiede nel fatto che in pianta occupa una parte di un antico portico dell’Abbazia (N. Galati - “Il Castello dei Nelson”, op. cit.), chiamato “Astraco” (A. Nelson Hood – “La Ducea di Bronte”, op. cit.; APN, Appunti del Gen. Alexander Nelson Hood del 1870”, Faldone 616-B, p.78), e il cui primo piano nel 1948 fu convertito da Archivio in nursery per il futuro VI Duca Alessandro e messo in comunicazione con il corridoio del Corpo C. Nel 1862-63, infatti, sul lato nord del Castello era stata demolita una fatiscente costruzione ivi esistente a fianco del Corpo C per ricostruirla e adibirne appunto il piano superiore ad Archivio (APN, “Accounts of the Duchy of Bronte 1862-63”, Faldone 391, p.39).

[19] APN, “Explanation of the Plan of the House of Maniaci”, Manoscritto, Faldone 616 B, pag 27.

[20] N. Galati - “Il Castello dei Nelson”, op. cit.

[21] APN, “Explanation of the Plan of the House of Maniaci”, Manoscritto, Faldone 616 B, pag 27.

[22] N. Galati, “Il Castello dei Nelson”, op. cit.

[23] Ibidem

[24] J. A. De Ciocchis, “Sacrae Regiae Visitationis per Siciliam,Vallis Nemorum”, Vol II, Palermo 1836.

[25] N. Galati, “Il Castello dei Nelson”, op. cit.

[26] L. Riall, “La Rivolta. Bronte 1860”, op. cit.

[27] La Fig. 21 rende possibile leggere gli stacchi fra il Corpo G ed il Corpo A con i maggiori spessori dei muri di estremità (TT) rispetto a quelli delle tramezzature.

[28] Sul portone di accesso allo scalone per gli appartamenti ducali, a sinistra entrando nella corte sotto gli archi, si legge appunto la data del 1800. Ma potrebbe essere anche 1806 con una virgola sull'ultimo zero aggiunta dopo.

[29] Sulla parete a destra, all’ingresso in Chiesa, ancora oggi si vede l'impronta dell’arco 4-5 murato del nartece.

[30] T. J. Pettigrew, “Memoirs of the life of Vice-Admiral Lord Viscount Nelson”, London 1848, vol II, p. 332.

[31] M. Pratt, “Nelson Duchy. A Sicilian Anomaly”, Spellmount, 2006.

[32] APN, ”Introiti ed Esiti dall’ottobre 1799 al luglio 1802”, Faldone 349-A, p. 47.

[33] APN, “Lettera di A. Gibbs al Duca William Nelson del 7 giugno 1806”, Faldone 436, p. 5.

[34] Quando si dice che alcuni mestieri brontesi hanno una antica tradizione famigliare: per i mastri “fabbrica­tore” e falegname” in quegli anni si trovano i nomi di Michele Aidala e Giosuè Lupo. “Ingegnero della Camera Ducale” è sempre un membro della famiglia di architetti palermitani Visconti.

[35] APN - “Raziocinio di Cassa dello Stato di Bronte “ Dicembre 1812, Faldone 326 (2) , p. 352.

[36] APN, “Raziocinio di Cassa dello Stato di Bronte”, Faldone 332 (2), p. 140.

[37] APN, “Lettera del Marchese Forcella al Duca William Nelson del 28 febbraio 1815”, Faldone 436, p. 21.

[38] APN, “Lettera di Bronte Nelson del 14 settembre 1816 a B. Barrett”, Faldone 349-A, p. 227.

[39] APN, “Explanation of the Plan of the House of Maniaci”, Manoscritto, Faldone 616 B, pag 27.

[40] APN, “Lettera di Nelson Bronte a B. Barrett del 17 dicembre 1817”, Faldone 581-C, p. 3.

[41] "Explanation Plan"- Il Documento riporta molte altre notizie oltre quella sulla “Stanza del Campiere” e fa anche vedere come il Castello in quel periodo si sviluppava, come oggi, attorno ai due cortili. Entrambi hanno una quota di calpestio superiore a quella dell’atrio di’ingresso in Chiesa perché vi erano stati distribuiti i mate­riali di risulta delle rovine dell’Abbazia. Tale situazione faceva si che tutte le acque meteoriche si accumu­las­sero, non esistendo canali di scolo, all’ingresso della Chiesa e poi dentro questa, soprattutto nei mesi invernali. In questi periodi il sacerdote andava all’altare passando su dei sassi per non mettere i piedi in acqua. Si trova conferma che tutte le elevazioni si sviluppavano su vecchi magazzini, dove nel presente vi sono gli alloggi del personale e l’accesso al Giardino, già parte delle realizzazioni di Graefer.
Sul lato Nord vi era un vecchio magazzino senza tetto (che ricorda l’Astraco, ndr) L’accesso alla “Casa” avveniva come oggi dal portone sotto il portico. Al piano alto esistevano sette stanze “del Vecchio Duca”, che sono quelle sull’ingresso principale (Corpo A e Corpo G, ndr), delle quali due in pessime condizioni. Non vi erano vetri alle finestre ed erano stati asportati i rivestimenti dei camini.
Viene descritta una Terrazza che sembra essere il Lodge A1 in corrispondenza dell’attuale Sala da Pranzo. Esisteva già il grande corridoio verso Nord ma mancavano le finiture dei passaggi dal Corpo A+A1 al salotto attuale e al Salone dove sbarca la scala di accesso. Lungo il corridoio si aprivano cinque camere ma non erano finite; alcune ancora senza tetto e pavimento.
Il “Plan”, cui fa riferimento il Documento aveva colorate in nero le strutture antiche ed in rosso quelle costruite o alterate da Graefer, e da quanto si può dedurre c’è una straordinaria coincidenza con il “rivelo” di W. Thovez del 1870 (APN, “Lettera del 10 dicembre 1870 al Cav. Giuseppe Liuzzo”, Faldone 586, p. 17) ed anche con la ricostruzione dell’Antico Monastero elaborata da Mons. Galati (N. Galati - “Il Castello dei Nelson”, op. cit.).

[42] APN, “Lettera del Duca Nelson a Barrett del 14 giugno 1817”, Faldone 436, p. 35.

[43] APN, “Lettera di Bryant Barrett a Earl Nelson del 24 febbraio 1817”, Faldone 436, p. 29.

[44] APN, “Lettera di B. Barrett a G. Spedalieri del 3 marzo 1817”, Faldone 583-B, p. 6.

[45] APN, “Lettera del Duca William Nelson a Bryant Barrett del 19 marzo 1818”, Faldone 581-C, p. 106.

[46] APN, “Lettera di Martha Barrett a Earl Nelson del 7 marzo 1818”, Faldone 581-C, p. 90.

[47] APN, “Lettera di Mr. Hutchison a Marta Barrett del 25 settembre 1818”, Faldone 581-C, p. 124.

[48] APN, “Lettera di Martha Barrett a Earl Nelson del 7 maggio 1818”, Faldone 581-C, p. 172.

[49] APN, “ Lettera di Mr. Hutchison a Martha Barrett del 10 novembre 1818”, Faldone 581-C, p. 126.

[50] APN, “Rapporto di A. Pratesi sulla visita a Maniace in compagnia di P. Thovez del 30 giugno, 1819”, Faldone 581-A, p. 100.

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