L'OPINIONE DI ...

RIFLESSIONI al FEMMINILE

a cura di Laura Castiglione

OGNI TANTO UNO SGUARDO AL FEMMINILE AL MONDO CHE CI CIRCONDA

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Rinascere?

Voglio una vita… da cani

Non si è mai contenti di quello che si ha o si è. Alcuni uomini, dicono che se potessero rinascere, vorrebbero essere donne e, alcune donne, essere uomini; i bambini anelano essere adulti e, gli adulti, tornare bambini. C’è anche chi non vorrebbe rinascere uomo né tornare bambina ma le piacerebbe tanto essere un cane. Ma perché?

Per fare una vita da cane!

Il cane da compagnia non se la passa così male, sta sdraiato sul tappeto tutto il giorno ad occhi chiusi, ogni tanto li apre, per fare sapere che non è morto a chi passando lo accarezza.

Quando è stanco del tappeto si stravacca sul divano, guarda la tv e non ha preferenze: si accontenta e gode. Non ha orari per andare a dormire e non punta la sveglia per alzarsi. E’ disoccupato ma non invidia l’uomo che corre per andare a lavorare. Se è femmina non fa le pulizie di casa, non lava, non stira, non fa la spesa, non cucina.

Il mangiare lo trova sempre pronto, a temperatura ambiente e ne mangia in quantità perché non ha problemi di linea. Digerisce bene, fa i suoi bisogni davanti a tutti, senza inibizioni: in giardino e per strada, ma se gli girano, finge di essere incontinente e li fa pure dentro casa. Ogni tanto abbaia, per avvertire di aprire la porta a chi, bussando, lo disturba. Se fa stronzate è perfino giustificato: sempre un cane è!

Dicono che il vero amico dell’uomo è il cane; al contrario, è l’uomo amico del cane maschio e, conoscendone i gusti, gli porta perfino la femmina a casa. E qualora non gli dovesse piacere, non fa problemi, ma è l’unica volta che pensa: ogni lassata è pidduta, non me la devo sposare e sopportare la tutta la vita!

E l’uomo, è anche amico del cane femmina per gli stessi motivi di cui sopra, anzi, regala i suoi cuccioli appena nati e le toglie il problema di mantenerli finché si sposano. E non sarà mai suocera!

Il cane, dunque, non ha problemi, ma, se qualcuno, per puro caso, un giorno, senza un apparente motivo gli rompe… in latino i coleones, per mettergli in testa un pensiero: cci runa un pizzicuni e si leva u pinzeri!

Se questa è vita da cani, quella dell’uomo cos’è?

Se qualche lettore avesse qualcosa da ridire, faccia attenzione! Se lo incontro, cu rispettu parrandu, u pizzìcu! E, ssì campa, commu finisci a cunta!

Inizia Settembre 2018

Odio e dintorni

Casi clinici ed aforismi

L’odio è disprezzo, ostilità, voglia di nuocere a qualcuno e non si può considerare un sentimento, perché non riguarda il mondo delle emozioni di gioia, di orgoglio, di pietà e di amore. Può accadere di provare disprezzo per qualcuno ma se alla ragionevolezza si fa strada, si domina e, nel tempo, più o meno lungo si mitiga, si supera e si dimentica.

Dipende soprattutto dal carattere e dalla maturità di ciascuno ma, ad alcuni, viene difficile se non impossibile, e dimostrano che nell’odio ci stanno bene, si sentono vivi perché capaci di forti “sentimenti”. Pare che passino il loro tempo a progettare come possono vendicarsi e dimenticano che la vendetta non paga ma li appaga. Il loro destinatario non è sempre la stessa persona che, al limite, se hanno ricevuto un’offesa imperdonabile si potrebbero anche capire, invece cambiano spesso bersaglio, ora è l’avversario politico, ora l’amico, il vicino di casa, il fratello e la sorella, la mamma o il padre, il marito o la moglie.

Se non trovano il “coraggio” di eliminare fisicamente l’oggetto del loro odio, uccidono la sua reputazione. Sono dei killer professionisti con lo spargimento di sangue dell’onore, e colpiscono con l’inganno, la calunnia, la diffamazione.

Un’altra arma che prediligono sono le maledizioni, sotto forma di aforismi: sa rùmpiri ‘u collu, chi i gambi i fanu ‘i lignu.

Fanno le cose per bene, non auspicano il male minore di rompersi le gambe che si riparano con le protesi o che abbiano un colpo di frusta: si devono rompere il collo.

Il loro profilo risponde anche a ferventi cristiani, fanno voti, esortano quel loro Dio personale a non distrarsi e che chiami il loro nemico a Se: u Signuri ci ha pinsari! Sono anche vigliacchi che delegano un Altro a fare il lavoro sporco.

Come difendersi se non con aforismi: i gastìmmi su’ comm'i fogghj, cu ‘ì manda s’i ricògghj! Le maledizioni ricadono su chi le manda. C’è anche: o cavallu gastimatu cci lluci ’u piru! Che le maledizioni provochino l’effetto contrario e ci si augura una luccicante salute.

Concludo di augurare a chi ci odia il male minore e, costatato che parla troppo e gli si secca la lingua: pipìta gallinàra! E’ la tipica malattia della lingua dei polli.

Giugno 2018

'I spini ra fògghia 'i lattùca

Sensibile o permaloso?

Capita, ogni tanto, d’imbattersi in alcune persone che hanno intolleranza ad un giudizio critico nei loro confronti. A volte è quasi impossibile sostenere una conversazione pacata per dimostrare loro che si sbagliano, specialmente, se sostengono tesi discutibili a volte inaccettabili e che poggiano solo sulla loro fervida fantasia.

L’intenzione di chi le ascolta non è di volerli offendere o contrastare a prescindere, ma solo per avere un dialogo e un costruttivo confronto.

Ad un occhio poco attento, questo atteggiamento potrebbe fare intendere un carattere forte, determinazione nelle proprie posizioni, anche se le presentano come principi fondamentali. A volte, usano l’aggressività e per farsi ragione, alzano la voce, sopraffanno ritenendo di essere nel giusto.

Nel caso in cui dovessero avere la peggio, non se ne assumono mai la responsabilità e accusano l’interlocutore che non sa riconoscere la loro sensibilità. E’ il caso di dire: càspita! si spina cu‘à fògghia ‘i lattùca” e “sa tuccari ca pezza o si scuzzùra”!

Al contrario c’è chi cerca il sostegno di amici o di estranei, accetta le critiche che gli vengono fatte per capire e conoscere quanto e se le proprie idee siano giuste o da cambiare, se non tutte, almeno alcune.

Sente il bisogno di confrontarsi e, quasi col timore di non essere compreso della validità delle proprie idee, cerca di esporle con chiarezza all’interlocutore, dandogli la possibilità di confutare, contraddire o condividere e, alla fine, riceve quasi sempre un insostituibile arricchimento.

La prima posizione mostra sicurezza e, l’altra, debolezza? Ma siamo sicuri che le cose vadano solo in un senso o nell’altro e che non esista una via giusta di confronto?

Il detto popolare “si spina cu‘à fògghia ‘i lattuca” non si rivolge alle persone che si ritengono sensibili ma a quelle permalose, di limitata e non elastica intelligenza.

La sensibilità è soprattutto ben altro!

Consiste nel rispetto di sapere ascoltare e accettare le critiche, per imparare a soppesare le diverse esperienze, arginare i propri limiti con quell’umiltà che faccia scudo a spinose critiche che potranno essere ben più pericolose delle spine dell’innocua lattuga.

Maggio 2018

Una nuova specializzazione

L’avvocato persista

La responsabilità di un avvocato, quando commette errori, è quasi sovrapponibile a quella di un medico. Uno potrebbe dare la morte civile e uno la morte fisica: delle due non si sa quale sia la migliore da auspicare.

In entrambe le disgrazie i due professionisti condividono insulti e maledizioni.

Il nostro interesse si rivolge all’avvocato e alle sue diverse specializzazioni di penalista, civilista, amministrativista, tributarista e molte altre. Ma, pensiamo ne manchi una che meriterebbe più attenzione perché, a tutt’oggi, è sprovvista di adeguate competenze e dignità.

La giurisprudenza dovrebbe colmare questo vuoto, incoraggiare un giovane laureato, già selezionato da test specifici che ne determinino l’attitudine, a frequentare corsi tenuti da psicologi che mirino alla conoscenza profonda dei sentimenti e delle loro reazioni.

Certo, programmare una branca inedita non è compito facile, come anche darle un nome ma, a questo, possiamo dare un contributo e, tanto per intenderci, è il concetto che conta e azzardiamo: “avvocato persista”, esplicitato avvocatu ri causi persi.

- Un momento, a chi perde le cause gli si vuole dare anche un titolo? -

Gli spetterebbe di diritto e facciamo un esempio. Un signore consulta i migliori avvocati per farsi difendere in una controversia con un certo signor Tizio. Malgrado le circostanze siano a lui favorevoli, sfortunatamente, per alcuni cavilli legali perderebbe la causa e gli è sconsigliato da tutti i principi del foro d’intraprenderla.

Non gli resta altro che consultare l’avvocato persista. Durante un numero imprecisato di sedute, disteso sul lettino, espone con dovizia i misfatti del suo avversario. L’avvocato “psicologo” annota ogni postilla, traccia il profilo delle capacità reattive del signor Tizio e impianta la difesa: “sfasciare” e colpire nei punti più deboli.

Se il Tizio è attaccato al denaro, sarà costretto a cederlo ai suoi avvocati e se lo stress lo sfianca, avrà il fianco dolente.

 - Ma, così facendo, la causa durerà anni e il tarlo dell’esasperazione roderà entrambi i contendenti! Che difesa e mai questa? -

E’ il paradosso che si dimostra efficace! Il signor Tizio si dispera e l’altro se la gode.

L’avvocato persista, s’ha da fare!

Aprile 2018

La sfera di cristallo

Sono trascorsi diversi secoli dalla prima rivoluzione industriale che ha cambiato la vita dell’uomo e ha interessato tutti i campi: manufatti, produzione, trasporti, arte, editoria, ingegneria e molto altro. Ma la rivoluzione più incisiva è stata fatta dalla scienza medica e dalla diagnostica, senza le quali, l’uomo non sarebbe sopravvissuto oltre i quarant’anni.

Nessun individuo, sia che avesse un’istruzione sia che ne fosse privo, avrebbe potuto mai immaginare che: dei raggi avrebbero messo in luce deformazioni e malattie; i vaccini avrebbero salvato tanti bambini da morte sicura o deformità che impedivano loro di giocare; un microscopio avrebbe ingrandito una goccia di sangue evidenziando un mondo di corpuscoli nel cui interno il DNA che avrebbe svelato chi fossero i suoi avi e chi fosse lui; l’ecografia e la risonanza sarebbero andati oltre il suono e le immagini.

E anche noi, oggi, non riusciamo ad immaginare cosa i ricercatori stiano escogitando, è top secret per non farci preoccupare o forse non trovano spazio per nuove rivoluzionarie scoperte?

Un indizio ce l’hanno offerto in questi giorni riprendendo il vecchio progetto sulla clonazione. Ma passerà ancora molto tempo prima che si applichi all’uomo.

E meno male! Io non ci sarò! Ve la figurate che clonano un’altra Laura? Tirrruri!

In attesa, non ci resta che immaginare una diagnostica speciale, sofisticatissima dei comportamenti dell’uomo, prendendo spunto da una frase che ci sarà capitato di pronunciare nei confronti di chi ci ha fatti soffrire: era meglio che non nasceva!

Siamo in sala parto e guardiamo cosa succede. La levatrice, estrae il nascituro e prima di consegnarlo alla madre, lo pone dentro una sfera di cristallo, la consulta e poi si pronuncia: “questo bambino sarà una brava persona: prendi, madre, tuo figlio”.

Se il bambino, invece, avesse le caratteristiche simili a quelle di Adolf Hitler, la sfera scoppierebbe e così milioni di brave persone sarebbero salve, vivrebbero felici e in pace!

Purtroppo, non inizierà mai questa ricerca, l’uomo non è interessato a finanziarla perché perderebbe mordente: A pò n'avi cu ccu sciarriàrisi!

8 Marzo 2018

Dichiarazione di guerra

Ma se le donne perdono "a ccu ccià cùntanu"?

La donna ha vinto, negli ultimi settant’anni molte giuste battaglie sulla parità dei diritti: al voto, al lavoro, al divorzio, all’aborto.

Oggi, alcuni gruppi di donne insoddisfatte degli obiettivi raggiunti, vogliono intraprendere una guerra contro l’uomo, soprattutto, se ha potere. Sostengono, tra l’altro, che l’uomo non si debba permettere neppure uno sguardo ammiccante; se lo fa, merita di venire bacchettato e se insiste, denunciato. In teoria si potrebbe condividere di punire l’uomo, il problema nascerebbe se invece reagisse, sferrando una vigorosa controffensiva: perderebbero la guerra e si ritroverebbero prigioniere e incatenate alla cintura di castità.

Da un’indagine personale svolta, è emerso che ci sono signore che disapprovano tali intenzioni belliche e non intendono arruolarsi, sia perché sono soddisfatte di ciò che hanno ottenuto le loro mamme femministe, anche se si deve migliorare, sia perché non vogliono fare il vuoto intorno a sé, convinte, della necessità di distinguere e di non fare di tutta l’erba... uno stupro.

Se un uomo fa delle avances, una carezza, un complimento, che ben vengano, gratificano e non è detto che abbia doppi fini o voglia imporre il suo potere. Se va oltre, è consigliabile non denunciare il “mal-facente”, la donna rischierebbe di non essere creduta.

In alternativa, potrebbe, improvvisare un gioco erotico: gli fa poggiare il capo tra l’incudine e il martello e gli fa una bella sorpresa!

Malgrado i suoi difetti l’uomo fa compagnia, stimola ad essere migliorato anche se ha i suoi tempi; si possono scaricare su di lui le tensioni, lo si può insultare per colpire sua madre, gli si affidano compiti noiosi ma se la guerra si dovesse perdere? Le donne, a ccu ccià cùntanu? Specialmente se si dà fede a voci che circolano su aziende produttrici di bambole gonfiabili che si stanno organizzando!

Certamente, una bambola non è paragonabile alla donna, anche se i suoi argomenti di conversazione sono altri. Ma l’uomo, una volta provata la bambola, se questa scoppia, siamo sicuri che non la sostituirà per un ritorno di fiamma alle giovani, mature e vecchie compagne?

Pensaci, Giacomina!

Febbraio 2018 (è quasi carnevale)

L’epifania che le feste porta via

E anche... figli e nipoti

Le vacanze di Natale per alcuni sono finite. I figli e i nipoti emigrati sparsi per l’Italia e all’estero sono partiti, anche di testa, dopo aver messo a soqquadro la loro famiglia.

Vivono la vacanza alla giornata, si alzano tardi e trovano servito il cappuccino con brioche.

- Oggi siete con noi? - Chiede la mamma per organizzare pranzo e cena.

La risposta non ce l’ha neppure se li mette sotto tortura. Sono indecisi se andare a trovare i vec­chi amici o i parenti, fare un giro in città o nei dintorni.

In tarda mattina i figli escono, lasciano i nipoti ai nonni, ma non hanno ancora deciso nulla. I genitori guardano i postumi che lascia lo tsunami figli-nipoti: bicchieri di carta e di vetro, almeno due per ciascuno, coca cola e acqua frizzante lasciate senza il tappo, tazze, biberon, biscotti, giocattoli, scarpe, letti da rifare, biancheria da lavare, stendere e stirare.

Nell’incertezza decidono di andare a fare la spesa, soprattutto pesce, e per chi non lo ama non hanno che pesce pigliare. Gli arzilli genitori danno manforte a tutte le loro energie per non fare preoccupare i figli e non rovinare loro le ferie, fino alle venti e trenta, quando li vedono spuntare accompagnati da amici, invitati per una spaghettata. Il panico assale i padroni di casa: il pesce comprato non basta, scappano al supermercato prima che chiuda, acquistano il pesce rimasto dal mattino, mimetizzano la confezione e con serafica sincerità dichiarano d’averlo acquistato vivo, appena pescato.

A motti ro pisci è alla brace! E meno male che era vivo!

Finalmente è tutto a tavola, dove manca sempre qualcosa. E’ il va e vieni dai fornelli alla zona pranzo, dal frigo al forno e anche il prosecco ha le sue esigenze, non sia mai nei bicchieri di carta: chiede quelli di vetro a calice.

A cena finita i due “filippini” riordinano, si sentono esclusi dal chiacchierio dei giovani, si scusano, si ritirano e si chiudono nella loro camera; distrutti si buttano vestiti a pesce morto sul letto tenendosi stretti solidali per mano.

Uno lo pensa e l’altra lo dice:

- Mah! Secondo te, qual è il momento più bello, quando i figli arrivano o quando se ne vanno?

3 Gennaio 2018

IL Posteggiatore

‘A màchina e il bodyguard

Alla fine dell’800 Karl Benz progetta la prima automobile. Sarà per l’uomo una compagna di vita, le dedicherà amore e per proteggerla l’affiderà al bodyguard, il posteggiatore.

Abbigliamento casual, borsello a tracolla, fumatore accanito, prende servizio regolarmente e, scattata l’ora, smonta e va a fare gli straordinari in un altro posteggio di “sua proprietà”. Chiama tutti, dottò, chiede l’ora di ritorno e se va oltre i suoi orari di “lavoro” si fa pagare in anticipo lasciando incustodita la macchina, a rischio e pericolo del suo proprietario. Tiene lontano i ladri per un euro, o per due, se gli si lasciano le chiavi avendo cura di togliere dal mazzo quelle di casa.

E’ un’estorsione pari a quella dell’assicurazione che ripaga l’intera somma del valore della macchina se viene rubata entro i sei mesi dall’acquisto ma, al settimo mese, pur avendo fatto pochi chilometri, al pari di una cinquantenne, perde seduzione.

Ma nel caso in cui la macchina abbia compiuto i suoi anni e si decida di non assicurarla per il furto, il posteggiatore che funzione ha?

Quella di dare buoni consigli! E’ un intenditore, sa tutto sulle auto, gliene passano tante fra le mani! Prima disprezza e deprezza l’anziana macchina e poi si offre di comprarla pagando solo il passaggio di proprietà. Ha ragione da vendere, anzi da comprare! Il beneficiato però continuerà a spostarsi col suo scassato motorino.

Si acquista così un’auto nuova con una finanziaria che assicura per quattro anni, se dovesse essere rubata, di sostituirla con un’altra nuova. Non serve più il posteggiatore e si potrebbe lasciare anche sotto la casa di un ladro. Ma gira e rigira non c’è un buco dove infilarla nemmeno a tassametro e i soli posti liberi sono quelli dei diversamente abili, con le strisce gialle che chiedono compagnia, adescano i passanti per offrire un’ora di piacere.

Non so voi, ma io provo una certa invidia per tutti quei posti liberi e per averne uno mi dovrò decidere a farmi venire “qualcosa”!

- Veramente “qualcosina” ce l’hai già che non ti funziona! -

- Chi ha parlato? -

- Dottoressa venga, sono il suo bodyguard, sempre al suo servizio!

Dicembre 2017

Elogio dell'Arma

Un carabiniere sul tetto

Le barzellette nascono da situazioni occasionali e chiunque può esserne oggetto, a qualsiasi classe appartenga, anche istituzionale, come i carabinieri che sono spesso oggetto di un retaggio culturale duro a morire.
Io provo una particolare simpatia per i carabinieri, ho vissuto la mia infanzia accanto a loro. La mia casa di Piazza Spedalieri dava su un vicolo condiviso con la caserma.

Ero una bambina che non vedeva il pericolo ed era attratta dal fascino dei tetti. Un giorno, rimasta chiusa inavvertitamente fuori sul balcone, scavalcai la ringhiera, saltai sul tetto e, per entrare in casa, raggiunsi una finestra che con mio disappunto trovai chiusa.

Non mi arresi e mentre mi accingevo a ritornare sul balcone mi sentii afferrare e prendere in braccio da un carabiniere che, saltando sul mio tetto da una finestra della caserma, dalla quale mi aveva osservata senza fiatare, mi portò in salvo credendo che da sola non ce l’avrei fatta! Mia madre gli fu grata offrendo a lui un caffè e a me sculaccioni.

Sarà forse per gratitudine che quando incontro i carabinieri al bar offro loro un caffè? Ma anche per esprimere la mia solidarietà verso l’Arma. Il ricordo dei carabinieri quando attraversavano le vie principali di Bronte è per me indelebile. Nelle loro divise blu bordate di rosso, il cappello col pennacchio rosso e blu, gli stivali alti fino al ginocchio, montavano cavalli imponenti, strigliati, lucidi, con la folta coda e la lunga chioma su grandi occhi sbarrati.

Lo scalpitio degli zoccoli faceva eco nel silenzio di chi li guardava. Erano belli e sembravano bellissimi, specialmente alle ragazze da marito che ne sposarono alcuni. Non c’erano differenze fra carabinieri del nord e quelli del sud, a parte il colore dei capelli e degli occhi, tutti rappresentavano la nobiltà dell'Istituzione, il valore militare, la fedeltà, l’audacia, il coraggio e il sacrificio.

Mio padre mi ha insegnato che mi difendevano dai cattivi e quando mi leggeva il Don Chisciotte, cavaliere senza macchia e senza paura, il paragone con i carabinieri non mancava.

Oggi, invece, pare che il loro fascino consista solo nelle barzellette che si raccontano. Ma io persisto incurante!

Cari amici, non siate imbarazzati se è una donna ad offrirvi un caffè: vi voglio bene!

Novembre 2017

Femminicidi

Una sentenza verso la ragionevolezza

La Cassazione con la sentenza n.11504 ha messo sotto i riflettori uno fra i tanti motivi scatenanti gli omicidi di donne. In una causa di separazione il principio di mantenere lo stesso tenore di vita non verrà concesso alla donna se l’ex non ha le risorse economiche. Come era prevedibile si è messa in moto la macchina mediatica con dentro psicologi, psichiatri, avvocati, femministe, opinioniste e conduttrici obbedienti all’audience.

Ognuno di loro delinea, secondo le proprie competenze o esperienze, il profilo dell’omicida: è un debole, non accetta di essere lasciato; è un malato di sadismo che preferisce sapere morta la donna che crede di amare; non ha personalità, emula quell’assassino che giorni prima lo ha preceduto dal nord e dal sud, con differente cultura, grado d’istruzione, storia personale e infierisce sulla sua donna, come se le contasse, con quaranta coltellate non una in più né una in meno o addirittura le dà fuoco.

Poi si costituisce indifferente e confessa: l’ho uccisa; il suo avvocato inizia la linea difensiva: è un uomo distrutto dal dolore. Gli amici e i parenti intervistati parlano in sostituzione della sventurata che si è avvalsa della facoltà di non rispondere.

A fine dibattito, raggiunta l’unanimità, la conduttrice imitando Vanna Macchi alza l’indice e intima: donne! Non andate all’ultimo incontro con l’ex! D’accordo?

Donne, avete sentito? Seguite il consiglio degli esperti e avrete salva la vita!

Ma queste “teste” pensanti, credono veramente di stare dalla parte della donna dando banali raccomandazioni alle quali queste poverette ci arrivano da sole e senza aiutino?

Io, da semplice osservatrice, ho apprezzato che la Cassazione abbia iniziato un percorso di prudenza diverso dal non andare all’appuntamento.

Ma, anche se non è risolutiva, la sentenza vuol mettere in guardia alcune donne, e solo quelle che mal consigliate, a volte anche istigate, dalle loro avvocate, a non fare irresponsabili richieste, soprattutto a quei compagni violenti che non le possono onorare.

E ci auguriamo che sia almeno un referente per avere qualche corpo di donna in meno su cui piangere.

Ottobre 2017


Bisogna saper scegliere

Ad una ragazzina lasciata dalla sua mamma all’ingresso della palestra cade un foglietto. Un’altra mamma lo raccoglie, la chiama per darglielo ma con un gesto d’insofferenza la ragazzina le dice di buttarlo. Incuriosita, lo legge e poi… riflette.

Ciao cucciola ti ho messo in borsa doppia maglietta e doppi pantaloni… scegli tu e come vedi sono stata brava e mi sono ricordata  il telefonino, sii responsa­bile!
Ricorda di mettere la felpa

A mia figlia di 13 anni non porto il doppio cambio perché scelga; non le chiedo di gratificarmi perché sono stata brava ad onorare le sue richieste; non seguo il conformismo che c’è oggi.

Sarò una mamma snaturata o non mi sono liberata dall’educazione ricevuta? Ricordo che la mia mamma mi insegnava: continua a piangere per niente e ci penso io a farti piangere per qualcosa; esci sempre con le mutandine pulite, casomai ti succedesse un guaio; se una ragazza si alza la gonna è perduta; aspetta che tuo padre si calmi prima di parlare; ‘nzignati a tutti i botti, preparati ad ogni evenienza, la vita è dura.

Questi non erano consigli e non ne avevano il tono. Oggi, sono le mamme a ricevere le direttive dalla figlia fin da piccola e l’assecondano in tutto.

Iniziano dalla scelta fra due paia di pantaloni, così da grande sarà in grado di scegliere fra un uomo che indossa un jeans senza nome e uno firmato Jacob Cohen.

E non importa se dentro quei pantaloni ci sarà una testa pensante che saprà capirla e amarla in un’unione condivisa, purché la lasci libera di continuare a fare ciò che vuole!

Al contrario, un maschietto, non viene educato a scegliere per essere libero.
C’è chi sceglie per lui, chi decide e cosa fare di lui. E il ragazzino già manifesta che non sa scegliere, non solo fra un jeans e l’altro né fra una compagnetta e l’altra.

Le ragazzine, per lui, sono tutte uguali: stesso trucco, stessi capelli lunghi, stesso jeans, stesso linguaggio, stessa aria matura sufficiente. E’ sperduto, chiede aiuto al compagno di banco:
- che dici, le tocco il culo o le chiedo di giocare a pallone? -

- booohh! Chiediamolo alla mamma!

Mamma, insegna al tuo bambino a scegliere. Sbagliare, sarà dura per lui!

Settembre 2017

PENSIERANDO

Laura Castiglione su La Sicilia

La nostra Laura Castiglione approda nel quo­tidiano La Sicilia, dove, dal 25 Giugno 2017, nell'edi­zione di Ca­ta­nia, ogni dome­ni­ca cura una sua rubri­ca: "Pensie­ran­do".

Vi ripropone alcuni dei suoi pezzi più bril­lan­ti di queste nostre pa­gine. La potete leg­ge­re setti­manal­mente nel­la pa­gi­na "Pau­sa Caf­fè".

A Laura che ci ha deliziato per quasi dieci an­ni con i suoi "pensieri", vanno i nostri più vivi compli­menti ed auguri.
Giugno 2017
 


Ai miei lettori

Non è certo per ingratitudine che non vi ho rin­graziato, cari amici di Bronteinsieme.

I vostri complimenti mi hanno commossa e stento a riprendermi.

Al mio nuovo impegno non seguirà un com­mia­to, non lascerò Bron­tein­sieme, è il mio angolo prefe­rito dove posso scrivere ciò che penso, certa d’essere capita perché ormai da molti anni abbiamo imparato a conoscerci.

Non è per caso che s’incomincia a scrivere e le maniere sono diverse come lo sono le im­pron­te digitali di ciascuno di noi.

Molti sono spinti a farlo almeno una volta nel­la loro vita, alcuni ne conservano le trac­ce e quan­do le rileggono diventano emo­zioni, op­pu­re, delusioni che richiedono di essere as­sol­te con la lucidità del distac­co.

Ognuno si rivede in quello che aveva scritto o si disconosce!

Infine ci sono io che osservo i comporta­men­ti di uomini e donne per capire, alla luce della mia esperienza, se sanno amare o indif­fe­ren­ti odiano.

Scrivendo l’ho voluto condivi­dere con chi vuo­le ascoltare e, voi tutti, siete stati ad ascol­ta­re, le numerose aper­ture di questa mia pagina lo dimostrano.

Grazie grazie grazie!
A presto!

Agosto 2017


Il condizionale libero

E’ facile coniugare il condizionale presente del verbo essere: io sarei, tu saresti, egli sarebbe… ma potrebbe capitare di essere usato erroneamente, anche da chi ha fatto gli studi classici, se perde di vista le concordanze, i tempi e i modi.

Ma ci sono cose ben più importanti nella vita che farsi un cruccio per un condizionale anche se la sintassi, come qualche volta la legge, non è uguale per tutti!

Per esempio, se un comune mortale ne sbaglia l’uso corretto non è giudicato allo stesso modo di alcuni giornalisti, conduttori e politici che commettendo lo stesso errore o “reato” non vengono condannati ma assolti con l’attenuante dello stress della diretta e meno che mai all’ignoranza.

E comunque, noi che non siamo in diretta dobbiamo usarlo sempre per indicare un evento che ha luogo solo se esiste una determinata condizione:  - io sarei libera se non ti avessi sposato! -

E meno che mai per mettere in dubbio qualcosa o la reputazione di qualcuno e ne sto scrivendo, non per dare lezioni ai miei affezionati lettori che non ne hanno bisogno e meno che mai riceverle dalla sottoscritta, ma l’effetto di un episodio alquanto singolare che mi è capitato fra le orecchie.

Un distinto, elegante, un po’ borioso signore, nel fare le presentazioni dei suoi familiari, con orgogliosa enfasi così ha esordito:

 - vi presento mia moglie e… questo… sarebbe mio figlio.

Dall’uso personale del condizionale sono stata colta di sorpresa e ne ho dedotto che il signore in oggetto quando parla non ascolta ciò che dice e con in bocca il “sarebbe”, un semplice, inoffensivo, mite condizionale e in contemporaneo, come un omicidio d’impeto, ne ha fatto fuori tre: il se stesso cornuto, la moglie puttana e il figlio di puttana.

Qui ci sta a fagiolo l’aforisma: ’a lingua n’avi ossa e rumpi l’ossa.

Sbagliare il condizionale ferisce come un’arma. Ma la lingua cosa c’entra? Quel poveretto, l’ha detto in buona fede! Gli è sfuggito un lapsus! Era in diretta… lo vogliamo condannare? Assolviamolo!

Porca miseria però, che danno può combinare un condizionale quando si lascia andare libero!

Maggio 2017

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